A Poletti, a Fedeli e ad altri: meglio non avervi fra i piedi…

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di Salvo Barbagallo

 

Giuliano Poletti, ma perché non ti levi dai piedi? Scusi, signor ministro del Lavoro, mi rimangio l’interrogativo, era un modo di dire…

Personalmente, ecco un altro modo di dire, mi sta antipatico, ma ciò non significa che non sia una brava persona e che sia anche una persona competente in materia di lavoro, ma da semplice cittadino mi aspetto da un “ministro” comportamenti formali e sostanziali di un certo livello. Così come da cittadino mi aspetto che un ministro per l’istruzione (riferimento alla Signora Valeria Fedeli) quantomeno sia in possesso non solo di un titolo di studio adeguato, ma soprattutto di “adeguata” competenza del mondo complesso e articolato della Scuola. Così come mi aspetto che un ministro degli Esteri (riferimento al Signor Angelino Alfano) non debba avere bisogno di un interprete al seguito per capire cosa dicono i suoi interlocutori “stranieri”.

Ma quando mai le aspirazioni del cittadino comune vengono prese in considerazione da chi governa il Paese? E quindi la realtà è quella che ci troviamo a vivere quotidianamente. L’esperienza del Governo di Matteo Renzi ha insegnato qualcosa agli Italiani: bugie e promesse hanno le gambe corte. Il Governo Gentiloni/Renzi-bis probabilmente saprà fare di più. E, dunque, dal ministro Giuliano Poletti evidentemente giovani e meno giovani non dovranno attendersi “miracoli” per quanto attiene occupazione e lavoro: non ci saranno “miracoli”, né soluzioni e pertanto quei centomila e passa che si sono visti costretti a lasciare casa e famiglia per non darsi alla disperazione non avranno la possibilità di ritornare perché l’Italia, all’improvviso, si è trasformata in un Eldorado.

Troppo facile, caro ministro Poletti, fare marcia indietro e chiedere “scusa”, affermando  “Evidentemente mi sono espresso male…” dopo avere detto drasticamente in merito alla fuga dei centomila e passa “Bene così: conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi…”.

Giusto il commento di Stefano Fassina dì Sinistra Italiana, che definisce «vergognoso il giudizio del ministro Poletti sui ragazzi e le ragazze costretti a lasciare l’Italia del Jobs Act per trovare un lavoro adeguato e dignitoso. Dopo aver giustificato le elezioni anticipate per evitare i referendum sociali, ora un altro, grave segno di insensibilità democratica e sociale. È ora che lasci il suo incarico…”.

Ancora più marcato il maestro e giornalista Alex Corlazzoli nei confronti del ministro della Pubblica Istruzione: Ai miei bambini insegno che un giorno potranno diventare dei bravi e onesti medici se fin da piccoli si appassionano alla scienza. Quando entro in classe mi immagino che Paolo, innamorato di tutto ciò che riguarda il corpo umano, un giorno possa essere tra quei ricercatori che ci aiuteranno a trovare una soluzione per le malattie rare o il cancro. Ai miei ragazzi insegno ad amare l’arte, a riconoscere le opere di Caravaggio o di Leonardo da Vinci perché tra qualche anno possano essere uomini e donne che si occuperanno dei nostri musei, dei nostri beni architettonici. Cara ministra (come piace farsi chiamare a lei) Fedeli, a loro insegno che non bisogna dire le bugie, che serve essere competenti, che bisogna studiare, sapere non per un voto, non per un dieci ma perché nel nostro Paese abbiamo bisogno di persone competenti, capaci, preparate e oneste. Li faccio incontrare con gli studenti dell’università, li porto negli atenei perché fin da piccoli crescano sapendo che quella laurea non sarà un pezzo di carta da appendere al muro ma la tappa di un cammino che avrà permesso loro di avere le chiavi in mano per accedere ad un lavoro. Ma dico anche a ciascuno di loro che non sarà certo quel diploma o quella laurea a fare di loro dei professori, dei medici, dei legali, dei politici coscienti del loro ruolo…

Forse i nostri governanti dovrebbero tornare a scuola, non tanto per avere un “pezzo di carta” a conclusione dei loro studi, ma per apprendere ad agire nell’umiltà e all’interno delle regole della vita in una società che aspira ad essere civile nella democrazia…

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