Terrorismo: la Sicilia fuori dai giochi pericolosi?

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di Salvo Barbagallo

 

L’allerta sicurezza in Italia è alta come mai è accaduto negli anni precedenti, dopo l’uccisione del terrorista Anis Amri da parte di due poliziotti, uno dei quali Siciliano. Gli investigatori italiani e tedeschi hanno ancora molti punti da chiarire sulla fuga dell’autore della strage di Berlino e, soprattutto, del perché la sua meta finale era l’Italia o qualche regione del nostro Paese dove riteneva di poter essere al sicuro. Ritenere d’essere “al sicuro” (ragionando elementarmente) equivale a dire poter contare su appoggi fidati preesistenti sul nostro territorio. Considerazione (fra le tante espresse e inespresse) che gli inquirenti hanno in esame. Così come ora in molti si chiedono come mai l’Italia (almeno fino ad oggi) non sia stata nel mirino del terrorismo jihadista, a parte le dimenticate e “folkloristiche” minacce rivolte al Vaticano.

Guido Olimpio sul quotidiano Il Corriere della Sera della vigilia di Natale sostiene non a torto che per i terroristi “L’Italia, come la Grecia, è l’inizio del sentiero. Da qui passano e vanno verso Nord, la Francia, la Germania e il Belgio. E lungo la medesima rotta tornano indietro”. Non conviene “toccare” l’Italia a chi vuole mettere in ginocchio l’Europa effettuando stragi: l’Italia è un percorso obbligato per chi deve fuggire dopo avere portato morte e distruzione, ed è utile lasciare il Paese fuori dalla “contesa religiosa”. Guido Olimpio sostiene ancora (e non a torto) alcuni punti fondamentali del perché in Italia non si sono avuti attentati: “In Italia si arriva facilmente e non solo sui barconi (…) Al tempo stesso è facile procurarsi documenti falsi o puliti (…) Le indagini di questi ultimi due anni confermano la funzione dell’Italia come piattaforma «politica», funzione già emersa in modo evidente dalla metà degli anni ‘90 in poi. Centri islamici, alcune moschee, rappresentanti di al Qaeda — come Es Sayed o il nucleo tunisino — hanno creato basi importanti evitando di danneggiare una realtà di proselitismo e finanziamento significativa con ramificazioni globale (…) La città di Bari, fin dal 2009, è stata una sorta di avamposto per i volontari europei che si dirigevano prima in Iraq, poi in Siria. Molti dalle file di al Qaeda sono confluiti nello Stato Islamico (…). Elementi che dovrebbero far riflettere.

Il caso dell’autore della strage di Berlino che ha concluso la sua esistenza terrena a Sesto San Giovanni potrebbe mutare lo stato delle cose, e finire con il rapportare l’Italia alle tragiche condizioni vissute dalla Francia, dal Belgio e dalla Germania.

Nel Paese Italia la Sicilia è fuori dai giochi del jihadismo islamico? Snodo troppo importante, quello costituito dalla Sicilia dove il flusso dei migranti/profughi è non stop e dove, fra le migliaia di fuggitivi disperati, possono nascondersi criminali d’ogni specie che non hanno interesse a “compromettere” un territorio che per loro può costituire una valvola di salvezza per ogni evenienza. Fra l’altro, occorrerebbe ricordare gli Anni di piombo, quando brigatisti rossi e neri venivano a svernare (indisturbati) in Sicilia dopo avere commesso oltre lo Stretto le azioni più delittuose. La mafia? A quella Siciliana (non sottomessa) è subentrata la criminalità nord africana e quella balcanica, che possono diventare sponde chiave per un terrorista, fuggitivo o “dormiente” in attesa d’entrare in azione.

La Sicilia, dunque, è in gioco nella sicurezza probabilmente più di altre regioni e, fra l’altro, ha nel suo territorio molti punti sensibili ai quali (almeno in apparenza) si presta poca attenzione o un’attenzione fin troppo superficiale. Ed ancora: forse si sottovaluta il pericolo che può annidarsi fra innocenti migranti, e il pericolo costituito dalla vicinanza con la Libia…

 

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