di Luigi Asero
Quanto accaduto in questi giorni in Sicilia è certamente il cumulo di una serie di problemi che vengono da lontano, da cattive amministrazioni come da continue ruberie che hanno portato soltanto devastazione nel territorio. Alla voce “cattiva amministrazione” va certamente rubricato anche il capitolo dovuto a “semplice” imperizia, ovvero l’aver eseguito -spesso male e frettolosamente- lavori e ordinarie manutenzioni o non averle eseguite affatto. Oggi il risultato è lo scandalo messinese di una parte di città rimasta a secco per ben nove giorni, con minaccia di invio dell’Esercito per aiutare la popolazione. Con il premier Renzi (quello del #pagherannotuttopagherannotutti soltanto twittato però…) che minaccia l’invio della Marina Militare (perché non anche i Navy Seals?) per affrontare seriamente lo scandalo dell’acquedotto interrotto da un’imponente movimento franoso a Calatabiano.
Siamo alla farsa del presidenzialismo, siamo al delirio di onnipotenza di personaggi che senza mandato alcuno del popolo decidono cosa va fatto, ma sempre e soltanto in nome dell’emergenza. I problemi di cui soffre la Sicilia sono infatti atavici, come quelli di tutto il Meridione d’Italia (e ultimamente in verità anche quelli del ricco “Nord”). Inutile affrontare con minacce di invii militari ciò che andrebbe, una volta per tutte, programmato e gestito da Nazione civile.
E per farlo, prima di pensare a nette prese di posizione bisognerebbe pensare a un principio fondamentale che ormai sta per essere cancellato anche dai testi giuridici universitari: la certezza della pena.
Fin quando chiunque, purché ben “ammanicato”, saprà di poter ragionevolmente cavarsela (sempre nel caso in cui nascano problemi giudiziari), si continuerà a rubare fondi pubblici, si continuerà a sperperare risorse preziose per la crescita reale del Paese, si continuerà a lavorare con la trascuratezza di chi sa che “tanto che mi devono fare?”, si continuerà a vedere il territorio devastato e l’abusivismo edilizio. Ma soprattutto si continuerà a lagnarsi e commiserarsi senza più la speranza che qualcosa possa cambiare.
Detto ciò però, sorge, spontanea una riflessione, ingenua forse. Ma che l’accavallarsi degli eventi impone, giusto per poter “ragionare a 360 gradi” e non escludere nessuna ipotesi.
Il tempo (quello atmosferico) non è certo più quello di una volta, le perturbazioni climatiche hanno sempre più sembianze cicloniche e il territorio (ancora più forse quello siciliano) ormai cede con grande arrendevolezza. Incendi boschivi hanno tolto preziose radici alle terre montane così come la deforestazione in favore di altre coltivazioni, del pascolo, delle biomasse; così come la cementificazione ha tolto terra alle improvvise bombe d’acqua, la mancata manutenzione delle naturali vie d’acqua fa sì che i greti di fiumi e torrenti presentino spesso ostacoli in caso di eventi climatici significativi. Ma siamo certi che l’incredibile numero di frane e smottamenti sia solo opera del “destino avverso”?
Proviamo a spiegarci meglio: incuria, cattiva amministrazione, deforestazioni e via discorrendo, sono presenti da molti anni, e sono certamente causa di gran parte dei mali che affliggono il territorio. Ma appunto, ciò che “salta all’occhio” è l’impressionante numero di eventi nel giro di pochi mesi. Come se per decenni il territorio avesse tutto resistito resistito e ora si stesse arrendendo. Come se improvvisamente anche poca pioggia possa rappresentare la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Facciamo qualche esempio. Messina non è l’unica città siciliana cui l’erogazione idrica è mancata per oltre cinque giorni. Poche settimane prima era toccato a un’ampia zona del capoluogo regionale e del palermitano/trapanese in generale: sei giorni senza acqua (contemporaneamente c’erano anche forti ritardi nella raccolta dei rifiuti urbani, un mix incontenibile che non è andato agli “onori della cronaca”). Nemmeno il tempo di risolvere il problema a Palermo, stessa sorte a Caltanissetta (per quanto riguarda l’erogazione idrica) con un rimbalzo di responsabilità fra Caltacqua e Siciliacque sull’origine del disservizio. A Licata il tribunale ha inviato un avviso di garanzia a un dirigente di Girgenti Acque per la mancata depurazione delle acque immesse nelle tubazioni cittadine a seguito di un’ennesima chiusura dell’erogazione. Sono soltanto alcuni fra i tanti casi riguardanti l’acqua in Sicilia.
Non va meglio sul fronte dei trasporti, ormai ridotti in ginocchio, soltanto da pochi giorni sarebbe stata ripristinata la linea Agrigento-Palermo, forse oggi pomeriggio sarà ripristinata la linea Catania-Palermo (nuove frane permettendo e a Dio sperando), ancora persistono disagi su altre linee. Inutile parlare del fronte stradale, uno per tutti l’ormai famoso viadotto Himera venuto giù per un vasto movimento franoso e che costringe a un viaggio tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli passando da Polizzi Generosa. Un tratto che già ora è molto impervio ma che, con l’arrivo della stagione fredda, sarà (scusate il gioco di parole) infernale.
Interruzioni anche sulla Catania-Messina, così come sulla Catania-Siracusa e Catania-Ragusa, pietosa la situazione della Agrigento-Sciacca. Non essendo questo il bollettino Anas Strade né FS News ci fermiamo qui ma basterà, a un lettore più attento, andare a verificare nei relativi siti istituzionali per comprendere come ormai sia solo un intreccio di problemi quello che vedono i pendolari siciliani tutti i santi giorni. Con enormi ricadute sulla già fragile produttività isolana.
Eccoci al quesito iniziale: è solo il destino? È solo un banale, cinico, intreccio di “casi” tutto ciò che accade? O dietro c’è altro? Pensiero da “complottisti”, ma si sa che i siciliani (checché possano pensarne certe eccelse menti fuori dal territorio isolano) sono gente “industriosa” che si ingegna, che geneticamente se proprio non può vivere bene, di certo sa come sopravvivere. Ma anche quest’ultima possibilità diventa veramente remota se tutto si mette contro. E allora, ricordiamo le parole del politologo USA Edward Luttwak, pochi mesi addietro: “Rialzando con orgoglio il loro vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma. Non vogliono più un soldo da chi li ha asserviti e distrutti. Il loro capo – che vedrei bene indossare un elmetto – prima di tutto dichiara che in ogni caso non vorrà essere rieletto, poi procede al licenziamento di tutti i dipendenti pubblici della Regione. Sarà riassunto solo chi ha intenzione di lavorare.”.
Che il “caso” non sia aiutato da una occulta manina? Cosa si cela dietro i troppi disagi di questi ultimi mesi? Ovviamente è solo una possibile ipotesi, ma nulla andrebbe scartato aprioristicamente in questo delicatissimo momento della Sicilia e dell’Italia intera.
I siciliani sì, è vero, avrebbero bisogno indipendenza. Vera indipendenza. Non nuove sudditanze.