Pirro e suoi fratelli

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In quel mondo fantasioso che prende il nome di sistema politico italiano da qualche tempo si aggira una figura particolarmente interessante, almeno fino a quando non diventerà inquietante e pericolosa. Si tratta del Proporzionalista Maggioritario, ovvero di colui che, dopo aver spinto affinché si abbandonassero per sempre i disegni di riforma che puntavano verso sistemi elettorali rigidamente maggioritari (in quanto, diceva, “non tengono conto della volontà dell’elettore” e “sono contro il dettato costituzionale”), a risultato elettorale del 4 marzo raggiunto, si lancia in bizzarre teorie per giustificare la voglia pigliatutto della sua parte politica preferita.

Questo soggetto attraversa quasi tutto lo scenario politico ed assume spesso uno sguardo serioso e compito, di quelli che non ammettono repliche.Per uscire di metafora, dopo una campagna elettorale all’insegna del “niente patti con nessuno” (assurda pretesa in presenza di un sistema elettorale a prevalente componente proporzionale), sono tutti alle prese con delle interminabili conte per capire se riuscire a governicchiare con maggioranze risicate, tutte da costruire nelle aule parlamentari. Ma, siccome questo non si può dire agli elettori che hanno deciso di votarli “in purezza”, si gioca a fare a chi ce l’ha più grossa (la maggioranza relativa).

Per cui da settimane osserviamo divertiti il balletto di chi, dall’alto del suo trenta e poco più per cento vuole imporre la sua visione del mondo (e dei candidati alle cariche istituzionali) a cui risponde, dall’alto del suo poco meno del venti per cento (ma a nome, non sempre, di una coalizione che sta tra il trenta e il quaranta per cento degli lettori) un altro vincitore (si fa per dire) di queste ultime desolanti elezioni.

Ammuine, si sarebbe detto in altri tempi. Ammuine che ci concediamo, come paese, vista la nostra assodata irrilevanza sullo scenario internazionale. Finita la divisione in blocchi contrapposti della guerra fredda, siamo sempre meno una penisola europea e sempre più un’isola abbandonata a se stessa (e alla “creatività” dei suoi abitanti). A conferma di quello che scriveva sul nostro immutabile paese tanti anni fa un genio indiscusso, Ennio Flaiano: “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria. (Taccuino, 1954)” MZ

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