Dipendenti regionali: casta di privilegiati? Parola al sindacalista

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Nella Regione degli sprechi, ci sono oltre cinquemila famiglie di dipendenti regionali legati a doppia mandata agli ottanta euro di Renzi.

Sembra impossibile, ma è proprio così, il paradosso di una Regione che passa per sprecona, corrotta e collusa, vede nell’immensa platea dei suoi dipendenti, migliaia di persone che, pur svolgendo ogni tipo di mansione prevista da un contratto di lavoro scaduto nel 2005,  vivono al di sotto della soglia istat di povertà e usufruiscono del bonus fiscale Renzi, pari a 80 euro  legato, come ben noto a Legge Finanziaria nazionale e quindi, alla volontà del politico di turno.

Ma come è possibile, allora legare questi concetti con l’impressione ormai consolidata che lega in maniera indissolubile il dipendente regionale a stipendi da favola e repellente alle responsabilità del proprio lavoro?

La radice del problema sta in alcuni concetti semplicissimi, di facile comprensione. Il blocco assoluto della possibilità di carriera, la mancanza di alcuna forma di riconoscimento rispetto a professionalità nel tempo acquisite e la mortficazione sistematica di tutti quei processi che rientrano nella sfera dei modelli comportamentali tra datore di lavoro e lavoratore, sanciti in tutte le ormai obsolete normative che regolamentano i rapporti di lavoro dipendente ed in ultimo, la totale mancanza di interesse che la Regione Siciliana ha dimostrato negli anni verso i propri servitori, quei dipendenti abbandonati nel tempo al pubblico ludibrio, sempre allo scopo di omogeinizzare situazioni paradossali ed ormai non più difendibili o tantomeno giutificabili.

Ed è così che ci si ritrova in presenza di Uffici dove la pulizia è una chimera, dove l’igiene è un lusso e la civile coesistenza diventa impossibile, ci si ritrova in uffici vetusti, dove la parola manutenzione è un astratto , cadenti e transennati alla stregua di vecchi ruderi che fanno rivivere il tempo che fu.

Di tutto ciò, chiaramente, chi ne trae lo svantaggio maggiore è l’utente ignaro, farcito di menzogne che gli vengono inculcate dalla disinformazione più bieca e falsa, irrorato di false notizie ed al quale, per ovvi motivi, poco importa se l’impiegato che ha davanti dopo venti anni di servizio presso la medesima amministrazione percepisce uno stipendio di mille euro al mese, convinto come è, che parla con un nababbo viziato e garantito fino ala morte,  visto che anche dal punto contributivo la situazione è drammatica, e pertanto si dovrà rimanere in servizio fino al compimento dell’ottantesimo anno di età.

Ma se in questa società malata e vittima dei veri potenti, quelli che fanno le regole facendo finta di non conoscere ciò che li circonda, il punto di riferimento, il punto di arrivo, il non plus ultra, è diventato il dipendente regionale, garantito  e coccolato finché morte non lo separi dalla scrivania, allora bisogna riflettere seriamente su che cosa significhi il termine punto di riferimento, per noi, per i nostri figli tutti coloro ai quali ce la sentiamo di augurare quaranta anni di lavoro a mille euro al mese e l’odio garantito da chi, volutamente manipolato, guarda con sdegno chi presta il suo lavoro per servire senza pensare troppo che domani è come oggi e come ieri.

Questo è il punto di arrivo, non un punto di partenza purtroppo, mille euro al  mese anche se in farmacia ne spendi un terzo perché gli anni passano per tutti, e allora, sperare di rimettere in piedi l’economia, sperare di fare aumentare la domanda interna, sperare in un futuro migliore per tutti , insomma, rimane una chimera.

 

                                                                                                                                                Orazio Zappalà

                                                                                               Segretario Provinciale di Catania

                                                                                                 Sindacato Autonomo Dipendenti Regione Sicilia

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