“DB Cult Film Institute”, il tesoro del cinema custodito a Palermo

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La realtà di un’associazione nata dieci anni fa dalla passione per la “settima arte”. Tra le “perle” custodite, i film del regista palermitano Pino Mercanti

di Anna Studiale

 

Per me il cinema è l’estensione dell’immaginazione”. È questa la frase con la quale Antonio La Torre, co-fondatore del gruppo, sintetizza quella che per lui non è solo una passione ma un elemento importante che ha caratterizzato la sua esistenza sin dalla sua infanzia. Un universo che gli è stato trasmesso dai suoi genitori, amanti e veri cultori del cinema, un mondo speciale fatto di immagini, emozioni, ricordi che oggi si sintetizzano nella ”DB Cult Film Institute”, un’associazione che è nata nell’aprile del 2009 a Palermo, della quale Antonio è il presidente, una realtà molto importante per la cultura cinematografica siciliana.

Nei fatti “DB Cult” sta per “Data Base di Culto” e mette insieme appassionati di cinema e addetti ai lavori accomunati da una idea che assomiglia quasi ad una missione, quella di preservare i materiali cinematografici provenienti dal passato che spesso vanno incontro al deterioramento, proteggendoli dall’usura che il tempo gli riserva nella consapevolezza che la celluloide è una materia troppo fragile per affidarle la custodia eterna di film anche di un certo pregio evitandone la completa sparizione per sempre. Ma la cosa ancora più singolare della “DB Cult” è anche quella di custodire non solo le pellicole ma anche tutti i materiali relativi ad ogni produzione: affissi, locandine, fotobuste, brochure, riviste, vinili, tutto materiale che ufficialmente veniva prodotto a corredo di un film e che ne accompagnava l’uscita al cinema. Nel corso degli anni, sono state numerose le donazioni di materiali ricevute da altre associazioni cinematografiche o da singoli collezionisti. Oggi la cineteca possiede più di 60.000 titoli, oltre ai materiali correlati, occupati in diversi supporti, un tesoro immenso di titoli molti tra i quali pescati negli angoli più remoti degli archivi italiani ed esteri.

Sono legato ad una idea romantica del cinema, pre anni Ottanta che considero più autentico, meno digitale, meno informatico e commerciale e più legato alle emozioni che questa arte ha rivestito fino a qualche decennio fa a livello sociale, come luogo di aggregazione ed evoluzione culturale”, afferma Antonio facendo riferimento a quella che è stata la stagione più ricca di sperimentazione ed anche di elaborazione di nuove forme di linguaggi e che è partita sin dalle sue origini con i fratelli Lumière fino alla fine degli anni Settanta. Non solo una semplice ricerca, pertanto, di vecchie pellicole e titoli sconosciuti ai più ma un vero amore per la raccolta e riscoperta di registi e opere chiuse nel dimenticatoio, spesso piccole produzioni a basso costo molte delle quali portano la firma di registi di grande prestigio e che Antonio, ancora prima della nascita ufficiale della “DB Cult”, ha cercato e ricercato un po’ ovunque potesse rintracciarle, preoccupandosi di catalogare e gelosamente conservare tutto il materiale trovato, oltre che cercare di condividerlo con incontri e proiezioni con altri appassionati. Un lavoro certosino che ebbe inizio già una ventina di anni fa: «A 17 anni mi trasferii a Milano e lì trovai un ambiente molto stimolante e si formò ben presto un collettivo tramite il quale si organizzavano gli eventi. Quello che in questa fase ho portato avanti non è stato solo un accumulo di materiale ma un’attenta analisi del fenomeno cinematografico e le sue trasformazioni nel corso dei decenni. Le produzioni cinematografiche in passato sono state talmente tante che molte sono state perse (proprio perché non esisteva la cultura della conservazione) ma molte altre sono da preservare e scoprire e in buona parte sono custodite in archivi come quello della “DB Cult” o nelle cineteche», continua Antonio aggiungendo, “il mio sguardo si è anche rivolto sulle produzioni minori di grandi contenuti intellettuali oltre che creativi ma che, non facendo parte del circuito legato alla politica, non sono riusciti ad avere grande spazio nelle sale”.

Ma la fase milanese ebbe ben presto termine a causa del suo trasferimento per motivi professionali a Palermo tuttavia questo non fu un limite per lui: continuò in ciò che aveva iniziato fino ad arrivare alla costituzione ufficiale della “DB Cult”, dieci anni fa per l’appunto. Per lui non fu difficile attrarre un gruppo di persone che avevano la sua stessa passione e che costituirono il nucleo originario. Tuttavia per la “DB Cult”, “Palermo è stata un po’ matrigna: le istituzioni che si dovrebbero occupare di cinema non ci hanno dato grandi opportunità, ci siamo accorti subito per avere un giusto risalto non contano i contenuti che proponi ma le amicizie che hai”, riflette ancora Antonio con un non velato rammarico nei suoi occhi. Questo lo ha indotto da un lato a non cedere alla politicizzazione non senza precludersi la partecipazione a festival molto importanti in Italia ma anche all’estero, in Francia e Spagna, soprattutto. In Sicilia, da rimarcare la presenza al “Sicilia Queer Film Fest”, un festival in cui il protagonista è il cinema LGBT grazie alla sensibilità del suo direttore, Andrea Inzerillo. Importante vettore della “DB Cult” il sito on line (attivo fino a qualche anno fa), una finestra aperta sul mondo disponibile a chiunque volesse conoscere a documentarsi sul ricchissimo materiale presente e che le ha permesso di farsi conoscere e creare proficui scambi artistici ed umani con esperti ed appassionati di cinema di tutto il pianeta.

Pino Mercanti

Tra i materiali più “preziosi” custoditi nello scrigno della cineteca di “DB Cult” figurano quelli relativi a Pino Mercanti, un regista palermitano che ha fatto cose molto meritevoli in Sicilia e non solo, di indubbio valore artistico oltre che sperimentale, sconosciuto alla maggioranza delle persone, operante a Palermo già prima del secondo conflitto mondiale e del quale Antonio si è preoccupato di raccogliere e conservare molto del materiale ad oggi disponibile, “Mi sono impegnato nel rivalutare la sua produzione cinematografica che attraversa tutti i generi raccogliendo tutto il materiale relativo al suo operato artistico non solo in Italia ma anche in Spagna, Francia, Germania”, racconta Antonio soffermandosi in particolare su quella che è forse l’opera più importante di Mercanti, traduzione cinematografica del romanzo di Luigi Natoli, “I Beati Paoli”, del 1948, “era un appassionato di cinema che si è fatto da solo, partendo da Palermo per poi trasferirsi a Roma e perfezionarsi, passando attraverso una serie di difficoltà personali ed anche politiche”, precisa ancora Antonio mentre nei suoi occhi traspare la luce di uomo che crede profondamente nell’arte, nella bellezza e nel forte peso che il cinema ha nel plasmare le anime delle persone. Oggi la “DB Cult” continua ad essere la custode di tutto il materiale accumulato nel corso degli anni seppur in atto non svolge più attività sul territorio. La nostra speranza è che tutto non rimanga muto e solo custodito, il mondo ha ancora bisogno dei suoi “tesori” di inestimabile valore, il mondo ha bisogno della bellezza che Antonio La Torre continua a vedere ogni giorno attorno a lui.

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