Il Natale spiegato da papa Francesco

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di Luigi Asero

Nell’anno del Giubileo della Misericordia papa Francesco ha parlato dei grandi problemi del mondo parlando di Isis, Palestina, ma anche del narcotraffico. Un Natale all’insegna di una presa di coscienza globale della quale lo stesso papa Bergoglio ci ha già abituati.  Tutto avrebbe soluzione nell’amore globale che si può rappresentare in poche parole: “Solo Lui, solo Lui ci può salvare. Solo la Misericordia di Dio può liberare l’umanità da tante forme di male, a volte mostruose, che l’egoismo genera in essa. La grazia di Dio può convertire i cuori e aprire vie di uscita da situazioni umanamente insolubili. Dove nasce Dio, nasce la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace. E dove nasce la pace, non c’è più posto per l’odio e per la guerra“.

Naturalmente il cruccio principale di papa Francesco è quella “terza guerra mondiale a pezzi” della quale ci ha già avvisato più volte e che sappiamo essere in effetti in atto. Parla dalla Loggia delle Benedizioni e lo fa prima della benedizione Urbi et Orbi. È stata proprio la “terza guerra mondiale a pezzi” a spingerlo ad aprire con quindici anni di anticipo il Giubileo perché la Misericordia divina possa perdonare e aprire i cuori degli uomini.

Ma è un discorso di Natale a tutto campo quello di papa Francesco che parte dalla Palestina, dove Gesù nacque, per dire che “proprio là dove è venuto al mondo il Figlio di Dio fatto carne, continuano tensioni e violenze e la pace rimane un dono da invocare e da costruire. Possano Israeliani e Palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere ad un’intesa che permetta ai due Popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni sull’intera Regione“, e se la terza guerra mondiale è a pezzi non si può certo non pensare alla situazione siriana, infatti su questo aspetto le parole sono di speranza “al Signore domandiamo che l’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi in Siria e a rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata“, situazione quella siriana che passa dalla lotta ai jihadisti del Califfato nero che si sta spostando in Sirte, nella Libia in cui già nel 2009 si provocò la cosiddetta “primavera araba” che è stato l’inizio di un vero e proprio infinito inverno/inferno. Qui la speranza è “altrettanto urgente che l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese“.

Il discorso insomma tocca tutti i punti “caldi” del pianeta. Iraq, Yemen, Africa subsahariana, Congo, Burundi, Sud Sudan, ma anche la situazione in Ucraina e i recenti attentati parigini, la vita dei carcerati come la situazione del popolo colombiano, i profughi e la povertà. Un tentativo, l’ennesimo, di papa Francesco per svegliare le coscienze e indurre i cristiani a pregare e operare per il “bene comune” e la salvezza dell’umanità.

Non sappiamo quanto nelle menti prevalga la corretta interpretazione dell’appello papale. E quanto invece l’eccessivo paganesimo che contraddistingue le sterili polemiche degli ultimi tempi in cui il presepe è diventato mero strumento di propaganda politica. Certamente il discorso di Natale di papa Francesco ha messo sul piatto quasi tutte le tematiche e speriamo che non resti inascoltato il suo appello. Il Giubileo è forse l’ultima occasione di invertire finalmente la rotta e rientrare dal baratro in cui rischiamo -tutti- di sprofondare.

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