Le spinte indipendentiste fanno scricchiolare la globalizzazione

Indipendentismo sardo
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di Luigi Asero

 

di Salvo Barbagallo

 

Chi ha paura dei fermenti indipendentisti che affiorano in molti Paesi del pianeta? L’interrogativo “chi ha paura?” ha ragione d’essere, oppure è soltanto una esercitazione accademica mirata a dimostrare ciò che non si può dimostrare? Non abbiamo gli strumenti idonei per analizzare il “fenomeno” che sta scuotendo (anche se momentaneamente non avvertito o “studiato” a sufficienza, forse strumentalmente) il tempo della globalizzazione “forzata”, ma il “fenomeno” c’è ed ha dimensioni e valenza che potrebbero mutare le condizioni di questo momento storico.

Indipendentismo catalano
Indipendentismo catalano

Un esempio, che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti, ma che volutamente è “ridicolizzato”, viene dalla Catalogna dei nostri giorni: la volontà della maggior parte dei Catalani reclama la propria identità, e questa “volontà” è subito soffocata da uno pseudo spirito nazionalista, mentre è ignorata da quanti hanno la responsabilità del contesto di aggregazioni sociali chiamato “Unione Europea”. La convulsa reazione del governo spagnolo per “eliminare” la spinta indipendentista Catalana ha messo in luce (per chi vuol riflettere e vederci chiaro) il timore/paura  che il “fenomeno” potesse e possa estendersi oltre i confini della Spagna. Era necessario porre un freno immediato prima che il “virus” intaccasse quello che è ritenuto (a ragione? A torto?) un corpo “sano”, quello appunto dell’Unione Europea. La questione, ovviamente, va oltre e, a nostro avviso la pressante richiesta di riappropriarsi della propria e vera identità “nazionale” da parte della Catalogna incrina il principio/base della globalizzazione, che prevede l’annullamento delle “singole” identità nazionali in nome di un mondo massificato, con obbiettivo finale una “guida unica”. Cioè, il controllo totale di miliardi di esseri umani da parte di poche oligarchie.

Charles Puigdemont a Bruxelles
Charles Puigdemont a Bruxelles

Fantapolitica? La Catalogna potrà forse dare fra una decina di giorni, con le “imposte” elezioni del 21 dicembre, una prima risposta. Se dal risultato delle urne per un “nuovo” Governo della Catalogna uscirà un responso “indipendentista” si vedrà come reagirà il Governo spagnolo: se proseguirà, cioè,  sulla linea della “repressione” poliziesca, così come si è verificato (o ancora peggio) in occasione del Referendum per l’Indipendenza.

Indipendentismo corso
Indipendentismo corso

In Europa (senza andare oltre) non c’è solo la Catalogna che “aspira” alla sua Indipendenza, ed è questa situazione che allarma i “gestori” della globalizzazione. C’è la Corsica e c’è anche l’Italia che presentano fibrillazioni pericolose anche se le condizioni di base sono diverse. La Corsica aspira a una concretezza indipendentista, anche se nella pratica già conquistata; in Italia sono presenti focolai pericolosi. Come ha scritto giorni addietro Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera : In Corsica il clima è molto diverso da quello catalano. Non ci sono cortei contrapposti, tensioni, manganelli, arresti. Anzi, gli indipendentisti hanno deposto le armi. E sono andati al governo (…) È difficile pensare una Corsica indipendente, per una ragione prosaica: i secessionisti sono quasi sempre i ricchi, come baschi e catalani in Spagna; i 300 mila corsi sono più poveri della media dei francesi, e da Parigi hanno avuto molto, compreso uno statuto speciale che ha infranto il tabù centralista. Ma in Europa si è messa in movimento una forza centrifuga che rende tutto possibile, o almeno ipotizzabile (…). L’Italia non può stare tranquilla. Troppo incerto l’esito delle prossime elezioni. Troppo alto il pericolo che un periodo di «vacatio» e di instabilità dia voce a istanze ambiguamente in bilico tra federalismo e secessione. Il Veneto ha votato in massa per l’autonomia. Ma le bandiere con il Leone di San Marco che a oltre un mese dal referendum continuano a sventolare da Venezia al Piave, da Verona al Grappa, indicano una tensione separatista che è forse ancora minoritaria, ma esiste; e sarebbe ipocrita negarla (…).

Indipendentismo siciliano
Indipendentismo siciliano

E Cazzullo dimentica Sardegna e Sicilia, regioni dove l’idea indipendentista non si è mai sopita, anche se è stata annacquata dai continui compromessi tra Governo regionale e Governo centrale.

La situazione, pertanto, nel quadro generale può considerarsi in evoluzione, tenuto conto che, sempre nel quadro generale, altre problematiche più pressanti sono sul tappeto, da Gerusalemme Capitale ai missili intercontinentali nord coreani di Pyongyang: nella mondializzazione del terrore e nell’ipotesi che a qualcuno scivoli il piede sulla rituale buccia di banana, le spinte indipendentiste hanno un loro spazio (involontario?) nella (possibile?) frantumazione del sistema della globalizzazione.

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