Il GM Labisi, i fondi spariti e il futuro della clinica Lucia Mangano

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di Luigi Asero

 

È di appena due giorni fa la notizia dell’importante operazione della DIA a Catania che ha visto fra gli arrestati il “quasi” avvocato Corrado Labisi, meglio noto negli ambienti locali (e non) come Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia del Sud, una delle tante logge massoniche “spurie” esistenti nel territorio.

Noto anche per essere promotore di ben due premi “antimafia” che lo avrebbero “eretto” a paladino della legalità (uno fra i tanti) e che dando grande visibilità (più che prestigio) al personaggio hanno contribuito ad accrescerne la figura quasi filantropica. Non per nulla la Procura ha dato all’importante operazione il nome di “Giano bifronte”. Bi-fronte (e forse pure tri) è infatti l’avvocato Labisi, che poi si scopre nemmeno essere avvocato a prescindere dal titolo auto-attribuitosi. E che infatti viaggiava spesso in Africa per la costruzione di ospedali e il conferimento di aiuti umanitari, salvo scoprire poi che -ma il fatto non trova conferme allo stato attuale- in realtà trafficasse in diamanti.

Importante precisare che come ha spiegato e precisato con molta attenzione il Procuratore Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa di due giorni addietro “Il riferimento ai rapporti che Labisi ha con la massoneria, con eventuali persone appartenenti al ministero della Difesa, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa vengono soltanto evidenziati in questa indagine soltanto per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti“.

Pertanto parliamo di un ennesimo caso di massoneria “deviata”, che anziché adoperarsi per il “bene comune” si adopera per fini esclusivamente privatistici? Alla luce delle risultanze investigative assolutamente no.

Da sinistra: Corrado Labisi, Francesca Labisi (figlia), Maria Gallo (moglie), Gaetano Consiglio e Giuseppe Cardì (collaboratori)

Parliamo invece, “semplicemente” dell’ennesimo caso di una persona che profittando del ruolo assunto, e in parte auto-costruitosi, ha pensato di trarne profitto personale, fino a mettere da parte l’intenzione del bene comune lucrando sui fondi destinati alla casa di cura “Lucia Mangano” e destinati all’assistenza di anziani e disabili, ben 10 milioni di euro quelli per cui è stata formulata la richiesta d’arresto.

Adesso il dramma si pone proprio per gli assistiti e per il personale della stessa struttura. I conti sono ovviamente bloccati e la verità sui bilanci, finora falsati, emerge. Per la stessa struttura la Procura si è trovata nelle condizioni di agire d’ufficio e proporre alla sezione fallimentare del Tribunale di Catania istanza di fallimento. Preoccupazione circola naturalmente fra i 180 dipendenti e le loro famiglie, così come nelle famiglie degli assistiti.

In merito, lo stesso Procuratore specifica che è grazie al buon lavoro del personale se agli assistiti malgrado tutto non è mancato nulla. Sarà ancora così? Non siamo esperti di compagini finanziarie e/o imprenditoria nel settore sanitario, ci chiediamo però se non sia a questo punto opportuno individuare uno o più imprenditori del settore sanitario disposti a rilevare quanto rappresentato dalla casa di cura. Questa è però una domanda per la Regione siciliana o piuttosto per il Governo nazionale.

Di certo c’è, come ha specificato in un altro  passaggio lo stesso procuratore Zuccaro, che “appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato“, sfruttare invece i fondi destinati ai bisognosi, di qualsiasi natura, è invece deprecabile. Penalmente e moralmente.

 

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