Premio Internazionale in onore dei martiri dello Stato “Livatino – Saetta – Costa”

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di Giuseppe Stefano Proiti

 

E’ ormai divenuto un “rito ordinario”, per dirla in termini di legge, il Premio Internazionale in onore dei martiri dello Stato “Livatino – Saetta – Costa”, promosso dal Comitato Spontaneo Antimafie di Riposto e diretto dal prof. Attilio Cavallaro.
Lo scorso mercoledì alle ore 9.00, nella sala conferenze della casa circondariale di Bicocca (Ct), in un’atmosfera di sobrietà e raccoglimento, ha avuto inizio la 22esima cerimonia di commemorazione della morte del dr. Rosario Angelo Livatino, Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura di Agrigento. Era il 21 settembre del 1990 quando il “Giudice Ragazzino” venne assassinato dalla mafia mentre si recava sul posto di lavoro. Ad attenderlo al passo, quattro uomini della “Stidda” che aprirono immediatamente il fuoco. Livatino, ferito, provò a scappare per alcune decine di metri, ma poco dopo si udirono altri spari. La luce del suo volto si spense per sempre, ma continua a brillare negli occhi di tutti quelli che scorsero in lui prima che un’incrollabile fede, la fermezza del suo impegno nel lavoro, condotto con altissimo senso della giustizia. Ricorda poeticamente il suo valore immenso di uomo e la sua lungimiranza di magistrato, l’amico premiato dr. Roberto Pennisi – Sost. Proc. della Repubblica, Consigliere della Direzione Nazionale Antimafia di Reggio Calabria – ponendo l’accento su questo punto: prima ancora che il dottor Giovanni Falcone qualche anno dopo lo acclarasse, Livatino riuscì a provare con la sua squadra investigativa, quel particolare legame tra il reato di emissione di false fatture e la creazione di fondi neri da parte della mafia.
“Paradossalmente – aggiunge Pennisi – è stata una fortuna che il piombo assassino lo abbia falciato quel giorno lungo la superstrada Caltanissetta/Canicattì, perché altrimenti sarebbe stato ucciso da altro tipo di piombo, e di lui non si sarebbe parlato. Come tanti giudici che vengono freddati ogni giorno da quell’altro tipo di piombo e dei quali non si parla. Quindi esistono gli eroi? Certo. E chi è eroe? Eroe è colui che fa in silenzio il proprio dovere e del quale non si parla. E’ la morte che fa gli eroi. Se di una persona in vita si dice che è un eroe, credetemi, non lo è certamente, e non lo sarà neppure dopo la morte”. Esplodono gli applausi, in un’aula gremita, per il “Dottore delle Ecomafie” che giurò fede allo Stato assieme al collega Livatino nel 1978.

Il Procuratore Capo di Napoli dr. Giovanni Colangelo premiato dall'avv.to Corrado Labisi (Presidente onorario del Comitato Spontaneo Antimafia "Livatino - Saetta - Costa")
Il Procuratore Capo di Napoli dr. Giovanni Colangelo premiato dall’avv.to Corrado Labisi (Presidente onorario del Comitato Spontaneo Antimafia “Livatino – Saetta – Costa”)

E’ certamente di un valore simbolico eccezionale il consegnare un premio all’impegno sociale dentro le mura di una struttura carceraria che ha fatto la storia: “Il nostro istituto ospita circuiti di alta sicurezza e da qui sono passati i maggiori capi cosca del catanese e della Sicilia orientale”, afferma il Direttore del penitenziario Giovanni Rizza. Ma questa metafora del carcere ci è ancora più utile al fine di comprendere cosa sia la LEGALITÀ per l’ospite più illustre fra i premiati di quella giornata: il Procuratore Capo di Napoli, dr. Giovanni Colangelo. “La legalità non va vista come un criterio astratto che implica delle limitazioni. La definizione più efficace io l’ho trovata in una frase detta pubblicamente da un’adolescente, figlia di un boss in regime di detenzione speciale ex art. 41 op, presente in un libro sulla ‘ndrangheta di Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino: “Non so cosa sia la legalità, ma posso dirvi cos’è per me l’illegalità. L’essere privati della libertà di vivere nella normalità con i miei coetanei, di vivere serenamente in una famiglia, di godere dell’affetto di un padre”. Di qui l’alto richiamo, in un ampio respiro, alla parola LIBERTÀ, come l’esplicazione più semplice, immediata e concreta del concetto di legalità, come lo spazio più ampio in cui ciascuno di noi è libero di esercitare le proprie potenzialità.
“Io credo che questo sia il momento di attuare cambiamento, il momento in cui la legalità venga quotidianamente praticata da tutti i cittadini senza atti di eroismo ma con semplici gesti di rispetto delle regole e del prossimo. Solo così è possibile costruire una società più civile.
Badate: Antonino Saetta, assieme agli uomini della Polizia e dei Carabinieri, ha sempre lottato soltanto per compiere fino in fondo il suo dovere. Lo stesso fece Gaetano Costa, che ha sempre difeso la libertà, da giovane, da partigiano, da uomo dello Stato. E poi Livatino, che non indietreggiò di un centimetro di fronte alla paura, pur essendo un giovane. Oggi commemoriamo questi tre grandi uomini che hanno dato la vita per lo Stato, e soprattutto perché fosse resa giustizia alle vittime dei reati. Purtroppo la Sicilia annovera una lunga schiera di eroi che nella quotidianità hanno dimostrato fedeltà al proprio dovere e senso di appartenenza alla propria terra. E’ importante tenere viva la memoria di queste persone perché il tempo tende a cancellare il ricordo, e ciò significa lasciare soli coloro che lavorano per le istituzioni. Un magistrato è spesso solo nella sua attività professionale, solo con la sua coscienza nel momento più delicato, quello della decisione. E la solitudine se si coniuga alla mancanza di un sostegno da parte della società civile, diventa terribile. Questo è quello che Livatino, Saetta, Costa, e tanti altri, hanno vissuto: la loro solitudine si è tradotta con il supremo sacrificio. Ma chi compie questi gesti nefasti dimentica che il sangue delle vittime genera esempio e nuove possibilità di riscatto di una terra, di un popolo. Così è avvenuto; perché passati i periodi delle stragi, la battaglia che oggi si preannuncia nei confronti della criminalità organizzata è prima di tutto culturale. Mi rincuora sapere che da parte della gente vi è una maggiore consapevolezza del fenomeno. La consapevolezza è conoscenza e la conoscenza è lo strumento più potente che si ha par cambiare il mondo: “A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti” (Ugo Foscolo – Dei Sepolcri). Il ricordo di questi eroi sia per noi un esempio illuminante, una fonte d’ispirazione, un segno da portare avanti. L’uomo, a differenza degli esseri non pensanti, abita il presente ma vive proiettato nel futuro. Ebbene, il futuro, dipende da quello che noi oggi facciamo”.

Il giornalista e massmediologo Klaus Davi premiato dall'avv.to Giovanni Macrì (Segretario del Comitato Spontaneo Antimafia "Livatino - Saetta - Costa")
Il giornalista e massmediologo Klaus Davi premiato dall’avv.to Giovanni Macrì (Segretario del Comitato Spontaneo Antimafia “Livatino – Saetta – Costa”)

Si prende sicuramente la scena centrale del Premio Livatino – Saetta – Costa il noto giornalista e massmediologo Klaus Davi che spezza i toni pacati del dr. Colangelo scatenando a gran voce la sua indignazione: “Ma veramente un condannato in primo grado per traffico di esplosivo, può permettersi di girare a piede libero, di insultare le forze dell’ordine e i collaboratori di giustizia, di minacciare di morte un giornalista sui giornali, senza che accada nulla … nulla … nulla? Anzi, per di più, riceva da molti approvazione sociale? Ci vuole una svolta culturale. Io mi ribello a questa società così “funzionante”. L’informazione deve essere libera! Non è ammissibile che nel 2016 sia serva di chi gli detti l’agenda. La battaglia contro la mafia si vince sul piano del diritto, ma è solo un primo passo … gli altri 99 dobbiamo farli tutti assieme”.

Tanti, altresì, i nomi altisonanti che sono stati insigniti del premio: il pm antimafia di Napoli, dr. Catello Maresca (da anni in prima linea nella lotta alla camorra), il dr. Roberto di Palma (Sost. Proc. Repubblica di Reggio Calabria), il dr. Raffaele Grassi (Questore di Reggio Calabria), il dr. Carmine Esposito (Questore di Bari), il Prefetto dr. Santi Giuffrè (Commissario governativo antiracket e anti usura), il prof. Nicolò Mannino (Presidente del Parlamento della Legalità Internazionale), Ottavio Tretoli (primo vigile del fuoco che ha salvato tante vite nel disastro ferroviario di Andria), l’emittente televisiva Lac della trasmissione “Gli Intoccabili”, il giornalista Nello Rega dell’emittente “Tele Norba”, la fondazione onlus Carlo Enrico Giulini, il dr. Salvatore Campo dell’ASIA (associazione spazio interiore e ambiente), il dr. Francesco Frazzetta (medico ufficiale di CRI e delegato regionale dell’ANCRI (ass. naz. “Cavalieri della Repubblica italiana”), il poeta/giornalista licodiese Salvatore Luigi Di Stefano, la scrittrice Annamaria Brancato e alcuni imprenditori che si sono opposti alla piaga del pizzo, tra cui il belpassese Salvatore Fiore.

L'avv.to Giovanni Macrì premiato dall'ex sindaco di Corleone Lea Savona e dal prof. Attilio Cavallaro (Presidente del Comitato Spontaneo Antimafia "Livatino - Saetta - Costa")
L’avv.to Giovanni Macrì premiato dall’ex sindaco di Corleone Lea Savona e dal prof. Attilio Cavallaro (Presidente del Comitato Spontaneo Antimafia “Livatino – Saetta – Costa”)

Presente, infine, con la determinazione di sempre e il suo sguardo limpido, l’ex sindaco di Corleone Lea Savona – recentemente dimissionata dall’incarico con decreto ministeriale per presunte infiltrazioni mafiose – la quale ha consegnato il premio Livatino all’avv.to Giovanni Magrì, del foro di Enna, legale di fiducia che l’assiste nella vicenda.

L’incontro si chiude con parole piene di emozione, ma amare, dell’onorevole e giornalista Maria Fida Moro, figlia dello storico leader D.C. Aldo Moro: “Perdonare è scegliere la vita sul rancore che ci distrugge. Non riesco ad accettare l’idea che in Italia per compiere qualcosa di buono si debbano attraversare queste orrende vicende. Una cosa che ho imparato è il terribile ruolo che i buoni hanno nei confronti del male”.

Livatino portava con se, ovunque, la coroncina del Santo Rosario e ogni giorno la stringeva fra le mani per recitarlo. Nel suo nome era già scritto il cammino da seguire – è in corso il processo di beatificazione – ma quando “predicava” la legge lo faceva nel senso più laico del termine: “Alla fine non ti chiederanno quanto sei stato credente, ma quanto sei stato credibile” (Rosario Angelo Livatino)

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