Cosa succede a 400 km a sud della Sicilia?

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di Salvo Barbagallo

 

Distolti dalla strage di Bruxelles di appena ieri mattina. Troppo distolti dalle vicende (spesso gravi) che accadono in Italia e in Europa (forse) si è prestata poca attenzione alla circostanza che il “caso Libia” o il”caso Siria” o il caso Putin” e altri “casi” altrettanto importanti sono scomparsi (o appaiono in secondo o terzo piano) nelle cronache che ci riportano quotidianamente i mass media. Grande spazio (giustamente) alla cattura dell’autore della strage del Bataclan a Parigi nel novembre dello scorso anno ma anche dalla risposta jihadista a Bruxelles, ma pochi riferimenti all’avanzata del Califatto jihadista e ai pericoli che il terrorismo comporta. D’altra parte – purtroppo è accaduto – le stragi le provocano anche i colpi di sonno d’autisti stanchi e super sfruttati dai loro datori di lavoro, ed è difficile accettare tutto ciò con animo sereno e passare oltre. La “cronaca” ha il dovere di ricordare ciò che è primario, ma spesso è travolta dagli episodi che si accavallano freneticamente e, quindi, situazioni scabrose possono essere emarginate, volontariamente o no, il senso non cambia.

lib2Ebbene, non sappiamo cosa stia accadendo in Libia, a due passi da casa nostra, dalla Sicilia appena 400 chilometri che gli stessi barconi fatiscenti di esseri umani in fuga dalla guerra riescono a superare, pagando spesso un caro prezzo, quello della vita. Come si è potuto notare negli ultimi giorni, il flusso dei migranti/profughi verso le coste della Sicilia è ripreso in maniera consistente ma, se avete notato, si parla di flusso verso le coste “italiane”, il termine “Sicilia” è bypassato, probabilmente perché non si vuole tornare a discutere sui centri di accoglienza, forse perché si vuole minimizzare il problema, forse anche perché non si vogliono far conoscere i metodi di smistamento dei rifugiati.

Ma cosa sta accadendo in Libia? Sappiamo, a seguito dell’allarme lanciato dall’italiana Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera europea, grazie a una lettera indirizzata ai ministri europei dell’EU che ben 450 mila migranti sono pronti a partire dalla Libia direzione Europa, e sappiamo anche che il tanto auspicato governo di unità nazionale libico ancora non si è formato, e ogni iniziativa per soccorrerlo è rimasta impantanata. Non sappiamo, in verità, ciò che sta vivendo concretamente la gente di quel territorio e quale futuro imminente l’attende. Per riflesso, non sappiamo cosa potrà accadere all’Italia e, soprattutto, alla sua parte più a sud, la Sicilia.

lib1Su “Difesa Online” del 18 marzo scorso, con un articolo dal titolo emblematico “Libia: oltre il canale di Sicilia ci aspetta il caos” Giampiero Venturi offriva uno spaccato piuttosto dettagliato: Se non fosse un dramma alle porte di casa, il panorama libico in effetti sarebbe comico. Al Serraj, leader di un Government of National Accord che esiste solo per i governi europei ansiosi di inventarsi uno Stato, due giorni fa è stato minacciato di arresto da Al Ghwell, premier della fazione di Tripoli. Proprio da Tripoli rimbalzano il video di minaccia dello Stato Islamico contro i cristiani e i rumori della galassia islamista, che comprende l’ex cartello di Misurata oggi sponda di bande e banditi. Intorno al governo dell’ex capitale girano i gruppi integralisti federati alla coalizione Alba Libica, sedicente erede della rivolta contro Gheddafi. L’appoggio politico e militare principale viene dalla Turchia, mai come ora nostalgica dell’Impero Ottomano. Nella cricca islamista di Tripoli ci sono anche Ansar Al Sharia, responsabile dell’attacco all’ambasciata americana del 2012 e imparentata con AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), e i Fratelli Musulmani, vecchie glorie del mondo arabo integralista. L’alleanza in teoria contenderebbe il controllo della costa allo Stato Islamico sul cui ruolo in Libia si addensano parecchi dubbi. Sarebbe in crescita tra Derna e Bengasi (in teoria sotto Tobruk) e lungo la costa intorno a Sirte. Sarebbe soprattutto in espansione a ovest con cellule in Tunisia e Algeria, i cui rispettivi eserciti sono già da tempo in guerra contro la jihad. Una miriade di gruppi e gruppusculi poi si fondono e si sparano a seconda delle stagioni in una logica di città-Stato, più vicine al Medioevo che all’idea di Stato nazionale. Ognuna ha la sua legge, ognuna la sua milizia.

“Difesa Online” è un giornale “specializzato”, molto seguito dagli addetti ai lavori, ma non di larga massa come un quotidiano di comune accezione, e queste interessanti informazioni non si allargano, purtroppo, a macchia d’olio per essere acquisite dai più. La realtà della Libia è come la mostra Giampiero Venturi, la realtà della conoscenza da parte degli italiani estremamente limitata.

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