Perdute lezioni dal passato: De Gaulle, Carducci, i tre D’Azeglio e…

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di Guido Di Stefano

 

Forse aveva ragione Charles De Gaulle quando auspicava una Europa Unica (più che unita) che abbracciasse tutti i popoli da Lisbona a Vladivostok! Voleva un organismo vivo e al servizio delle genti cui doveva assicurare benessere e serenità, diritti e doveri, libertà e giustizia, pace e fratellanza, luce e progresso. L’unione doveva essere innanzi tutto politica con legislatori e governi eletti direttamente dai popoli e non nominati nelle stanze impenetrabili di “innominati” potenti e non al servizio soprattutto  di entità esterne al continente. La politica avrebbe pianificato l’economia a beneficio di tutti e tenuto sotto controllo il “devastante” (lo dicono i fatti) mondo della finanza, fine a se stessa per la gloria di pochi (dis)umani.

Un sogno meraviglioso il suo ma irrealizzabile, quasi un’utopia poiché all’Europa non ha mai avuto  la forza e la ricchezza  necessaria: la contemporanea reiterata  esistenza di alcune decine di veri statisti, veri uomini giusti  consacrati alla costruzione del bene comune per tutte le generazioni.

A volte ci sembra che il “personaggio” storico non sia stato approfondito bene: forse perché i “demolitori”, non tanto contemporanei (ormai fuori gioco) quanto molti tra i numerosi venuti dopo dovrebbero riconoscere le loro carenze come “statisti  da oggi al futuro” e  accontentarsi della qualifica  di “politici fino alle prossime elezioni”.

I risultati della “visione” europeista imposta ai cittadini sono ben visibili: di fatto governa la Commissione, un organo di nominati; in pratica stati membri hanno intrapreso azioni  militari che si risolvono in danno di altri stati membri (esempio Italia isole per prime); sono state adottate misure economiche varie che di fatto stanno distruggendo interi settori economici di qualche stato membro (Italia isole di più); per non scendere nei pettegolezzi anti-meridione divulgati dai mainstream di regime, spinti fino alle apocalittiche previsioni di futura distruzione nei momenti più delicati per la democrazia (espressione delle volontà popolari).

Non ci fidiamo assolutamente: da chi ogni giorno si definisce giusto e perfetto; da chi demonizza gli avversari o, peggio, chi osa esprimere educatamente un pensiero diverso; da chi (per dirla con Giosuè Carducci) usa dodici parole dove ne basterebbero otto. Che c’entra il numero delle parole? Troppe parole nascondono l’inganno o quanto meno la pochezza dei fatti.

Certamente De Gaulle avrà avuto l’accesso a troppi segreti di stato , specie quelli che hanno preceduto, accompagnato, seguito le due guerre mondiali! Con questa “ipotesi” forse diventa  un  significativo  messaggio per l’umanità quello che noi citiamo come semplice aforisma: “Il potere non si prende, si raccatta”. Chissà cosa si scoprirebbe “riesumando” dalle tenebre i segreti di stato! Forse magari, tanto per fare qualche esempio, che due dittature “occidentali” sono scaturite dal potere “raccattato” per abbandono o “aventino” dei detentori e poi sono cresciute grazie al calcolato (dis)interesse di tanti!

Intanto ci chiediamo: c’è potere raccattato in occidente?  se nelle passate dittature europee i mezzi di informazione furono “allineati”, che cosa sta succedendo ora?

A volte ci vantiamo delle nostre “radici”, della nostra cultura, della nostra democrazia, delle nostre libertà (di stampa per prima)! Ci vantiamo e con i fatti rinneghiamo tutto.

I popoli a cui abbiamo portato con armi e distruzione la democrazia credono ormai che la parola non valga neppure l’aria per pronunciarla o addirittura che sia un sinonimo di guerra.

Se poi leggono  o ascoltano le nostre “verità di regime” non credono neppure all’esistenza della libertà di informazione (studi e statistiche fanno le graduatorie) o peggio ancora non credono che l’occidente sia un “habitat” ospitale per la verità e la democrazia reale. Chi vuole intendere, intenda!

Temiamo proprio che nell’ultimo secolo e mezzo la verità si sia persa nei bui cunicoli del potere. Così tanto per farvi un esempio vi provochiamo con qualche domanda.

Cosa sapete della “giusta” famiglia Taparelli dei marchesi D’Azeglio? Quel poco che ci raccontano nei libri di storia dei regimi che si sono succeduti in Italia e “dintorni”.

Non furono uomini della “provvidenza”!

Massimo Taparelli D’Azeglio era consapevole delle “differenze” caratteristiche dal sud al nord, tutte valide e tutte utili alla costruenda nazione e quindi proponeva un’Italia federale sul modello della Germania. Solo contro tutti si scontrò e soccombette contro una impenetrabile cortina di “rovi” che trovò sodali un po’ tutte le istituzioni, più o meno politiche: pensate che in una votazione (istituzionalmente non politica né economica) tenutasi a Firenze il 23 maggio 1864 su un totali di 50 delegati il “democratico”-politico-diplomatico-pacifico-letterato-artista Massimo  D’Azeglio subì l’umiliazione di un solo voto contro i 45  dell’instancabile guerriero Giuseppe Garibaldi nemico giurato di tutti i (classificati) tiranni di allora, anche se erano disposti a dialogare.

Giuseppe Nepomuceno Roberto Taparelli D’Azeglio, politico e uomo di cultura, lottò anche per le minoranze religiose in Piemonte con una campagna di emancipazione  di Giudei e Valdesi.

Luigi Taparelli (alias Prospero D’azeglio) gesuita, filosofo, sociologo, uomo di vasta-profonda-umana cultura riuscì a “inimicarsi” i Savoia e gli Asburgo perché sosteneva la priorità del dialogo tra governanti e governati onde evitare sanguinosi scontri rivoluzionari e/o guerreschi: sosteneva con convinzione che quando i “governanti” sono disposti ad ascoltare è da rigettare l’uso della forza. Dei Savoia e  degli annessionisti si guadagnò poi un odio mortale avendo osato scrivere che “la Sicilia aveva tutte le carte in regola per essere una nazione indipendente.  Chissà cosa direbbero oggi Rosolino Pilo, morto per una pallottola di rimbalzo alla nuca, e Ippolito Nievo sparito misteriosamente di fronte al golfo di Napoli insieme alle casse di contabilità sulla spedizione dei mille in Sicilia e insieme al vascello che trasportava il tutto! Strano proprio strano: sembra che il frate Luigi sia stato vittima della “damnatio memoriae”!  Certo in un qualche piccolo centro della Sicilia (almeno fino a poco più di tre lustri) era possibile leggere alcuni suoi pensieri su “La Civiltà Cattolica” (in parte sua creatura).

Forse i grandi del passato sono vissuti invano?

Ci turba il linguaggio “irriverente” usato nelle vicende politiche.  Arbitri? Non possono esserci  arbitri in politica perché la “ars politica” al servizio dei popoli non si porta avanti per scontri tra squadre e con una classifica finale. Tralasciamo di commentare l’impossibilità di cambio di “maglietta” negli incontri sportivi. Non condividiamo le “espressioni di arbitraggio” nelle vicende politiche, specie quando vengono utilizzate per “tranquillizzare” il vero sovrano che è il popolo. Insomma diciamolo chiaramente: statisti si nasce e non ci si improvvisa!

Crediamo che sia ora di smetterla con la espressioni melense, trite e ritrite; crediamo che sia ora di smetterla con la ricerca di responsabilità a carico dei “passati del passato” per giustificare i fallimenti di oggi; crediamo che sia ora di smetterla con l’inganno di apocalittiche previsioni e tremende minacce per condizionare le decisioni del popolo sovrano; crediamo proprio che sia ora di interdire ai “falchi” l’accesso alla colombaia per timore di nemici  esistenti solo nei raggiri dei falchi o tra le schiere dei loro “promotori e sodali”.

Chiudiamo con un antico invito a tutti i “gratuiti e impuniti” lapidatori e i “contro-altristi” (i colpevoli sono sempre gli altri dicono) della politica occidentale e italica e sicula (sempre pronti a rifiutare i dialoghi costruttivi e a imporre i loro “diktat”): “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Speriamo che nessuno interpreti alla “lettera” il messaggio e sostituisca le pietre con le bombe.

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