Libia stabilizzata con un nuovo Gheddafi?

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di Salvo Barbagallo

 

Dopo il più o meno boicottato (sul piano nazionale) summit di Palermo delle settimane scorse, della Libia si parla poco, attenzione puntata su altri argomenti probabilmente ritenuti più importanti per l’immediato futuro dell’Italia. Ma la Libia è lì, con i problemi che ormai tutti conoscono, con una “guerra” interna che sembra non lasciare spazio per eventi positivi, almeno a breve termine. Libia, un vicino di casa importante per il nostro Paese non solamente per la “non” risolta (e irrisolvibile) problematica dei migranti che da quel territorio continuano a indirizzarsi verso la Sicilia; importante soprattutto per quante attiene fonti energetiche, investimenti economici e (in special modo) perché l’Italia è supporto principale al Governo “ufficiale” retto da Fayez al-Sarraj, voluto e imposto dall’Onu.

Il vertice tenuto a Palermo ha registrato la presenza dei principali protagonisti, Fayez al Sarraj e il generale Khalīfa Belqāsim Haftar, con strette di mano conciliatrici “benedette” dal premier italiano Giuseppe Conte, ma la conflittualità interna non si è spenta, anche se non appare in tutta la sua drammaticità sui mass media che fanno “opinione”. Già nella “48 Ore” palermitana aleggiava il fantasma dell’assassinato rais Muhammar Gheddafi, ma da tempo si torna a discutere su questo “cognome” quale unica possibilità di soluzione della grave crisi che si trascina nel sangue da anni. Al “cognome”, un “nome”, quello di Saif Al Islam, secondogenito del deposto a furor d’armi “tiranno”. Saif Al Islam è sopravvissuto alla guerra ed al caos generato dall’annientamento del padre, che aveva retto i destini della Libia per ben 42 anni.

Saif al Islam è riapparso alcuni giorni addietro sulle cronache del Corriere della Sera in un reportage di Lorenzo Cremonesi, affermando “Non sono morto, come falsamente asserisce qualcuno. E neppure mi ritiro nella clandestinità e la fuga. Tutt’altro”. E Mauro Indelicato sul quotidiano Il Giornale sostiene che il secondogenito di Gheddafi è “atteso da chi rimpiange il padre, non solamente in Libia, e che potrebbe partecipare alla conferenza nazionale prevista il prossimo gennaio (che si terrà probabilmente a Tripoli o nella città-oasi di Gadames nella Libia occidentale) nel piano dell’Onu elaborato alla vigilia del vertice di Palermo. Molti sostengono che Saif al Islam può contare sull’appoggio di fazioni, tribù e milizie armate per riportare la leadership “Gheddafi” nel Paese, così come molti altri sostengono che è proprio quel “cognome” non gradito in Occidente che può provocare ulteriore (o pilotata?) destabilizzazione in un’area che non riesce a trovare un punto di equilibrio negli attuali contrasti e interessi variegati e divergenti.

Il Governo del premier Giuseppe Conte attraversa oggi una fase “calda” ed anche se ha fatto la “sua” parte con il summit di Palermo, ora come ora, ha ben altre problematiche da affrontare. Il Governo della Sicilia non si mostra interessato alla “questione Libia”, completamente assente (forse non invitato?) durante i lavori della conferenza tenuta nel capoluogo regionale. Qualche decennio addietro le cose andavano diversamente: la Libia, infatti, non era soltanto un “buon” vicino di casa e il Presidente Nello Musumeci dovrebbe ricordarlo.

Un “nuovo” Gheddafi può contribuire a un processo di pacificazione? Chi lo può dire…

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