di Guido Di Stefano
Comunemente vengono chiamati con il generico, massificante e “disumanizzante” nome “cantine”: una semplificazione, purtroppo, tipica nell’immaginario collettivo, non sempre benevolo verso chi non si lascia trascinare da mode e andazzi correnti: soprattutto verso chi ha gli inguaribile “vizi” del lavoro e del libero intelletto.
Eppure sono esseri viventi, uomini e donne dalla straripante umanità, che hanno scelto l’Etna (e la Sicilia) come loro madre: indigeni, isolani, italici, europei sono stati ammaliati dalle nostre terre e a esse hanno dedicato tutto il loro essere: cuore, animo, mente.
Non urlano, non proclamano, non minacciano; lavorano e dopo lavorano e poi lavorano ancora.
Ha voluto presentarceli Armando Rotoletti nella meravigliosa “antologia fotografica” (diciamo noi) VINO E GENTE DELL’ETNA (alias ETNA: WINE AND PEOPLE).
Ha studiato attentamente l’Etna: ne ha calpestato ripetutamente il suolo; ha fraternizzato con i suoi abitatori; ha fotografato con le inquadrature dell’amore e dell’intelletto; ha visto la bellezza; ha ben ponderato la ricchezza; ha visto da uomo “libero e giusto” un universo che altri vorrebbero condannato all’oblio.
E’ stato definito il “fotografo dell’anima della gente e dei luoghi” e lo è a pieno titolo; inoltre da vero Siciliano ha sognato e sogna (attivamente).
Inizia la sua opera con un brano dedicato a “La Sicilia che sogno” dove rivolge “un sentito grazie alla “Muntagna” e ai suoi ostinati abitanti”; come scritto prosegue (dopo tante foto) con i pensieri di Leonardo Sciascia (altro Siciliano vero) su “I paesi dell’Etna” .
E poi antri pensieri scritti ed altre foto fino alla presentazione dei produttori e relative foto.
Proprio nelle foto è l’antologia; proprio nelle foto sono le singole odi che costituiscono il poema; anzi osiamo dire che se riuscissimo a interpretare ogni foto come un “movimento” musicale sentiremo l’eterna sinfonia della montagna e (chissà) della Sicilia.
Singolarmente e nell’insieme le fotografie ci raccontano la vita e la speranza, la pace e la bellezza, la fatica e il riposo, l’ansia e la trepidazione dell’attesa, il sollievo e la gioia della raccolta: come sono per i produttori, come sono per i lavoratori.
Non leggiamo nelle foto antologiche auto-elogi, proclami, numeri relativistici e fantasticamente imbonitori; leggiamo fatti, perché fucina di fatti è la natura in esse rappresentata e artefici di fatti sono gli uomini e le donne in esse ritratti.
E’ scritto nelle foto che gli imprenditori non sono degli “dei” onniscienti e onnipotenti o condottieri invincibili e non compiono miracoli strabilianti e “fragorosi”, come i lavoratori non sono insensibili e indistruttibili macchine o guerrieri impavidi e non affrontano “draghi fiammeggianti”: sono tutti esseri umani che “fanno”, cioè lavorano, producono, costruiscono, sognano, sperano, gioiscono, piangono sempre con grande dignità, con immenso amore verso la grande madre terra, verso se stessi, verso l’umanità e non risparmiano le loro energie dedicate al bene comune.
E’ pure scritto nelle foto che gli addetti ai lavori (principali per primi e dipendenti) non inseguono miraggi di profitto (scellerato) ma ambizioni di riscoperta, scoperta, perfezione dei prodotti della terra, dai vitigni al vino.
Si legge ancora l’incrollabile certezza che hanno sul valore delle conoscenze (tecniche, tradizioni, usi, costumi) del passato che saggiamente intersecano (o fondono) con quelle moderne: per avere il meglio, per dare il meglio. Quei volti inseguono quotidianamente la perfezione e le “anime fotografate” si nutrono dell’intima gioia per i progressivi miglioramenti.
Da leggere attentamente sono anche le forme e i colori: le genti dell’Etna, anche nella modernità, hanno restituito alla “Montagna” le plurisecolari morfologie del suolo e i colori che stavano scomparendo, complici passivi o attivi (o peggio nemici) tanti così detti ben pensanti (o sarebbe il caso di dire nulla facenti?) del passato e purtroppo anche del presente e (temiamo proprio) del futuro: i terrazzamenti (più o meno ampi) e i colori cangianti delle “vigne” .
Pensavamo di leggere un semplice libro, più o meno interessante. Ci siamo trovati immersi in un universo poetico, epico, sinfonico. Possiamo affermare che è un inno alla vita, alla speranza, all’amore, alla bellezza, alle genti dell’Etna (e perché no? della Sicilia), all’umanità. Un capolavoro da custodire gelosamente.
Intanto “leggiamo” insieme la copertina (o prima pagina se volete) della pubblicazione, qui unita per gentile e generosa concessione dall’autore Armando Rotoletti.