Gli orizzonti infiniti e indefinibili dell’etica

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di Guido Di Stefano

In vario modo e con diversi angoli di prospettiva la “quaestio” etica è stata affrontata nelle varie epoche-culture-civiltà dai pensatori laici e da quelli istituzionalmente religiosi. Forse più dai laici  che hanno privilegiato l’esame del “comportamento” dell’homo sapiens-sapiens in un contesto di pura razionalità e responsabilità, senza appoggiarsi a dogmi e indiscutibili trascendenze.

C’è del buono, c’è del vero, di cui non stiamo a “centesimare” le proporzioni, in tutti i trattati sull’argomento.

Possiamo però trarne qualche conclusione, forse universale.

Etica e libero arbitrio sono “congeniti” nell’essere “intelligente” chiamato “homo”.

Conosciamo bene e pratichiamo, troppo spesso con disinvolta spregiudicatezza, il libero arbitrio; ne andiamo fieri, salvo poi svendere la nostra libertà per qualche lenticchia. Abbiamo detto “spregiudicatezza” ma forse a volte sarebbe il caso di dire “con diabolica mente criminale”.

Altrettanta dimestichezza non abbiamo con l’etica. La nostra mente spesso rifiuta l’inquadramento deontologico dei nostri comportatenti e noi, sovvertendo ogni fondamento “razionale” che ci guida all’etica, sprofondiamo nel baratro dell’anti-etica.

Insomma sembra proprio che non siano poi tanti che vedono l’etica nella sua essenza. Essa è il giudice unico(moderatore, revisore, controllore) del libero arbitrio, a sua volta un tocco di quella scintilla divina che, sfuggendo all’etica, si dedica al “male” (singolo o universale); e prima di essere giudice l’etica  è la “norma suprema” a cui debbono tendere il nostro essere e il nostro divenire. Diciamo la “norma”; perché tutte le norme o sottosezioni da noi definite (bioetica, ecosofia, ecoteologia, laica, religiosa, del lavoro, dell’economia (?), della finanza (mai vista!) …) non sono altro che parcellizzazioni di quell’uno indivisibile che è l’etica: perché l’etica, nata con l’uomo e con il libero arbitrio, è una e universale valida per tutti e regolatrice delle azioni e dei rapporti tra i singoli e le nazioni tra di loro  e (da non dimenticare mai)  dei loro comportamenti nei confronti non solo dell’intero pianeta ma anche dell’universo “visibile e non visibile”, che ci ospitano  e ci coccolano: la nostra casa (unica e universale) che tanti megalomani  “accentratori”, accaparratori e guerrafondai mettono da molti decenni a rischio. E lo fanno senza riflettere più di tanto perché presumono di sapere tutto (meno le estreme conseguenze delle loro gesta) e di potere tutto, complici anche personaggi che per missione dovrebbero “guardare”  lontano,  trascendendo tempo-spazio-materia.

Noi umani ci siamo sbizzarriti a sviscerarla e frazionarla in una moltitudine di sottosezioni, più  di quante citate.   E poi per crearci qualche via di fuga supplementare abbiamo incominciato a “confonderla” con la “morale”, che  può essere “quella corrente”, quella dei tempi, quella del momento con l’inevitabile avvicendarsi e/o sovrapporsi di “lecito e illecito”.

E furbescamente ancora siamo andati oltre rimandando ogni comportamento alla “lettera” delle leggi, che sono sempre perfettibili ma mai onnicomprensive e inattaccabili o  non aggirabili.

Eppure la “gerarchia” è chiara è indiscutibile: nell’essere intelligente sono il libero arbitrio e  l’etica i valori assoluti e inalienabili; l’etica genera la morale; questa  genera le leggi ; in ossequio alle leggi (spesso quelle del più forte) si compilano regolamenti, trattati e quant’altro ritenuto utile (ma a chi?) da chi comanda. E’ facile che in tutti questi passaggi si smarriscano (o si celino) sorgenti di luce, pagine di verità, centralità dell’etica e dell’umanità e si esaltino i fatui valori di una qualche “morale transeunte”  e di leggi fatte “ad libitum”, a convenienza.

Passiamo ora alla storia.

Le vicende di tutto il ventesimo e ventunesimo secolo evidenziano, senza alcuna ombra di dubbio, che l’etica è stata di fatto sfrattata dall’occidente come ospite non gradito, per lasciare sempre più spazio al libero arbitrio. In effetti le prime avvisaglie si erano avute nel diciottesimo e  diciannovesimo secolo,  periodi in cui si elevò a divinità il denaro (oltreoceano) e si teorizzò la cancellazione del trascendente. Le forze “interessate” si sono mosse cautamente ma a partire dagli inizi del novecento i loro “orientamenti”, non etici e disumani hanno cominciato a dilagare in un crescendo esponenziale, in un coacervo costruito e pilotato di crisi economiche “di parte”  e di violenza (guerre e invasioni) particolarmente crudele: in ogni passaggio è possibile rileggere la volontà di annichilire l’essere fino alla dimensione di oggetto di consumo.

Intanto si pascevano e crescevano la voglia e la potenza del libero arbitrio di pochi esseri che di umano hanno solo la definizione etnico-anagrafica, supportati purtroppo da tanti vertici istituzionali (laici e non) che, abbagliati dal miraggio di uno sconfinato potere “pro tempore” da “condividere, hanno perso di vista gli orizzonti dell’etica. I signori del libero arbitrio mandano di frequente i loro messaggi: promettono a tutti i futuri “schiavi”, per dirla con un’antica frase, “la luna nel secchio”; mandano continui avvertimenti a chi manifesta pensieri e volontà propri, del tipo “vi pentirete  delle vostre scelte libere e avulse dal nostro volere” o “vi faremo pagare i vostri errori”; demonizzano qualsiasi avversario franco e deciso; congiurano, cospirano, organizzano (all’occorrenza) scontri armati e saccheggi (spesso legalizzati)  in dispregio a ogni regola del vivere umano (fraterno e civile).

Ora viviamo in un clima di totale incertezza con speranze tendenti a zero. Paure indotte, paure alimentate, paure studiate ci chiudono ogni orizzonte: nel grande e nel piccolo “cosmo”.

Sono questi i vantaggi delle grandi alleanze e delle unioni epocali? Stare “insieme” deve per forza rendere  miliardi di umani schiavi del “libero arbitrio”  di pochi, che magari sognano di assegnare la denominazione  “etica” a qualche moneta virtuale? In questo caso è il caso di rispolverare e applicare il vecchio detto “meglio soli che male accompagnati”.

Leggiamo poi di qualche “notabile” nostrano che si lamenta di qualche priorità voluta dal ben visto governo tecnico: ma si aspettava forse la cieca obbedienza del “privilegiato” di turno?   Sarebbe il caso che qualcuno spiegasse a certi signori che alla fine si raccoglie quel che si è seminato e pertanto “chi semina vento, raccoglie tempesta”.  E ancora dobbiamo raccogliere i frutti di quella scienza non etica che ha trascinato agli esperimenti nucleari in ogni dove, ivi compreso l’oceano e la stratosfera.

Ma a deprimerci del tutto è la passiva accettazione di certe frasi, “imposte” come dogmi dai potenti di turno,  per difendere degli operati assolutamente non etici e passati per morali da quei “moralisti” che usano il vocabolo “morale” come la classica foglia di fico.

Tanto per fare qualche esempio.

Pensate  alla frase tanto cara agli accaparratori di incarichi e relative prebende: “la legge me lo consente e quindi lo faccio”. E gli altri aventi diritto sono nullità? Hanno avuto una qualche opportunità di accedere? Ci vuole una legge specifica che dichiari quanto meno immorale appropriarsi di tutto e affamare gli altri? E l’arroganza che accompagna le parole non vi ricorda qualcosa di malvagio? Pensate un poco: la legge brandita come una forza superiore e incontrastabile!

Oppure pensate all’altra frase  opposta come “scudo dei danneggiatori” delle pubbliche casse: tutto è stato fatto a norma di legge!

Non vogliamo commentare la pomposa “magnificenza” di quanti, dopo avere percorso sempre i soddisfacenti viali del potere e non gli sdrucciolevoli sentieri della vita quotidiana, sentenziano e pontificano su un presunto ordine nuovo universale fondato sulla moneta cibernetica: vogliamo essere “buoni” ma quantomeno restiamo inclini a  pensare che probabilmente la loro vita trascorsa non li illumina abbastanza per “realizzare” che stanno supportando la creazione di una dittatura globale.

Purtroppo  tutti gli accadimenti sembrano indicare che due realtà tendono all’oblio: l’etica universale e singolare e la meritocrazia personale e istituzionale.

Speriamo proprio di sbagliarci in tutto e per tutto.

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