Parigi, un “pezzo” di terza guerra mondiale. L’allerta non è finita

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di Salvo Barbagallo

Voce comune a Parigi fra i superstiti che sono sfuggiti all’attentato nella sala concerti Bataclan di venerdì scorso (13 novembre): “Chi non c’era non può capire: è come un film dell’orrore in cui a un tratto scopri che è tutto vero (…) Non pensavo che un uomo potesse odiare tanto un altro uomo…”.

A due giorni di distanza dai tragici avvenimenti che hanno insanguinato la Capitale, la collettività francese (ma anche quelle di tutta l’Europa, di tutto il mondo civile) non si è ripresa dallo choc. E come si potrebbe? Parigi è chiusa. Chiuse le scuole, le piscine, i musei, le mostre, i cinema, le sale da spettacoli. Chiusa Disneyland, chiusi i grandi magazzini Printemps e Galeries Lafayette; sospesi i campionati di calcio e di rugby. Ma la gente vuole reagire, reagisce, non vuole lasciarsi vincere dalla paura e rinunciare alla vita. Ma niente sarà come prima.

Dopo il salto di qualità del terrorismo jihadista ecco tutti gli apparati di sicurezza mondiale interrogarsi sul da fare: tutti concordi nell’affermare che questa tra l’Isis e il resto del mondo è una guerra, così (che venga ammesso, oppure no poca importanza ha) tutti consapevoli che si tratta di una guerra che non si sa come combattere. Ha ragione Papa Francesco quando afferma che “questo è un pezzo della terza guerra mondiale in corso” a sottolineare la complessità di una situazione che investe e coinvolge una molteplicità di Paesi in lotta gli uni contro gli altri. Il presidente francese Francois Hollande, parlando in diretta tv ai francesi, ha affermato: Quello che è successo è un atto di guerra pianificato dall’esterno con complicità interne, un atto di guerra compiuto da un’armata jihadista contro i valori che noi difendiamo e che siamo: un Paese libero. La Francia è stata aggredita in modo vergognoso e violento: sarà spietata contro la barbarie dello Stato islamico, agirà con tutti i mezzi, sul fronte interno ed esterno, in concertazione con gli alleati. La Francia è più forte e può essere ferita, ma oggi si rialza. Difendiamo la nostra patria, ma anche i valori dell’umanità: la Francia saprà assumersi le sue responsabilità”. E per decidere le misure da adottare, Hollande ha annunciato che si rivolgerà alle Camere in seduta straordinaria congiunta a Versailles (domani, lunedì 16): una procedura che è prevista dalla Costituzione francese per situazioni eccezionali.

Jean Guisnel, esperto di questioni militari e servizi segreti, professore alla Scuola speciale militare di Saint Cyr, intervistato da Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera a Parigi, alla domanda “Come è potuto accadere?”, risponde: “Sul piano formale è stato fatto tutto quel che andava fatto. Dopo Charlie Hebdo i servizi segreti e gli apparati di sicurezza sono stati rinforzati con uomini, denaro, maggiore libertà di indagine, leggi molto più permissive e votate da tutti sulle intercettazioni telefoniche ed elettroniche (…)”, Cosa è mancato? E’ mancato “il metodo. Quel che i servizi segreti non utilizzano a dovere è il modo, il contesto. Hanno tutti i mezzi per proteggere il Paese da una minaccia esterna. Ma qui non parliamo di stranieri, parliamo di persone che vivono in Francia, che lavorano accanto a noi, che fanno parte di una comunità di 6 milioni di persone. Ed è subito apparso chiaro che la ricchezza di mezzi nulla poteva contro la ricerca di un ago nel pagliaio…”.

Di colpo, la Francia, e l’Europa hanno scoperto la propria debolezza, assistendo ad una escalation imprevedibile. Eppure segnali devastanti non sono mancati: l’attentato all’Airbus A321 russo esploso sopra il Sinai il 31 ottobre scorso (che ha provocato 224 vittime) e l’attentato del 12 novembre, (un giorno prima delle stragi di Parigi) a Beirut nel quartiere, roccaforte del movimento sciita di Hezbollah (che ha ucciso 43 persone, ferendone altre 239). Gli apparati antiterrorismo, i servizi e l’Europol da mesi hanno alzato i loro livelli d’allarme. Ma ancora una volta si sono dimostrati inefficaci di fronte a una “guerra asimmetrica” che vede i terroristi jihadisti “diversi” dai militari occidentali già nel fanatismo e nell’idea che i primi hanno della vita, della morte e della stessa religione.

Londra alza l’allerta: si temono ritorsioni dell’Isis per l’uccisione di Jihadi John, eliminato in Siria dai missili esplosi da un drone: l’MI5 e gli altri apparati dei servizi segreti della Gran Bretagna temono attacchi mirati, organizzati da parte di gruppi o da parte di lupi solitari, su obiettivi che vengono definiti “soft” ma non per questo meno strategici.

E in Italia? il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi parla chiaramente: “Non possiamo escludere di diventare bersaglio di attacchi simili a quelli della scorsa notte. Chi dice il contrario è un utopista; chi dice che l’Italia è al sicuro sbaglia, vive in un altro mondo…”

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