Il burkini a mare trasformato in “caso” internazionale

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Mentre un anno fa diventava famosa una ragazza in bikini che prendeva il sole nel parco di Reims e che veniva assalita da altre donne per aver mostrato “troppo”, oggi in Francia si vieta alle donne musulmane il “burkini”

 

Di Valter Vecellio

Mai stati a Reims? Bella città, nel dipartimento della Marna nella regione francese della Champagne-Ardenne. Non piccola, non grande, buona la birra; una bella Cattedrale del XIII secolo, architettura gotica, facciata impreziosita da mille decorazioni, e un paio di torri tronche che svettano. Potete fare anche un salto a palazzo di Tau, risale al XVII secolo, ospita il Museo e il tesoro della cattedrale; e poi l’abbazia di Saint-Remi, con la sua sala capitolare e le collezioni gallo-romane. Nella cattedrale di Reims, costruita dove il re dei Franchi Clodoveo viene battezzato dall’arcivescovo San Remigio si sono celebrate le incoronazioni di quasi tutti i re francesi; Giovanna d’Arco, dopo la vittoria di Orléans e la liberazione del re, “esiliato” a Bourges, accompagna Carlo VII a Reims per la cerimonia d’incoronazione. Mal gliene incoglie: sorpresa e catturata dai Borgognoni, giudicata per eresia, la diciannovenne Pulzella viene arsa viva nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen.

vic2A noi però Reims interessa per un’altra storia. Un anno fa, una calda giornata di sole, una procace ragazza ventenne decide di stendere un telone da spiaggia sul prato del parco Léo-Lagrange, per prendere un po’ di sole, in bikini. Reims, un anno fa, per qualche giorno, diventa famosa per la ragazza in bikini che prende il sole nel parco. Perché mentre si abbronza, ecco spuntare cinque donne; guardano storto la ragazza in bikini. Quel bikini lo giudicano troppo succinto, uno “scandalo” quella parte del seno scoperta, e le natiche… Offesa al pudore. Una delle cinque inveisce: “Vada a rivestirsi, svergognata!”. La ragazza non ci sta: “Io mi vesto come mi pare”. Una parola tira l’altra, e finisce in rissa, a cazzotti; la ragazza in bikini soccombe, finisce al pronto soccorso. Le bisbetiche “poliziotte” della morale per “convincere” la ragazza a rivestirsi l’hanno presa a pugni, schiaffi e calci.

Non sembra ci sia stato un particolare movente religioso alla base del pestaggio; tuttavia l’associazione “S.O.S. racisme” convoca una manifestazione in costume da bagno nello stesso parco, per riaffermare la radicale libertà di abbigliamento, tenuta da spiaggia inclusa.

Siamo all’oggi. Chissà che fine hanno fatto le cinque energumene, e tutto sommato, chissenefrega. Quanto alla ragazza in bikini, è da sperare che in questi giorni stia prendendo il sole  e sempre con quel costume, se così le va di fare. Nel frattempo, prima Cannes, poi Villeneuve-Loubet e Sisco (le prime due località balneari in Costa Azzurra, il terzo un paese della Corsica), si emettono ordinanze contro l’utilizzo del “burkini” in spiaggia. Chi lo indossa rischia una multa di una quarantina di euro. Il quotidiano Nice Matin annuncia: ”È vietato l’accesso alle spiagge e ai bagni alle persone che non hanno una tenuta corretta, rispettosa del buon costume e della laicità, che rispetti le regole d’igiene e di sicurezza dei bagnanti nel dominio pubblico marittimo. Indossare abiti durante il bagno ha una connotazione contraria a questi principi ed è altrettanto vietato… Una tenuta da spiaggia che ostenta un’appartenenza religiosa, in un momento in cui la Francia e i luoghi di culto sono attualmente al centro di attacchi terroristici, rischia di creare problemi di ordine pubblico che è necessario prevenire”.

Puntuali le polemiche. Passi per il “buon costume” anche se i confini sono sempre opinabili; benissimo l’igiene, ma che c’entra l’igiene con l’ostentazione di appartenenze religiose? E non strappa un sorriso che problemi di ordine pubblico possano insorgere da un “burkini”?

vecOra non c’è dubbio che se una donna viene costretta ad abbigliarsi con abiti che non vuole indossare, il suo “non volere” va rispettato, tutelato, garantito, e questo senza “se” e senza “ma”. Ma nel caso che la donna, in scienza e coscienza, voglia indossare quegli abiti, in spiaggia, in un parco, o ovunque, chi è chi per impedirglielo?

Non si possono accampare ragioni di “laicità”; se il burkini è ostentazione di appartenenza religiosa, ci si addentra in un terreno estremamente scivoloso. Vale solo per il burkini? Ovvero, nel caso di bagnanti particolarmente barbuti, si farà forzosamente uso alle forbici del barbiere, verranno multati, se vogliono andare sul bagnasciuga? Sempre per paradosso: è ostentazione di appartenenza religiosa la catenina al collo con la Madonnina o San Giuseppe?

La Francia è stato il primo paese europeo ad imporre il divieto di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici; e la Corte europea dei diritti umani stabilisce che questo divieto non viola il diritto alla libertà di religione o quello al rispetto della vita privata. La motivazione però non accampa questioni di laicità o “appartenenza religiosa”; parla di divieto di “dissimulazione del volto nei luoghi pubblici”. Ci si può stare. Ma non è il caso del “Burkini”.

Un anno fa la mobilitazione per il diritto di prendere il sole in bikini in un parco. Oggi si pensa di limitare in qualche modo il burkini in spiaggia. Perché nel primo caso si invoca il diritto a poterci vestire come ci pare, diritto che nel secondo caso viene meno?

Davvero qualcuno crede fare la faccia feroce nei confronti di chi indossa il “burkini” sia azione di contrasto con il terrorismo? Non è vietando il “burkini” che avremmo evitato le stragi che hanno insanguinato la Francia, da Charlie Hebdo fino a Nizza… È evidente che ben altro si deve mettere in cantiere contro il fanatismo  terrorista islamico. Ma dev’essere proprio questa “evidenza” forse che impedisce di “vedere”. Ma qui, il dubbio: si vuole poi “vedere”?

La Voce di New York 18 agosto 2016

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