Alibi e bugie sulla pelle dei migranti

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di Salvo Barbagallo

 

Le parole vengono dette, tante “cose” vengono scritte, non sempre le parole che vengono dette sono ascoltate e quelle scritte, lette. In conclusione, volenti o nolenti, non possono esserci alibi o paraventi dietro ai quali nascondersi. Fatto è che nonostante le “denunce”, nonostante le enunciazioni di “riflessioni” ponderate, nonostante che vengano indicati “percorsi” che possono condurre a portare in luce “verità” che vengono tenute sommerse, nulla accade che possa ribaltare le condizioni della perenne stagnazione alimentata (direttamente o indirettamente) dai toni “alti” che finiscono con il provocare tensioni e non soluzioni. È quanto sta accadendo con il “problema” migranti: i “paladini” che si scontrano da una parte e dall’altra mostrano non solo incapacità, mostrano soprattutto la reale “mancanza di volontà” nel “risolvere” il problema. Mancanza di volontà che si nasconde, appunto, dietro paraventi “giustificativi” che non hanno capo né coda ma che destano attenzione, visti i “toni alti” spregiudicati che vengono messi in campo.

Macron ne è un esempio lampante in tema di migranti. Come ha scritto giorni addietro Gianandrea Gaiani su “Analisi Difesa” (…) Il fattore scatenante, come dimostrano anche le scomposte reazioni di Francia e Spagna, è dovuto all’inedito rifiuto di Roma di accogliere altri clandestini, dopo i 750 mila giunti dalla Libia dal 2013 (…) Nonostante le accuse all’Italia per la mancata accoglienza dei migranti dell’Aquarius Parigi da tempo si distingue per il forte contrasto ai flussi illegali. Lo sgombero degli accampamenti abusivi dei “sans papier” nella capitale e a Calais e il ferreo blocco del confine da Ventimiglia a Bardonecchia rispecchiano quanto Emmanuel Macron aveva preannunciato già in campagna elettorale, cioè una drastica separazione tra chi ha diritto all’asilo e i migranti economici illegali (…). Questo dato di fatto per molti, moltissimi non costituisce una realtà, forse una “visione” di parte. E dunque la questione, a conclusione, è l’avere creato delle “parti” che (per necessità?) devono porsi inesorabilmente in contrasto senza tenere nel debito conto quale “costa” possa avere la disputa. Disputa, ovviamente strumentale che cela problematiche a più ampio raggio. Non è determinante tenere a mente soltanto i “numeri” dei migranti che rischiano la vita (in pochi anni oltre 36 mila vittime) nel tentativo di attraversare le acque del Mediterraneo provenienti dalle coste africane, ma le ragioni che hanno accentuato a livello di esodo il flusso dei fuggitivi. Macron dimentica, infatti, chi è stato il principale promotore del caos in Libia, dovuto alla fine del regime di Gheddafi. Mettersi in cattedra e porre sotto accusa l’Italia e chi la rappresenta porta a chiedersi quali siano le vere motivazioni che stanno a monte. Forse la distruzione dell’Unione Europea stessa, quell’Unione che, a parole, tutti sostengono di difendere.

Rispondenti all’odierna realtà le riflessioni di Gianandrea Gaiani: Quando Minniti varò il pacchetto di misure chiedendo invano condivisione e solidarietà alla Ue, Macron ipotizzò di costituire centri d’accoglienza in Libia, ma del resto i francesi hanno sempre soffiato sul fuoco dei problemi che il caos libico provoca a Roma, determinati proprio dalla guerra che Parigi (con Londra e Washington) scatenarono contro Muammar Gheddafi nel 2011. Un atteggiamento di “competizione aggressiva” con l’Italia confermato dagli ostacoli posti da Parigi alla missione militare italiana in Niger e dalla conferenza con i protagonisti della crisi libica organizzata su due piedi dall’Eliseo proprio pochi giorni prima che a Roma si insediasse l’attuale governo.

Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, intervistato dal quotidiano “Il Messaggero”, afferma: “Chi vede la questione migratoria come una questione ad altissimo rischio per la tenuta dell’Unione europea drammatizza, ma potrebbe essere profeta. Il rischio che l’Europa si sgretoli c’è. La divisione tra gruppi di Paesi, la difficoltà a trovare intese e a lavorare insieme, stanno producendo effetti forse più dirompenti della crisi finanziaria del 2012 (…)”.

In poche battute, a nostro avviso, questo il quadro più attendibile dell’attuale situazione.

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