Catalogna ignorata, al voto il 21 dicembre

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di Carlo Barbagallo

 

Catalogna volutamente ignorata dall’Unione Europea, in campagna elettorale dalla mezzanotte di ieri 4 dicembre per un rinnovo del governo che la regione non ha voluto, ma che è stato imposto dal premier spagnolo Mariano Rajoy dopo lo scioglimento della Generalitat. La situazione appare confusa, anche perché carenti le notizie attendibili. I partiti indipendentisti catalani avrebbero confermato che si presenteranno alle elezioni non con una lista unica, ma nelle loro specificità. I capilista dovrebbero essere  gli stessi membri del governo catalano destituito con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione e che attualmente in parte si trovano o in prigione o  “fuorusciti” a Bruxelles, accusati tra le altre cose di ribellione e sedizione. Sono candidati otto dei 10 ministri attualmente detenuti in Spagna e tre dei cinque in esilio con il destituito presidente Carles Puigdemont.

Il Tribunale spagnolo ha stabilito che il destituito vicepresidente della Catalogna, Oriol Junqueras dovrà rimanere in carcere, e nelle stesse condizioni i due leader indipendentisti Jordi Sanchez di Asamblea nacional catalana (Anc) e Jordi Cuixart di Omnium Cultural: a loro il Tribunale supremo ha negato la libertà su cauzione, concessa invece agli altri sei ex membri del Governo catalano in carcere a Madrid, che possono tornare in libertà dietro il pagamento di una cauzione da 100mila euro. Non potranno quindi partecipare alle elezioni Junqueras, leader e capolista di Erc, il primo partito catalano, e Jordi Sanchez, ‘numero due’ sulla lista di Junts Per Catalunya (JxCAT) guidata da Carles Puigdemont che dovrà attendere, dopo l’udienza di ieri, entro il prossimo 14 dicembre la decisione del Tribunale di  sulla richiesta di estradizione spagnola.

Carles Puigdemont

Situazione confusa sul dopo elezioni: cosa accadrà, infatti, se il 22 dicembre gli indipendentisti dovessero vincere di nuovo, o se gli unionisti non fossero in grado di formare una maggioranza di governo? Il fronte indipendentista sostiene che non si possa parlare di “elezioni normali”, considerato che i principali leader indipendentisti sono in carcere o all’estero. La scelta di presentarsi al voto è stata ritenuta necessaria per evitare di rimanere completamente esclusi, con l’obiettivo di ottenere non solo una nuova maggioranza parlamentare, ma anche una maggioranza in termini di voti e superare il 50 per cento dei consensi, cosa che non era riuscita alle ultime elezioni, quelle del settembre 2015 nelle quali raggiunsero il 48 per cento.

Sul fronte anti-indipendentista ci sono tre partiti politici che hanno già appoggiato l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione: il Partito popolare catalano (PPC), Ciutadans (la sezione catalana di Ciudadanos) e il Partito socialista catalano (PSC). Il PPC è la sezione catalana del partito di Rajoy, Ciutadans è un partito sorto in Catalogna con posizione anti-indipendentista, spostatosi nel tempo su posizioni di destra.

Una condizione senza apparenti vie d’uscita per quanto attiene l’Indipendenza della Catalogna, annotando come il premier spagnolo Mariano Rajoy abbia usato il pugno duro prima ancora che i Catalani esprimessero la loro volontà pienamente, cercando di impedire con atti di forza polizieschi che venisse portato a termine il Referendum indetto dal Parlamento Catalano regolarmente costituito. Rimangono anche interrogativi sullo svolgimento stesso della campagna elettorale e delle stesse elezioni. Interrogativi che potranno delinearsi con la decisione sull’estradizione di Carles Puigdemont dal Belgio. Estradizione che, se concessa, porterebbe Puigdemont direttamente nelle carceri spagnole, con il risultato di inasprire maggiormente gli animi degli indipendentisti.

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