America agli americani, Sicilia ai Siciliani

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di Salvo Barbagallo

 

Volenti o nolenti, Donald Trump è ormai il 45° Presidente degli Stati Uniti, anche se a quasi 48 ore dal suo insediamento ufficiale, dopo avere prestato solenne giuramento, le proteste e le contestazioni continuano un po’ in tutti gli States. Proteste che appaiono “strane”, a guardarle dall’esterno, in quanto “affidate” ai facinorosi e distruttivi black block le cui gesta sono ben note anche in Italia, e a un nutrito gruppo di attori e personaggi dello spettacolo made in USA di alto livello (da Roberto De Niro ad Alec Baldwin come a Cher) che hanno manifestato sotto l’emblematica frase ”Qualsiasi cosa accada difenderemo i nostri diritti”. Difesa di “quei diritti” tutti americani che proprio Donald Trump ha messo in testa al programma che intende portare avanti. Un’America dalle eterne contraddizioni? Così appare, se le parole di Trump hanno un senso quando sostengono “Questo non è il passaggio di consegne da un’amministrazione all’altra ma è la restituzione del potere da parte di Washington a voi, il popolo.  Questo giorno, il 20 gennaio 2017 sarà ricordato come il giorno in cui la gente è tornata ad essere il vero legislatore di questo Paese”.

Parole forti, quelle del nuovo Presidente degli Stati Uniti, parole indubbiamente e comprensibilmente non gradite da tutti quando sottolineano che una nazione esiste perché fa gli interessi dei suoi cittadini e quando denunciano al mondo intero che “Per troppo tempo un gruppo ristretto di persone ha gestito il governo. La prosperità era solo per i politici, non per le imprese. L’establishment ha protetto sé stesso, non le imprese. Non sono stati i trionfi della gente, c’era poco da celebrare per le famiglie che lottavano in tutti gli Usa. Da ora tutto cambia….”.

E come dovranno cambiare le cose? Donald Trump è altrettanto chiaro: “Da oggi in poi una nuova visione governerà gli Usa. Un messaggio: l’America prima di tutto. Di ogni decisione, su commercio, fisco, esteri, dovranno beneficiare i lavoratori degli Stati Uniti. Dovremo difendere gli interessi degli Usa dalla razzia di altre imprese. Questa tutela porterà prosperità e forza e io combatterò con ogni respiro per questo obiettivo, non vi deluderò. L’America riprenderà a vincere come mai prima. Riporteremo l’occupazione e i nostri confini, torneremo a sognare. Costruiremo nuove autostrade, ponti, stazioni ferroviarie in tutta la nostra grandiosa Nazione. Porteremo le persone fuori dalla disoccupazione. Con due regole semplici: assumi americani, compra prodotti americani. Cercheremo buoni rapporti con gli altri, ma solo nell’interesse nazionale. Vogliamo essere d’esempio per tutti. Vogliamo rafforzare le alleanze e porci contro il terrorismo islamico, per sradicarlo dalla faccia della terra (…). ‘Tutte le decisioni le prenderemo nell’interesse degli americani…”.

Etichettatelo come volete (populista, fascista, comunista, capitalista?) Donald Trump intende “ridare” l’America agli Americani: bene per gli americani. Per quanto concerne i “sudisti” del profondo Sud dell’Europa, cioè i Siciliani? Sarebbe bello poter sentir dire da loro “l’America agli Americani, la Sicilia ai Siciliani”, e con questa affermazione, “affermare” il diritto di “non” essere “occupati” militarmente dagli Americani, così come ormai accade da decenni. Il pensiero può essere, dunque, rivolto al Presidente USA Donald Trump, a un uomo che (a quanto dicono) di investimenti economici se ne intende: perché non ritirare dalla Sicilia e farli tornare nella loro patria quei diecimila militari (poco più, poco meno, non ha importanza, molti con famiglia al seguito) che stazionano nell’Isola da “residenti”, che per le casse statunitensi hanno sicuramente un alto costo e fruttano poco? E, ovviamente, con il personale militare “ritirare” tutti i temibili e pericolosi ordigni bellici che scorazzano nei cieli, nei mari e nelle terre siciliane?

Ma forse una ipotetica “svolta” simile non sarebbe gradita all’alleato Italiano che fino a ieri (riferimento Renzi) è stato a cena con i Presidenti di turno, seguendo ogni tipo di indicazione che provenisse dalla Casa Bianca.

Il 45° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non è gradito ai noti e consueti establishment sparsi un po’ in tutti i Paesi, e i “perché” sono tanti, primo fra i quali il timore che possa e voglia cambiare realmente l’attuale status quo mondiale. Soprattutto non è gradito a chi da decenni ha auspicato e tramato per un “nuovo Ordine mondiale”.

 

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