Oggi parliamo di “Sogni e altiforni” di Gordiano Lupi e Cristina Di Vita

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di Salvo Zappulla

 

Diciamolo pure, Gordiano Lupi è un amico e spesso recensisco i suoi libri o i libri degli autori che pubblica con la sua casa editrice. Potrebbero sembrare “marchette” le mie ma in realtà nessun particolare interesse mi spinge a interessarmi di questo autore/editore, se non la grande stima per il lavoro di promozione culturale che incessantemente svolge, spesso con enormi sacrifici,  spesso con enormi delusioni, sorretto tuttavia da un entusiasmo che non si annacqua con il trascorrere degli anni. Anzi, come il buon vino, migliora e ci regala sapori autentici che credevamo perduti. Gordiano è un grande, un uomo tutto d’un pezzo che difficilmente scende a compromessi, deciso ad andare dritto per la sua strada, sorretto dal sacro fuoco della passione letteraria. E sappiamo tutti quanto difficile sia per un piccolo editore indipendente trovare spazio in questo fantasmagorico carrozzone commerciale che è diventato il mondo della carta stampata. Chiarito questo, desidero soffermarmi sul suo ultimo romanzo: Sogni e Altiforni (Edizioni A. Car), scritto insieme a Cristina de Vita. Inizialmente sono rimasto perplesso del fatto che mi si proponeva un romanzo scritto a quattro mani, poi leggendolo mi sono reso conto che in effetti si tratta di una storia a due voci, distinte e separate. Questo è il seguito di Calcio e acciaio, letto alcuni anni addietro, opera di pregevolissima fattura che tanto mi aveva impressionato; lo stesso protagonista della storia precedente che mi aveva procurato una dolce sensazione di benessere come raramente mi capita. Giovanni, ex calciatore dell’Inter è il sogno che tutti noi, dilettanti giocatori di pallone oratoriale, abbiamo sognato; rappresenta il desiderio di libertà, il desiderio di spezzare le catene opprimenti di un lavoro in fabbrica per conquistare le vette del successo. E rappresenta i rimpianti, gli amori perduti, il tepore del caminetto di casa, le carezze della mamma. Giovanni è Ulisse stanco che desidera morire nella propria Itaca, ma non troverà Penelope ad attenderlo. E gli anni della vecchiaia diventano duri da affrontare nella solitudine. Questo libro mi ha regalato momenti di emozione e di commozione, leggerlo e  immedesimarsi nel protagonista della storia, seguirne  i suoi alti e bassi, i cambiamenti di umore, la vita stessa con la sua parabola fisiologica, viene spontaneo.  Una storia estremamente delicata, un susseguirsi di sentimenti contrastanti affrontati su due piani diversi dai due protagonisti principali, con al centro Piombino e Trani. E la vita che scorre incurante delle nostre piccole miserie, il progresso che qualche volte ci illumina e molte volte ci abbaglia; i testi di Guccini e di Vecchioni sostituiti dai moderni autori rap e trap  di cui non si capisce un cazzo e ti fanno sballare solo a vederli; allo stadio ragazzi tatuati fino alle orecchie che non sgranocchiano più noccioline e pistacchi ma popcorn e patatine; smartphone per comunicare a chilometri di distanza ignorando il vicino. Mazzola, Rivera e Riva, bandiere di un calcio dove la passione e l’attaccamento alla maglia  erano un valore aggiunto, sostituiti da mercenari con conti in banca astronomici.  Questo libro ha avuto la capacità di fermare il tempo, il mio tempo, purtroppo solo per un paio d’ore, durante la lettura, ma è già qualcosa

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