Dietro le quinte della Festa nazionale dell’Unità a Catania

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Al terzo giorno dalla chiusura della Festa nazionale dell’Unità (!) a Catania il capoluogo etneo (ora Città Metropolitana) ha ripreso il suo consueto tran-tran: è già archiviato tutto, i cittadini possono entrare tranquillamente nella “pubblica” Villa Bellini senza essere perquisiti, senza essere detectorizzati da agenti di Polizia o Carabinieri. La “Festa” è finita e chi non ha partecipato ma ha avuto modo di “seguirla” sulle pagine del quotidiano locale, o su quelle libere dei giornali online avrà potuto commentare liberamente l’evento “privato” del PD. Non fanno storia i tafferugli dell’ultima sera, quella di domenica scorsa 11 settembre, verificatisi quando il premier Matteo Renzi era già lontano, diretto verso altre mete, così come non fanno storia gli scontri tra manifestanti dell’indomani a Napoli, sempre in occasione di una visita di Matteo Renzi. Le contestazioni non fanno “storia” soprattutto perché non cambiano lo stato delle cose, perché chi governa il Paese le ha messe in conto e incurante tira dritto per la sua strada, perché ciò che “vale” è quanto riferito dai mass media accreditati (?), quelli che divulgano (per esempio) i discorsi e le battute del premier prima ancora che le pronunci.

renNon siamo andati a vedere lo show tenuto alla Villa Bellini a conclusione della “Festa” dei Dem, abbiamo preferito annotare quanto si verificava “fuori”, nella città, e lo abbiamo documentato anche con le immagini: Catania una città “occupata” dalle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Finanza) che (come giustamente è accaduto) sono state elogiate per il loro positivo lavoro. Poco importa che l’impressione ricavata (soprattutto da parte dei turisti e dei forestieri) fosse quella di una città “sotto assedio”: le impressioni non fanno notizia, né storia. Così, direttamente non abbiamo seguito né il discorso del premier Matteo Renzi, né quanto effettivamente si è verificato all’interno dei giardini pubblici. Così abbiamo potuto apprendere quanto accaduto solo attraverso i vari “resoconti” dati dalla stampa, e fra i tanti “resoconti” riteniamo più che interessante quello di Alessandro Sofia per “newsicilia.it”, che ci sembra opportuno riportare integralmente per il suo contenuto che mostra una delle tante facce poco note della Festa nazionale dell’Unità a Catania. (S.B.)

 


 

ren2Renzi a Catania, l’on Burtone buttato fuori

Alessandro Sofia per “newsicilia.it

Giovanni Burtone non ne può più. Completo carta da zucchero impeccabile, capelli e baffi brizzolati perfettamente in ordine, ci prova. E sfonda la barriera che lo divide dalla meta agognata, la zona ipersupermegaextrariservata dove si trova Matteo Renzi, quella dove due giovani dello staff organizzativo hanno da poco fatto penetrare due guantiere gonfie-gonfie di dolci.

Siamo all’interno della Villa Bellini, dove ha appena terminato di parlare il presidente del Consiglio che tiene in mano anche le sfilacciate redini del Pd. Esattamente ci troviamo sotto il palco dove ha parlato Renzi, nella zona riservata che precede quella ipersupermegaextrariservata. Non si passa. Nemmeno se sei del Pd parte integrante, rappresentante coi galloni, sacca di voti deambulante. Oltre le transenne restano appiccicati come insetti alla ragnatela deputati nazionali, deputati regionali, dirigenti di partito, sindaci, assessori, consiglieri.

Renzi è inavvicinabile. Renzi, che sul palco ha parlato di coesione e rispetto per chi fa parte del Pd, snobba chi del Pd in Sicilia fa parte in missione permanente. Così ecco Burtone lo sfondatore. In silenzio, come se nulla fosse, senza protestare, si apre un varco che manco Jonah Lomu, il compianto mito degli All Blacks. Ma viene intercettato ad un passo dal successo, così come documenta il video che possiamo mostrarvi in esclusiva.

Fra lo stupore di volontari ed addetti al varco, il responsabile si catapulta per intercettarlo. Ovvi “Ma guardi che io sono l’onorevole Giovanni Burtone”, “Sono un deputato nazionale del Pd”. Niente. Nulla da fare. Il responsabile con gentilezza spiega che esegue direttive precise. Quindi, per Renzi gli insetti devono restare appiccicati alla ragnatela. Quindi, Burtone viene buttato fuori. Anzi, si butta fuori, evitando la mortificazione ulteriore di essere scortato al varco. Senza riuscire a camuffare del tutto l’evidente imbarazzo che lo confonde, il deputato catanese non si raccapezza e dopo un paio di tentativi esce da dove era entrato senza permesso.

È accaduto poco dopo quel che vi mostriamo ancora con un video in esclusiva. Godetevelo. L’uomo con le vene del collo al limite dell’implosione mentre sbotta contro il malcapitato responsabile del varco che sta mietendo più vittime di quello delle Termopili è Mimmo Bannò. Quando lo avviciniamo prima ci dice: “Va tutto bene. Ma no, non mi sono arrabbiato. Non è successo alcunché di rilevante”. E per rendere credibile l’interpretazione abbraccia una persona a caso, a lui sconosciuta, che ha assistito alla scena e sorridendo spara “Visto? Siamo serenissimi. Noi del Pd discutiamo, non litighiamo”.

ren1Gli diamo il tempo di riprendere fiato e gli riveliamo che abbiamo visto tutto e pure registrato. Così, Mimmo Bannò trova pace con se stesso. E confessa… “Sono un membro della Commissione regionale di Garanzia del Pd – ci spiega – sono un dirigente del partito ed uno dei più attivi, fedeli. Volevo condurre con me una delegazione giunta dall’ennese per chiedere a Renzi un impegno per un incontro, un incontro vero, nel quale parlare dei problemi veri della Sicilia, al contrario di quello che si è fatto oggi. Non si fa così. Noi siciliani meritiamo rispetto”.

Bannò è stato bannato. Ci concediamo la battuta. Che, considerato lo scenario grottesco in cui ha chiuso il battenti la prima festa nazionale del Pd in Sicilia, ci sta, eccome. Il Pd è tutto in quel recinto dove per entrare e puntare al recinto ipersupermegaextrariservato bisognava essere raccomandati. Davvero. L’addetto al passaggio non aveva una lista o un rappresentante dello staff accanto che lo aiutasse a comprendere se chi gli si parava davanti avesse l’autorizzazione per accedere.

Così anche lo staff di Enzo Bianco è rimasto fuori. Proprio così. Giovanni Iozzia e Giuseppe Lazzaro Donzuso sono stati bloccati. “Io non vi conosco”, ha detto sincero un volontario dell’Aeop, l’Associazione Europea Operatori di Polizia, che fa parte della Protezione Civile e non si capisce per quale oscuro motivo sia stato messo di guardia ad una zona riservata non si sa a chi.

Sì, non si sa a chi. Perché si entrava per fischio, schioccare delle dita, pacca sulla spalla, strattonamento della giacca, artigliamento dell’avambraccio, abbraccio, cozzata, stretta di mano. Tutto visto coi nostri occhi. E nel momento in cui si sono presentati i due membri dello staff di Bianco nessuno ha fatto un cenno, manco una strizzata d’occhio provocata da un granello di polvere sospinta da un refolo di vento.

Nel frattempo chi, dopo avere implorato che il messaggio su Whatsapp fosse letto o dopo avere urlato al telefono per farsi sentire nella canea, riusciva a beccare l’amico giusto, che giungeva in soccorso rassicurando il volontario. Ci riusciranno soltanto più tardi, i due dello staff del sindaco di Catania a passare. Dopo avere fatto la telefonata riscattatrice. Perché si fa così. Perché così insegna la Festa dell’Unità: bisogna avere l’amico buono, quello che mette la giusta parola, che ha le conoscenze giuste. Soltanto così si ottiene di passare. Soltanto così si ottiene.

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