Ma quale “Med, Mediterranean Dialogues”?…

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di Salvo Barbagallo

Una breve nota dell’Agenzia di stampa Ansa qualche giorno fa ha annunciato che oggi, 30 novembre, alla Farnesina il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Paolo Gentiloni, ed il vice presidente esecutivo e direttore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), Paolo Magri, presenteranno alla stampa la Conferenza MED 2015 – Mediterranean Dialogues, che il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Ispi promuovono a Roma dal 10 al 12 dicembre prossimi. “L’obiettivo della Conferenza MED 2015 ”Beyond Turmoil è quello di fornire le basi per una nuova agenda per il Mediterraneo affinché la Regione cessi di essere percepita solo come sinonimo di crisi pericolo e instabilità, ma torni ad essere teatro di opportunità”. Martedì della settimana scorsa (24 novembre) Marco Galluzzo ha scritto sul Corriere della Sera: “Mettete insieme il massimo della diplomazia mondiale, a cominciare da Kerry e Lavrov, aggiungete una dozzina di ministri degli Esteri occidentali e arabi (dalla Gran Bretagna al Marocco), invitate il re di Giordania Abdullah II ad aprire i lavori, più i massimi esperti internazionali di antiterrorismo, i vertici economici del sistema Paese, da Eni a Finmeccanica, i negoziatori del processo di pace palestinesi e israeliani, imprenditori, banchieri e accademici di entrambe le sponde del Mediterraneo, e avrete quelli che forse saranno definiti come «Roma Talks» (sulla scia dei colloqui diplomatici di Vienna): un Forum di altissimo livello internazionale che Matteo Renzi ha voluto e che il governo sta preparando in queste ore nel massimo riserbo. Il nome dell’evento è Med, Mediterranean Dialogues…”.

Papa Francesco e il dialogo
Papa Francesco e il dialogo

L’annuncio di questo importante “evento” in realtà è passato (quasi) inosservato: troppi accadimenti tragici nell’arco delle poche settimane di novembre, accadimenti ormai noti a tutti, si sono accavallati per potere dare un (giusto?) riscontro a quello che, in fondo, non è che un incontro “accademico”, un “forum” dove si continuerà a discutere su argomenti ampiamente dibattuti in tante e tante sedi (qualificate, o meno), senza che alla fine sia scaturito qualcosa di concreto. Marco Galluzzo fa rilevare spicca la data d’inizio del forum, il 10 dicembre, due giorni dopo l’apertura dell’Anno Santo: Roma come città di pace e preghiera, ma anche come epicentro internazionale di dialogo politico e diplomazia. Un’immagine fortemente voluta, che riflette il taglio che il nostro premier ha dato in questi mesi alla politica estera. «Costruire un ordine diverso nel Mediterraneo» sarà uno dei capitoli del confronto…”.

«Costruire un ordine diverso nel Mediterraneo» è cosa differente da ciò che esprime il titolo dello stesso articolo «Nuovo ordine per il Mediterraneo» Kerry e Lavrov si vedranno a Roma…” in quanto, concettualmente (e non solo) parlando, Nuovo ordine ha attinenza con altri significati che portano lontano, lontano… anche se nell’evento programmato a Nuovo ordine non si è aggiunto il “mondiale”, ma più semplicemente “Mediterraneo”. Un “ordine”, cioè, più circoscritto… e che investe un minor numero di soggetti (o Paesi, chiamateli, come volete) sulla cui pelle di alcuni si sono sperimentate (con i risultati che conosciamo) le famose “Primavere”.

Questo “evento” che, come dice Marco Galuzzo, è stato fortemente voluto dal premier italiano Matteo Renzi (la cui politica estera fa acqua da tutte le parti ma che sottolinea in ogni circostanza decisionale la stretta “dipendenza” dagli USA di chi rappresenta l’Italia) pone ovviamente una serie di interrogativi, che non è il caso neanche di porre sul tappeto poiché si conoscono già la risposte.

La primavera araba (?)
La primavera araba (?)

Da tempo ormai si gioca con le parole Pace, tolleranza, fratellanza, eguaglianza, libertà: parole usate e abusate, oggi meno che mai applicati nella realtà e spesso inapplicabili per ragioni contingenti. Il futuro “migliore” da tanti e da sempre auspicato non si è realizzato e, anzi, in più parti di questo Mediterraneo (oggi più che mai fulcro del mondo) le condizioni in cui si versano le collettività sono in fase di significativo peggioramento. Appare sempre maggiormente una “volontà” superiore, quasi un disegno preordinato (ed ecco perché può atterrire quella sorta di messaggio che è l’unione di quelle tre parole “Nuovo ordine mondiale”) che impone, nel migliore dei casi, una stagnazione negativa che fa sì che le spinte indirizzate a costruire, anziché a distruggere, inevitabilmente si esauriscono in una indifferenza raccapricciante.

Manca in assoluto la “comprensione” delle singole realtà sulle quali si vorrebbe incidere. I tentativi di “dialogo” falliscono – o sono destinati a fallire – poiché la comprensione, nella migliore delle ipotesi, è a senso unico e quasi mai c’è corrispondenza ed eguale reciprocità d’intenti in chi si professa “disponibile”. Il termine “dialogo” ha, di conseguenza, perduto la sua “vera” essenza: con chi si dovrebbe dialogare se l’interlocutore persegue finalità non condivisibili o cerca di imporre la propria linea di pensiero e di operatività che è estranea allo stesso principio di dialogo?

Ricordiamo cosa ha sottolineato lo scorso anno il Pontefice, nell’omelia in occasione della messa al Sacrario di Redipuglia. Papa Francesco ha condannato i “pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, gli “affaristi della guerra”, che “hanno scritto nel cuore: A me che importa?“. Qui ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre”, ha detto il Pontefice nell’omelia. “Anche oggi le vittime sono tante… – ha proseguito -. Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! La Terza Guerra Mondiale è iniziata, è solo combattuta a pezzetti, a capitoli. Con la fine delle egemonie mondiali delle due superpotenze Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, le crisi regionali si sono moltiplicate esponenzialmente, dal Mediterraneo al Medio Oriente, dall’Asia centrale all’Africa. Si delinea una oscura trama: la lotta globale per il riequilibrio fra le potenze, la caccia alle risorse energetiche e alimentari sempre più scarse e preziose, il rafforzarsi, in tutti i campi, di leadership oltranziste che fanno della violenza l’unico mezzo per emergere e regolare i conti….

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