Rosicando rosicando: dalla tassa sul macinato all’inurbamento dei rustici rurali

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di Guido Di Stefano

 

Incredibile ma vero! In Italia alcuni gestori delle “cose pubbliche” (o se preferite “governanti”) sono riusciti a riscrivere (o stravolgere) un vecchio detto nostrano! Recitava l’antico “adagio”: “chi non risica non rosica” (chi non rischia non rosicchia (mangia …). Nell’italica prassi è diventato: “chi rosica non risica”. Tanto lo stato può tutto, anche l’applicazione di leggi e norme retroattivamente: i posti di potere possono avere effetti collaterali gravi come l’illusione di avere acquisito la divina potestà di dominare e vivere in contemporanea passato, presente e futuro.

Non dimentichiamo poi che in Italia sono sempre presenti e forti i “geni”  della somma e livellante cultura inquisitoria per cui la legge è uguale per tutti rispettando però un modesto “distinguiamo”; il  cittadino comune (solo, senza santi in paradiso e senza amici nei cerchi magici) sembra (o forse lo è) “aprioristicamente” colpevole e su lui grava la dimostrazione di innocenza mentre il personaggio “in” (inserito in qualche “territorio” dove si acquisisce peso) è  notoriamente innocente e sugli accusatori grava l’onore di dimostrare il contrario.

Inoltre, forse come strascico di antichi vizi, che da noi si ricerca sempre la somma ed egalitaria  giustizia, racchiudendola in sventagliate ed epidermiche serie di  numeri e frettolose correlazioni  tra di loro. Citiamo a esempio l’IVA, in libera crescita. Il main stream ammicca che la paghiamo tutti in maniera equa e giusta. Chissà perché dimenticano di notare due gravi peccati 1) i generi di più largo (e popolare) consumo sono in pole-position; 2) l’IVA,  in un saccheggiante crescendo a ogni passaggio, alla fine grava interamente sul consumatore, ovvero il povero che non può portarla in detrazione e non può privarsi del bene ripetutamente “ivato

Ritorniamo al passato e spigoliamo un poco.

Da pochi anni era stato “statuito” il regno d’Italia e  Firenze (anche per estere volontà) capitale pro-tempore del nuovo stato. Le finanze pubbliche erano un disastro e per pareggiarle si concepì una tassa veramente egalitaria, perché colpiva tutti indistintamente e aritmeticamente soprattutto i meno abbienti: la “tassa sul macinato”. In una decina d’anni si pareggiarono i conti ma la miseria dei più deboli fu arricchita con la fame. Fu pubblicato anche un libretto di istruzioni per l’applicazione della tassa: tanto era semplice e intellegibile in quell’epoca di non troppo approfondita alfabetizzazione  e con una Sicilia condannata per  superiore volontà vessatoria a 15 anni di analfabetismo totale (quanto erano saggi  e democratici i liberatori e i loro sodali). Tali e tanti erano gli strumenti per “misurare” in opera il macinato che tutti i  piccoli mulini dovettero chiudere a beneficio dei più grandi (non vi ricorda niente il fatto?). Effetti collaterali immediati furono: 1) i mugnai costretti a fungere da esattori; 2) a seguire il rincaro il pesante rincaro di tutti i macinati e derivati (tra cui il pane e non solo i biscotti!); qualche rivolta popolare cui i saggi governanti che mai “risicano” opposero l’esercito (poveri contro poveri). Dopo circa quindici anni la tassa fu abolita ma i rincari da essa generati rimasero, tipico costume cui siamo ormai avvezzi.

I governi succedutisi fino alla seconda grande guerra si sono industriati a pareggiare i conti con quattro consolidamenti del debito pubblico (due prima e due durante la dittatura). Principali vittime dirette e immediate furono i  “ricchi meridionali” (latifondisti e alta borghesia); vittime indirette e successive furono i “salariati” per le decurtate capacità finanziarie. La sparizione dei soldi investiti (affidati addirittura allo stato) non vi ricorda niente? Tenete presente che un quinto consolidamento fu annunciato e non attuato nel periodo della “presunta” massima prosperità; e le male lingue dicono che i nostri governanti seppellirono il provvedimento quando furono informati che “questa volta” il 95% del debito pubblico era concentrato al nord e non al sud. SE “fosse” vero sarebbe l’ennesima dimostrazione che il meridione in genere e la Sicilia in particolare è sin dall’inizio solo una colonia da predare e svendere al primo occupante e/o pretendente,

Dove vogliamo mettere le accise sui carburanti? Dovevano essere delle “una tantum”, ovvero imposte una volta sola e a tempo limitato: sono rimaste “una semper” ovvero una volta per sempre. Ne paghiamo di tutti i tipi e di ogni epoca: e tutte trascendono lo spazio e il tempo, sicché costituiscono un eclatante esempio del provvisorio che diventa eterno: guerre d’Africa e varie, crisi di Suez, alluvione di Firenze, terremoti, insomma tutto quanto si presta a invocare “emergenza, patria e stato di necessità”.  I prezzi salgono e non scendono più come successe con la tassa sul macinato. In più noi Siciliani dobbiamo sopportarci i disastri all’ambiente e alla salute colposi e forse irreversibili conseguenti a raffinerie e industrie chimiche  “calate “ope legis” (e presumibili diktat internazionali)” sul nostro territorio, prima incantevole!

Non dimentichiamo le diverse  “una tantum”, qualcuna retroattiva, automobilistiche. A suo tempo abbiamo invano provato a sensibilizzare qualcuno paventando il rischio che dalla retroattività amministrativa si passasse a quella penale: a quel tempo ci sorridevano in faccia ma sembra che  fatti recenti abbiano confermato i nostri timori.

Così per risanare le casse pubbliche un bel giorno qualcuno decide che tutti i fabbricati rurali debbano essere “passati” al catasto urbano onde renderli suscettibili di idonea e ristoratrice  tassazione. Ovviamente trovandosi al potere  è facile cedere alla tentazione di spaziare in alto e vedere in grande, senza cedere ai dubbi e ai “sentimentalismi”! Quindi nello stesso “calderone” vennero posti gli antichi “rustici rurali” (alcuni di essi veri tesori culturali e archeologici della civiltà contadina), i moderni fabbricati rurali e le villette estemporanee. Tutti al catasto  urbano, è l’ordine perentorio a meno che … a meno che ogni “bersaglio”  non porti a sua discolpa idonee prove che nell’epoca informatica le Agenzie governative  del territorio potrebbero acquisire per via informatica dai gestori di servizi (e beni) o addirittura direttamente con i “servizi in tempo reale di Google” (o altro gestore), previo abbonamento accessibile anche alle tasche di un normale e risparmioso operatore privato.

E poi non tutti i motivi ostativi al trapasso e tartasso nel catasto urbano sono inseriti nelle causali della possibile resistenza  opposta dai (tar)tassati piccoli contribuenti: 1) la viabilità, poiché per raggiungere alcuni candidati all’urbano occorre rischiare l’integrità di robusti fuoristrada su (non)strade pubbliche integrate spesso da (non)strade private; 2) la rete elettrica; 3) la rete idrica; 4) la rete fognaria; 5) la rete del gas; 6) la rete telefonica; 7) la ricezione in telefonia mobile; 8) internet; 9) la regolare e costante  presenza di forze dell’ordine; 10) relativa vicinanza di presidi sanitari (diciamo 20 minuti percorsi su ruota?) ; 11) relativa vicinanza di soccorsi antincendio.

Intanto come effetto immediato porzioni di storia sono andate irrimediabilmente perdute o catturate da organismi speculativi, mentre i “tecnici” liberi professionisti coerciti per volontà del legislatore nel compito di collaborare alla dimostrazione di innocenza degli innocenti aventi diritti reali su reali fabbricati (rustici) rurali sono sdegnati tanto quanto i committenti per tutti i disagi generati dai provvedimenti tanto generici quanto (alla fine) iniqui! Perché lo stato non va a cercare direttamente i veri rei? Lo stato non dovrebbe perseguire i rei e proteggere gli innocenti?

Lo stato non dovrebbe innanzi tutto essere potente con i potenti (prepotenti e servitori di Pluto) e umile con gli umili (obbedienti)? Le cronache sembrano indicare il contrario. E mentre i risparmi degli umili spariscono, le aziende falliscono, le banche crollano, il debito pubblico galoppa ecco a voi   buro-sauri,  pseudo-manager,  navigati sponsor,  improvvisati economisti e meteorici leader e statisti che declamano un universo che non c’è e se la ridono beati

Tanto sembra proprio che chi rosica non risica!

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