L’altra faccia degli Anni di piombo

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di Valter Vecellio

 

 

Cosi si ricordano quegli anni, così vengono tramandati e ricordati. “Formidabili” e atroci, anni di illusioni e inganni… E invece no: l’inganno è ora che si consuma: nel volerci a tutti i costi rappresentare quegli anni come un periodo cupo e tetro, di piombo, appunto. Posso dirlo? Per me sono stati begli anni, di grande gioia, con punte di felicità, esaltanti!

A tutti sarà accaduto di dover effettuare un trasloco, di dover meglio sistemare le proprie cose, di dover decidere che bisogna liberarsi di oggetti che pur conservati per tanto tempo non c’e alcuna ragione di continuare a conservare. Ecco, il momento è arrivato. Per esempio, quei cumuli di carta stampata ammonticchiati e lasciati a far polvere, hanno fatto il loro tempo: il cassonetto che raccoglie la carta straccia è la loro ultima, definitiva destinazione… Forza e coraggio: che te ne fai più, che te ne sei mai fatto, di quelle cronache ormai ingiallite, fragili al punto che solo a sfiorarle si sbriciolano? E poi, come dicono i “ggiovani” ora c’è internet, se hai bisogno con un clic hai il mondo ai tuoi piedi. Te lo dicono tutti che anche i libri, pur belli, pur fascinosi… ma vuoi mettere la comodità di un tablet, e ovunque, senza peso, senza romperti la schiena, hai un catalogo di migliaia di libri a tua disposizione?

Pensieri cupi, pensare che quella massa di carte che fa polvere e occupa spazio, presto non ci sarà più, con grande sollievo di chi ogni volta che vede quei cumuli sbuffa, ti guarda storto. Lo sospettera, chi sbuffa e chi guarda in malo modo, che sacrificio si sta facendo, che grande prova di amore si sta dando, che tortura e sacrificio insieme ci si infligge? Evidente che no. Fischietta, l’infingarda.

Ecco, l’ultimo sguardo, prima del sacrificio. Sfogliamo ancora una volta. Vediamo se troviamo una scappatoia per almeno un ritaglio, un giornale. Vediamo se, come nella canzone, uno su mille ce la fa…

La vedi quella fotografia in quel settimanale un tempo pieno di cose da leggere, e ora diventato un misero contenitore di pubblicità demenziale con articoli insulsi? Roba da anni di piombo, anni Settanta, che per fortuna ci siamo lasciati alle spalle. La fotografia ritrae un autonomo sedicente operaista (figuriamoci, non sa neppure cosa sia, la fatica, il lavoro, se ne riempie la bocca e poi dal babbo a bussar quattrini); viso coperto dal passamontagna, una rivoltella in mano, spara contro ragazzi che hanno una divisa. E’ una fotografia che ha fatto storia. Un poliziotto c’è morto, in quella manifestazione. Non è il farabutto ritratto nella foto, l’assassino, ma è come se… Avesse potuto farlo l’avrebbe fatto senza rimorso alcuno. Magari l’avessero catturato, dopo, si sarebbe “pentito”. Ma solo per scampare la galera, non per altro…

Anni pesanti, anni di piombo, quegli anni. A destra e a sinistra si uccideva, sparava, sprangava. Avevi un vestito che non dovevi indossare, leggevi un giornale sgradito, dicevi e pensavi qualcosa di non “corretto” ed erano guai… Li ricordiamo così quegli anni, vero? Pieni di rabbia, di rancore, di voglia di rovesciare il mondo, e poco importa se era tutto sommato il migliore dei mondi disponibili, e comunque costato lacrime, sangue e sudore ai nostri padri, madri e fratelli maggiori… Ah, com’era inebriante fare il rivoluzionario ai quattro formaggi, e a chi tocca tocca, peggio per lui…

Cosi si ricordano quegli anni, così vengono tramandati e ricordati. “Formidabili” e atroci, anni di illusioni e inganni… E invece no: l’inganno è ora che si consuma: nel volerci a tutti i costi rappresentare quegli anni come un periodo cupo e tetro, di piombo, appunto. Posso dirlo? Per me sono stati begli anni: di grande gioia, con punte di felicità, esaltanti; e oggi la coscienza piena di aver contribuito a fare cose importanti, che andavano fatte, che era giusto fare; e pensa un po’ l’arroganza: per le quali dovrei anche essere ringraziato.
Oggi sembrano cose ovvie, naturali, come respirare e bere un bicchiere d’acqua. Ebbene: negli anni Settanta una coppia conquista il diritto di non essere più condannata a vivere, soffrendo e facendo soffrire, un matrimonio sbagliato; e oggi può rifarsi una vita come cinquanta, sessant’anni fa potevi fare solo se avevi i soldi per pagarti l’annullamento della Sacra Rota. Per quella legge sul divorzio sono stato tra quanti hanno lottato. Una piccola parte di merito e di “grazie” lo merito anch’io.

Quella fotografia di un giovane con il passamontagna, le gambe piegate, che punta una pistola ad altezza d’uomo in via De Amicis il 14 maggio del 1977 rappresenta ancora, a 40 anni di distanza, l’icona di quella lotta armata in cui confluì buona parte dei manifestanti che quel giorno attaccarono la Polizia.

Se oggi una donna non viene più penalmente punita se decide di interrompere una gravidanza per motivi che non posso e non voglio giudicare, e se può essere medicalmente assistita, ditemi grazie. Io quando si è combattuto per quella legge,  c’ero. Ditemi grazie se gli anticoncezionali non sono più tabù; se quando il servizio militare era obbligatorio si poteva fare affermazione di coscienza; se oggi i diciottenni votano; se c’è un nuovo diritto di famiglia; se si sono aboliti gli infami manicomi che c’erano negli anni ’50-’60-’70; se dai codici sono spariti i reati d’opinione eredità del fascismo; se le questioni ambientali sono diventate patrimonio comune… Per tutto questo ditemi grazie: a me e ai non tanti come me che queste cose le hanno conquistate per tutti (e molte altre ancora), e lo abbiamo fatto senza sparare, senza uccidere, senza essere uccisi… Siamo stati dei pragmatici sognatori che hanno fatto delle rivoluzioni che non hanno procurato dolore e di cui oggi beneficiano anche coloro che ieri queste riforme le hanno combattute preconizzando fini del mondo che non ci sono state.

Altro che “anni di piombo”. Sono stati anni di progresso e di civiltà di grandi conquiste e di avanzamento. Poi certo, ci sono stati dei delinquenti cretini come quell’autonomo operaista che sparava. Noi però siamo stati quelli dell’unita laica delle forze, del fai quel che devi e accada quel che può. Noi abbiamo vinto. Dite. Sto parlando da matto e da esaltato? Colpa vostra. Quel giornale, con quella copertina stava ben tranquillo nell’angolo dove l’avevo abbandonato. Mi avete costretto a far pulizia, e guarda che pensieri son venuti fuori…

LA VOCE DI NEW YORK

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