La strage di Ustica e il “sospetto” di Francesco Cossiga

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di Valter Vecellio

 

È da almeno trent’anni che mi occupo, per il mio lavoro di giornalista, della cosiddetta strage di Ustica: il DC-9 dell’Itavia esploso con le sue 81 persone a bordo la sera del 27 giugno 1980. Quelle immagini, i corpi in mare recuperati, e i rottami dell’aereo con certosina pazienza ricostruito, le avrò viste mille volte, nelle salette di montaggio. Ma c’è un’immagine che ogni volta mi emoziona e commuove. È quella di un bambolotto, avvolto in un cellophane: chissà di chi; su quell’aereo c’erano tanti bambini: Daniela, Tiziana, Alessandra Giovanni, Giuliana, Alessandro, Nicola, Maria Grazia, Sebastiano, Francesco, Antonella, Giuseppe, Vincenzo, Giacomo… tutti insieme non fanno cent’anni. Oppure era il regalo per qualcuno in attesa a Palermo, e che da quella sera del 27 giugno 1980 attende verità e giustizia…

C’è poi un’altra immagine, con la quale chiudo quasi sempre i miei servizi, a visiva memoria: sono i giubbotti-salvagente gialli, allineati; ognuno corrisponde a una persona, a una storia, a degli amori, dei sogni, delle vite insomma: sono “solo” 81, e non finiscono mai…

Che cosa sappiamo di quella strage? Sappiamo che il DC-9, che a quell’ora non doveva essere lì; e invece c’era, per via di un non previsto ritardo; e si trova al centro di un episodio di guerra aerea, guerra di fatto e non dichiarata, dice il giudice Rosario Priore.

Sappiamo che quella notte, in volo c’erano molti altri aerei, francesi, libici, italiani, di altre nazionalità; e questo lo dice la NATO.

Sappiamo che non è vero che la base militare francese di Solenzara, in Corsica era chiusa dalle 5 del pomeriggio, come un qualunque ufficio postale, ma era al centro di una intensa attività, aerei in decollo e atterraggio; sappiamo che in quella porzione di Mediterraneo c’era sicuramente una portaerei francese.

Sappiamo che per non aver saputo garantire la sicurezza dei voli è stato condannato il ministero dei trasporti; e sappiamo che per aver ostacolato il raggiungimento della verità è stato condannato il ministero della difesa.

Sappiamo che la strage, come altre, è “segnata” da depistaggi, tradimenti, prove e registrazioni cancellate, segreti di stato, interferenze, prescrizioni che salvano dalla condanna funzionari ed ufficiali coinvolti nell’azione di occultamento delle prove.

Ci sono poi le parole del presidente della Repubblica Mattarella, il messaggio consegnato ai parenti delle vittime della strage di Ustica. Parole su cui dovremmo riflettere più di quanto non si sia fatto.

Dice, il Presidente, che “le democrazie si fondano su valori e diritti che non possono sottrarsi al criterio della verità”. Verità, cioè: conoscenza. E auspica,  testuale, che “si riescano a rimuovere le opacità purtroppo persistenti”. Proprio così: “Opacità purtroppo persistenti”. Persistenti: significa  un qualcosa che permane costantemente nel tempo, si prolunga oltre il previsto, comunque per un lungo periodo. Questo dice il presidente Mattarella; e ognuno ora ne tiri la giusta somma. Buona giornata, e buona fortuna.

Sappiamo che il presidente Francesco Cossiga, a lungo sostenitore della bomba a bordo e della teoria dell’attentato, poi dice che il DC-9 è stato abbattuto, “per errore”, dai francesi.

Da qualche mese sono stati pubblicati i diari che l’ambasciatore Ludovico Ortona, capo ufficio stampa al Quirinale quando l’“inquilino” era Cossiga. Un grosso volume di oltre seicento pagine, La svolta di Francesco Cossiga, Aragno editore. È il diario di un settennato, quello che va dal 1985 al 1992. Arrivo alla pagina 251, 30 settembre 1989:

 “…il Presidente si apre oggi un po’ di più su Ustica, e ci dice che ormai se, come sembra, si riduce il campo delle responsabilità a tre paesi che avrebbero lanciato il missile, gli USA, la Francia o la Libia a suo avviso non si può che nutrire sospetti sui francesi. Infatti, certamente gli americani con il loro moralismo puritano avrebbero tirato fuori qualcosa in nove anni. Dei libici non gli pare credibile. Invece nutre sospetti su come operano i francesi e su come saprebbero mantenere il segreto….

Confidenze fatte, ripeto, il 30 settembre 1989. A Parigi, nel frattempo sono cambiate tante cose. Ma i segreti sanno conservarli sempre molto bene.

LA VOCE DI NEW YORK

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