Anche le chiacchiere si spengono

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di Guido Di Stefano

   Da qualche tempo notiamo una grave stranezza in un piccolo centro, dal ventesimo secolo “studiabile” come uno spaccato (o addirittura una “miniaturizzazione”) dell’isola e dell’Italia intera: le chiacchiere, quelle sonanti chiacchiere che condivano la vita dei bei tempi che furono e che spaziavano dal calcio alla politica, sono scemate ai minimi termini.

   Ah, i bei tempi in cui tutti professavano la massima competenza su tutto e in particolare sul calcio e sulla politica.

   Nel cuore la squadra, nella mente il partito, nell’animo non si sa.

   Al bar o per strada tanti si improvvisavano  allenatori o addirittura manager, ma sempre “competenti, critici e campioni o vittime”: formazioni, contro formazioni, acquisti, vendite, arbitri, segnalinee, assi, brocchi, scudetti meritati o immeritati, coppe, amichevoli, mondiali rientravano nelle conoscenze-competenze degli opposti oratori.

   La politica non veniva risparmiata dalle usanze calcistiche. Negli stessi ambienti non erano infrequenti i dibattiti sulla superiorità di una ideologia sulle altre. E poi dove mettiamo la grandezza di questo o quel personaggio (capace di miracoli pur nella sua debolezza umana) a differenza di quell’altro e quell’altro ancora pesanti fardelli di totale pochezza o peggio! Capitava anche di dovere ascoltare iperboliche considerazioni concepite e partorite nel corso delle singolari o multiple tenzoni del momento: ma si poteca parlare, obiettare, resistere, fare opposizione senza incorrere in scomuniche foriere di sventure.

   Quali grandi oratori si scoprivano tra la gente comune! E che voci stentoree!

   Però ci si confrontava a viso aperto e senza remore e paure: si respirava aria di democrazia e libertà; si sognava, si sperava, si viveva. E quando giocava la squadra del cuore tutti lì a guardarla; quando poi le “elezioni”  chiamavano tutti correvano ai seggi: per motivi più o meno nobili, ma correvano e “influivano” democraticamente sul sistema.

   Non si perdeva tempo con argomenti di economia e finanza perchè  erano pure astrazioni filosofiche per il popolo che (in effetti) stava bene; non si parlava di “clandestini” perché al massimo si trattava di qualche fuggiasco e non di un esodo che molti dicono ( anche organi di informazione austriaci) programmato e finanziato da lontano;  da gente che non ha capito e mai capirà l’umanità; da gente che ignora   quali sono i pilastri della coesistenza delle genti (e cioè libertà, uguaglianza, fraternità); da gente che dovrebbe essere costretta a studiare la storia per riscoprire che (con gli antichi Romani, i primi re di Sicilia e altri) con la “mala segnoria”  non ci sono buon governo, stabilità e  ordine né in Sicilia né in alcun angolo del mondo.

    Non si parlava affatto dell’indipendenza della Sicilia: questo diritto risorge ogni qualvolta  la Sicilia è oppressa e impoverita (spogliata dei suoi averi e diritti) o, per dirla aulicamente, quando il “cuore” del Mediterraneo patisce per “mala segnoria” .

   Ed ora i più tacciono o al massimo bisbigliano  su sport e politica, guardandosi attorno con circospezione. C’entrano le devastanti cronache giudiziarie che hanno investito i due mondi dei massimi privilegiati? O forse la “forza” misteriosa, gli slogans e gli anatemi dei “baciati dalla fortuna”? L’incertezza del domani? La passiva rassegnazione di chi non vuole reagire neanche con il voto?  Chissà! Finora abbiamo ascoltato poche voci (pochissime) che tristemente e garbatamente condannavano come “una resa senza condizioni” la rinuncia al voto.

    Sicchè non ci stupisce poi  tanto che il noto politologo USA Edward LuttwaK richiama l’immagine della Sicilia finalmente liberata dalla rapace schiavitù di Roma e dell’Italia. Ci inorgoglisce la sua certezza che noi , i Siciliani veri, da soli rinnoveremo gli splendori e le glorie di Federico II di Svevia: noi, i Siciliani veri, quelli che conosciamo le differenze tra gattopardi, lupi, sciacalli, iene.

   E  apprezziamo che ci “rende”  meriti ed onori che l’Italia prima e l’Europa ora (o l’occidente?)  chi hanno sottratti.

    Non siamo perfetti, certo: ma non siamo noi i maestri della corruzione e del malgoverno. Siamo semplicemente i Siciliani e da “soli” (senza gli Italiani), con la nostra capitale “siciliana” siamo sempre stati grandi, addirittura grandissimi.

   Qualcuno si chiede quanto siano “spontanee” le dichiarazioni di Edward Luttwak. Ma quanto è importante?  Forse qualcuno si è finalmente accorto che da circa quindici secoli  Roma e qualche paese europeo compromettono la pace nel Mediterraneo (e chissà anche nel mondo) e vorrebbe correre ai ripari “sponsorizzando” la grande nazione siciliana!

    “Surge, Sicilia

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