di Carlo Barbagallo
È durato poco il “buonismo” della Merkel sulla questione fuggitivi dalla Siria: solo quando l’immane flusso di migranti si è riversato sulle città ha compreso l’impossibilità (almeno temporanea) di far fronte alla crisi. La Merkel (come suol dirsi) “ha toccato con mano e visto con i propri occhi” la gravità del problema e le ripercussioni negative che “l’accoglienza” forzata (anche se esclusivamente “settoriale”, quella dei profughi Siriani) poteva avere all’interno delle sue comunità. La Merkel si è vista “costretta” a fare marcia indietro dopo pochi giorni dalla sua (non messa in conto) esaltante esperienza umanitaria: da ieri – come informa l’agenzia di stampa Ansa e riportato da quasi tutti i quotidiani – la Germania ha reintrodotto temporaneamente i controlli di frontiera per far fronte alla crisi dei migranti. La decisione è stata annunciata dal ministro dell’interno, Thomas de Mazière e, come riferisce il quotidiano “Bild”, 2.100 poliziotti sono stati inviati nella zona di confine con l’Austria. Bloccato, dunque, il traffico ferroviario con l’Austria, controlli anche alla frontiera con la Repubblica ceca e con la Polonia. La sospensione del Tratto di Schengen, dovrebbe protrarsi per 30 giorni. Il ministro dei trasporti tedesco Alexander Dobrint ha denunciato il “fallimento totale” della Unione europea nella difesa dei suoi confini esterni, e ha sollecitato misure urgenti per arrestare l’afflusso record di migranti e profughi dal Medioriente, affermando “Sono necessarie misure urgenti ed efficaci per bloccare il flusso di profughi”. Le autorità tedesche hanno affermato di essere state colte di sorpresa e quindi di essere stati impreparati ad affrontare il flusso dei migranti, arrivato a 10 mila persone al giorno dopo la richiesta di Angela Merkel all’Ungheria di lasciare passare i profughi diretti a nord: “Non siamo più in grado di gestire il flusso da soli”, ha dichiarato il ministro degli Interni della Renania-Palatinato e portavoce del ministero degli Interni federale Roger Leweritz in una intervista al quotidiano “Welt”.
Come si può notare divisioni e contrasti fra i Paesi dell’Unione europea sulla questione migranti/profughi, a dimostrazione che l’assenza di un programma omogeneo e condiviso non poteva che provocare inevitabilmente soltanto confusione, e a dimostrazione che il “problema” non è riferito soltanto all’accoglienza, ma sta a monte, nelle cause che hanno e stanno determinando l’esodo. Allo stato attuale il personaggio politico internazionale che sta muovendo le sue pedine in questa direzione sembra il russo Putin che sostiene che la sconfitta del Califfato jihadista e una soluzione pacifica della guerra civile siriana possono essere l’unico modo per contenere l’ondata di profughi riversatasi sull’Europa. Raggiungendo quell’obbiettivo Vladimir Putin intenderebbe garantire il ritorno nel proprio Paese di dieci milioni di siriani sparsi in Medioriente che minacciano di convergere verso l’Europa. Garantendo così la definitiva soluzione di una tragedia a cui l’Europa sta rispondendo solo con politiche dell’accoglienza senza limiti e con obbiettivi di breve termine.