Carla Del Ponte sbatte la porta e lascia l’ONU

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di Valter Vecellio

Carla Del Ponte sbatte la porta e annuncia il suo addio alla Commissione internazionale ONU sulla Siria: “Non posso rimanere in questa Commissione che in fondo non fa niente”. Dal Festival del cinema di Locarno la Del Ponte accusa: “La giustizia internazionale non funziona perché non c’è una volontà politica”

Scrivo questa nota da Locarno, Canton Ticino, Svizzera. E’ in corso la settantesima edizione del Festival del cinema. In un dibattito a margine del festival interviene Carla Del Ponte, l’ex procuratrice svizzera amica di Giovanni Falcone, collaborava con lui in delicate inchieste sul riciclaggio del denaro mafioso; c’era anche lei in Sicilia, quei giorni del fallito attentato alla villa dell’Addaura, quello delle “menti raffinatissime”. Del Ponte in seguito è stata nominata procuratrice capo del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja per i crimini consumati nella ex-Jugoslavia, e si è occupata del genocidio in Ruanda. Dopo essere stata per quattro anni ambasciatrice della Svizzera in Argentina, è entrata nella e Commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sui crimini che si consumano e si sono consumati in Siria.

Del Ponte annuncia qui a Locarno le sue dimissioni dalla Commissione, e lo fa con un duro atto d’accusa. “E’ una Commissione inutile”, dice. “La giustizia internazionale non funziona in Siria perché non c’è una volontà politica. Servirebbe il sostegno degli stati e in particolare, in questo caso, del consiglio di sicurezza dell’ONU: quest’ultimo viene bloccato dai veti della Russia e della Cina, e quindi non si prende la decisione di ottenere giustizia per le vittime”.

Così Del Ponte sbatte la porta, se ne va: “Perché non ci sto più a stare in questa Commissione che non riesce a ottenere giustizia per le vittime, in questa commissione che non ha nessun futuro perché non c’è volontà politica, perché gli Stati non vogliono giustizia per le vittime in Siria. Non posso rimanere in questa Commissione che in fondo non fa niente”.

Del Ponte rivela che questa decisione è maturata da tempo: “Sono sette anni che in Siria c’è la guerra e la Commissione non fa nulla. Il Consiglio di Sicurezza deve istituire o una Corte permanente, o ancora meglio un Tribunale ad hoc, come per la ex-Jugoslavia, visto l’elevato numero di crimini commessi. Ma si tratta di un futuro che per ora non vedo. Abbandono la Commissione, non le vittime, sarei pronta domani ad assumere il ruolo di procuratrice se fosse creato un Tribunale internazionale per la Siria”.

Sono affermazioni gravi, che si commentano da sole. Non mi pare che, finora, ci siano state particolari, significative e adeguate reazioni; e anche questo significa qualcosa.

LA VOCE DI NEW YORK

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