Schiacciato dal Referendum, passato inosservato il Med Dialogues 2016

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di Salvo Barbagallo

 

Svoltosi a Roma nei giorni che hanno preceduto la consultazione del Referendum Costituzionale, del “Med Dialogues 2016” si sono avute poche notizie, e se informazioni sono state diramate si sono perdute nei meandri periferici della carta stampata e dei giornali online. Evento importante, così come era stato annunciato dalle agenzie il primo dicembre scorso: Roma per il secondo anno consecutivo è la “capitale del Mediterraneo”. La seconda edizione di “Med Dialogues”, dall’1 al 3 dicembre, affronterà tematiche legate alla crisi migratoria, Siria, lotta all’Isis, ma anche opportunità di crescita economica nel Mediterraneo. I rappresentanti di 55 Paesi tra Capi di Stato, ministri, leader dell’economia, delle organizzazioni internazionali e della società civile discuteranno delle sfide del Mediterraneo, partendo dalle crisi per poi arrivare al tema generale, ovvero “Beyond Turmoil, a Positive Agenda”, essere costruttivi in tempi di disordine e confusione. Ieri i “Med Dialogues” sono stati preceduti da una serie di incontri preparatori: tra gli altri, tavole rotonde tra imprenditori delle due sponde del Mediterraneo, la riunione dell’Aspen European Strategy Group, incontri del Med-Reg (Mediterranean energy regulators) e quella degli esperti di sicurezza del Nato Defence College. Oggi, il via ufficiale alla conferenza attraverso lo sviluppo di quattro focus: prosperità condivisa, sicurezza, immigrazione, media, cultura e società civile.

Med dialogues

Evento importante i cui resoconti si sono perduti chissà dove: inutile cercarli su internet, non si trovano, non ci sono.

Scrivevamo su questo giornale alla vigilia degli incontri, il 28 novembre scorso: (…) Il summit “Med Dialogues” ha avuto il suo debutto lo scorso anno, promosso e organizzato dalla Farnesina e dall’Ispi, con ANSAmed, Rai e La Stampa media partner, e dopo dodici mesi risultati “concreti” dei “dialoghi” aperti se ne sono visti ben pochi. Ora ritornano a incontrarsi (come sottolinea l’Ansa) capi di Stato, ministri, leader dell’economia, delle organizzazioni internazionali e della società civile, fra i quali il segretario di Stato Usa uscente John Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il ministro degli Esteri iracheno Ibrahim al-Jafaari e quello del Qatar Mohammed Al-Thani, il capo del Foreign Office Boris Johnson, il responsabile della diplomazia iraniana Mohammed Javad Zarif, il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, il ministro della Difesa italiano Roberta Pinotti, l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini e (a conclusione del meeting) il premier Matteo Renzi. Non c’è che dire, a livello di “rappresentanze” e di problematiche sul tappeto, come ha sottolineato il titolare della Farnesina: … ci sono difficoltà, ma anche un’agenda positiva che tratti le prospettive mondiali dopo le elezioni Usa, alla sconfitta di Daesh (Isis) sul terreno il prossimo anno, ai grandi temi dell’immigrazione, all’emergenza in Siria. Con un duplice obiettivo politico: affrontare le emergenze con le potenzialità diplomatiche e le potenzialità economiche. E il ministro Paolo Gentiloni, però, ricorda che ci aspettiamo un grandissimo impegno degli Usa nella regione del Mediterraneo, come italiani e come europei, mentre l’Italia sarebbe certamente soddisfatta di un clima di maggiore distensione tra gli Usa e la Russia. Un colpo al cerchio e uno alla botte, quello di Gentiloni, con un savoir-faire da grande diplomatico. Ma occorre dare ragione a Maurizio Molinari quando afferma che gli eventi sfidano le previsioni degli analisti come l’immaginazione collettiva.

Comprensibile l’aspettativa per i risultati di questi “dialoghi” che hanno avuto come punto focale il Mediterraneo e tutto ciò che concerne i Paesi che da questo mare sono bagnati perché (come in più circostanze abbiamo sottolineato) è nel Mediterraneo che si gioca il futuro globale. Questo “futuro” si sta giocando ora, protagoniste le grandi Potenze che non riescono a trovare (o non vogliono?) un equilibrio necessario nella sfida per una leadership mondiale. Anche i Paesi che di certo non sono “grandi” Potenze vanno alla ricerca di un “ruolo” per stare al tavolo delle decisioni. Molte cose sono cambiate nell’arco degli ultimi dieci anni nell’area del bacino del Mediterraneo, e adesso resta solo una costante: la conflittualità fra le Genti. Apparentemente non ci sono più Regole certe per assicurare Pace e convivenza civile (…) Sul piano internazionale le Regole che codificano i rapporti fra Paesi, si chiamano Trattati, che i Governi stipulano per fare rispettare interessi reciproci. Nell’area del Mediterraneo da tempo le Regole sono saltate, le autonomie di diverse collettività nazionali sono state sovvertite spesso con la violenza, il più forte domina sul più debole nella logica del profitto da raggiungere con qualsiasi mezzo, senza guardare al danno che si provoca direttamente o indirettamente. Questo stato di cose, ora come ora, non riguarda, purtroppo, solo i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, ma è esteso globalmente. Oggi non c’è Paese che non debba fare i conti con la propria economia interna, le “rivoluzioni” improvvise non creano nuovi equilibri ma ulteriori, pesanti destabilizzazioni. Alle “primavere” annunciate sono seguiti inverni carichi di dissesti sociali, il verbo coniugato al futuro raramente ha tenuto conto delle difficoltà, individuali e collettive, del presente. Adesso il quadro che si presenta è a forte tinta oscura e sembra che per la luce non ci sia posto. Il futuro è una meta non visibile, la durata del presente è ignota. Il presente si vive male, i problemi non vengono fronteggiati se non ponendo scadenze per un “dopo” che sicuramente molti non raggiungeranno mai.

Ebbene, pur se comprensibile che l’attenzione si sia focalizzata sul Referendum e sulla sua conclusione (inaspettata dal governo Renzi) del “Med Dialogues 2016” si sono perse le tracce. Tranne che l’evento (ma noi non lo crediamo) debba essere considerato un’occasione per una vacanza romana a spese dei contribuenti dei vari Paesi che hanno preso parte agli incontri. La domanda “Cosa ha significato il “Med Dialogues 2016” forse sarebbe opportuno porla all’attuale premier Paolo Gentiloni: fu, infatti, lui a presentarlo nella sua qualità di ministro degli Esteri del Governo Renzi…

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