Per Matteo Renzi Catania è una “zona di guerra”

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di Salvo Barbagallo

 

Non c’è che dire, al premier Matteo Renzi è concesso tutto, anche di trasformare una città, Catania, in “zona di guerra” per due settimane. L’occasione? La cosiddetta Festa nazionale dell’Unità che, innanzitutto, ha pregiudicato la funzionalità della Villa Bellini, classificata luogo di fuga dei cittadini per un eventuale evento sismico, bloccandone le principali entrate e lasciando “libero” un unico ingresso, quello di via Etnea, “filtrato” da decine di agenti di polizia, militi dell’Arma dei Carabinieri e uomini della Guardia di Finanza. Una festa che si è potuta definire “privata”, visto il pesante controllo non solo per l’accesso alla location offerta dal sindaco Enzo Bianco che non ha tenuto in alcun conto la volontà della collettività, ma soprattutto per i provvedimenti presi dalle Autorità nel corso dei quattordici giorni: manifestazioni vietate (da quella richiesta dall’ANPI, a quella richiesta dagli esponenti politici del centrodestra, a quella degli insegnanti o del Movimento No Muos, eccetera), rimandata ieri la partita di calcio, zone rosse nelle arterie che costeggiano i giardini pubblici dove è stato interdetto il parcheggio, altissima mobilitazione dei mezzi delle forze dell’ordine che hanno pattugliato come non mai la città. La motivazione per questo “stato di guerra”? Il timore di incidenti superiori a quelli verificatisi nei G8 e quindi misure di prevenzioni adeguate.

Bene: Catania considerata “area bellica”, Catania “città straniera” visitata dal premier del Paese Italia a conclusione della festa: la mobilitazione finale con oltre duemila uomini (Polizia, Carabinieri, Finanza, Vigili urbani) un cordone di sicurezza inaudito a 360 gradi per oltre un chilometro e mezzo attorno alla Villa Bellini, strade principali interdette al traffico (via Etnea, via Umberto, piazza Roma, San Domenico, via S. Euplio, stradine che le intersecano bloccate), Circonvallazione presidiata ad ogni incrocio, eccetera, via vai di elicotteri di Polizia e Carabinieri nel cielo a controllare dall’alto i trecento (o poco più) manifestanti/oppositori prima bloccati a piazza Jolanda e poi lasciati scorrere per via Umberto quasi in concomitanza con l’arrivederci di Matteo Renzi al popolo Dem (pro e contro) confluito in massa nel piazzale centrale della Villa per ascoltare le sue illuminate parole. Inevitabile lo scontro tra i manifestanti allorché da via Umberto sono giunti  all’incrocio di via Etnea fortemente presidiata dalle forze dell’ordine: due giovani sono stati fermati dalla polizia e portati in Questura. I manifestanti hanno continuato a fronteggiare agenti di polizia, carabinieri e finanzieri in assetto antisommossa, bloccando in pratica il deflusso dalla Villa delle diverse centinaia di persone. Al momento di questi tafferugli, avvenuti nel tardo pomeriggio, ovviamente, il premier Matteo Renzi aveva concluso il suo discorso e lasciato i giardini pubblici.

Ancor prima che il premier ieri arrivasse a Catania, emblematica la domanda di un turista di fronte al cancello principale dei giardini pubblici (?): C’è stato un colpo di Stato? Domanda legittima perché (per quanto si è visto in tv) neppure nella Istanbul di Erdogan dopo il fallito golpe si è notato un tale dispiegamento di forze dell’ordine fatte confluire in massa nel capoluogo etneo da Palermo e da altre città dell’isola. E neppure in Sicilia si è mai verificato un “evento” simile, né al tempo delle Br, né al tempo delle contestazioni a Comiso contro i missili Cruise, né al tempo dell’operazione “Vespri Siciliani” promossa dall’allora ministro Salvo Andò per contrastare la mafia.

Catania ha, insomma, presentato il volto inedito di cosa significa una dimostrazione di forza di un Governo che può (se vuole) mettere in archivio la parola “democrazia”.

La “realtà” che ha mostrato questa Festa nazionale dell’Unità? È quella che l’unità tra Sicilia e Italia non esiste. Lo ha dimostrato lo sconosciuto che nei giorni scorsi a Marsala (città da dove l’11 maggio del 1860 partì la “missione” militare dei Mille dell’eroe dei Due Mondi che si concluse con l’Unità del Paese) ha scritto “Pirata assassino” sul monumento marmoreo di Giuseppe Garibaldi eretto in piazza della Vittoria; lo ha dimostrato lo stesso Matteo Renzi che sabato scorso (9 settembre) ha sottoscritto ad Agrigento un “nuovo” Patto con la Sicilia”, un’intesa che vale cinque miliardi e 750 milioni di euro che prevede un piano di investimenti per il rilancio dell’Isola (?)…

Il premier Matteo Renzi non ha fatto altro che “perpetuare” la “linea” che Roma ha tenuto sempre nei confronti della Sicilia dalla fine del secondo conflitto mondiale: firmare Patti che poi, sistematicamente, vengono disattesi. Dal primo Patto, quando venne concessa l’Autonomia con Statuto Speciale alla Sicilia (Autonomia e Statuto mai applicati) concluso con i potenti isolani per eliminare il Movimento indipendista, ai Patti occulti Stato/Mafia, ai Patti per la militarizzazione da parte degli USA dell’isola (Sigonella, Muos, eccetera), ai Patti sulle concessioni petrolifere, eccetera.

Che dire d’altro? D’altro, e tanto, c’è da dire, ma dopo che la maggior parte dei  catanesi avrà smaltito l’amarezza per la limitazione alla loro Libertà nel corso dei 14 giorni della Festa “privata” dell’Unità, e dopo che avrà ringraziato per questo dono inusuale il primo cittadino, Enzo Bianco…

FOTOSERVIZIO DI ORAZIO BONFIGLIO


 

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