Ok alle Unioni Civili, ma Libia e Siria?

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di Luigi Asero

Il Parlamento, o quel che ne sta rimanendo, ha approvato la legge Cirinnà sulle unioni civili. Esultanza a gogò e felicitazioni. Che la tematica fosse importante non si mette in discussione, che si potesse far meglio è altrettanto indiscutibile. Che si possa essere d’accordo o meno è un altro fatto ancora. E lo scrivente non lo è.

Detto ciò vorremmo però sollevare una tematica che sembra sparita dalle cronache dei mass media nazionali e non. Ma Libia e Siria? Ma la lotta alle roccaforti dell’Isis? Non vorremmo ipotizzare che con abolizioni del Senato, riforme costituzionali (?), leggi su unioni civili e riforme di pensioni improponibili ci si dimentichi che alle spalle abbiamo un nemico. Che per hobby taglia teste o si fa esplodere in mezzo alla gente.

Non ci piace creare panico e proprio per questo non comprendiamo il silenzio della cosiddetta “coalizione anti-Isis” che dovrebbe essere a guida italiana. Non ci sentiremmo maggiormente rassicurati dall’avvio di una campagna militare in terra libica, ma vorremmo sentire qualche decisione concreta, atta a limitare l’eventuale ingresso in terra “nostra” di estremisti jihadisti. E questo non si può fare col solo -lodevole sia chiaro- impegno dei reparti anti-terrorismo delle nostre forze dell’ordine. Non si può essere tranquilli se in terra di jihadisti non si argina l’espansione di questi ultimi e non si dà vera pace a quelle popolazioni.

In più ricordiamo che proprio l’Isis (in base ai rapporti di intelligence non solo italiana) lucra -e tanto- sulla tratta dei disperati in fuga. E di arrivi ne sono previsti a centinaia di migliaia, come abbiamo più volte ribadito.

Allora la domanda è e resta una: cosa si ha intenzione di fare concretamente contro le mire anti-occidentali del Daesh/Isis? Come si pensa di affrontare la questione se la politica attuale, italiana ed europea, mira solo a favorire l’accoglienza senza pensare minimamente di risolvere in loco i problemi delle popolazioni in fuga? Certo, non si può pensare di affondare i barconi o espellere sistematicamente tutti. Ma nemmeno si può pensare di continuare a far lucrare i mercanti di morte ben sapendo che useranno proprio contro di noi occidentali tutto l’ingiusto lucro.

La questione non è semplice da dirimere, ma se fosse stata semplice non ci sarebbe la necessità di mantenere un apparato statale e sovranazionale per la protezione e la gestione dei Paesi aderenti. Nessuno paga un manager per dirigere le pulizie di casa, parimenti non ha senso mantenere un apparato istituzionale immobile.

Rifacciamo quindi la domanda: cosa ne è di Siria e Libia? Troppo pochi i chilometri che separano la Sicilia (e l’Italia) da quest’ultimo Paese in fiamme.

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