Di “mala segnoria” si perisce e si muore

Condividi questo articolo?

siciliadi Guido Di Stefano

E la bella Trinacria, che caliga Anche Dante Alighieri, per quanto guelfo fiorentino, definì “mala segnoria” la dominazione angioina in Sicilia.
Così tramandò nel suo ottavo canto del Paradiso:

“ …

tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo
che riceve da Euro maggior briga,

non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di Ridolfo,

se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”.
… “

Computando il periodo intercorso tra la morte di Manfredi di Sicilia e l’inizio dei “Vespri siciliani” si ha un arco temporale di 16 anni: è forse questo il tempo che la “dea” Sicilia concede agli artefici e promotori del mal governo imposto ai Siciliani?
Tutto iniziò per volontà del papato che si attribuì la “proprietà” dello stato sovrano “Regno di Sicilia” e ne donò la corona a Carlo d’Angiò, conte di Provenza. Non pago di ciò il papa finanziò la “guerra santa” contro la Sicilia con soldi raccolti (in vari modi) per una crociata in oriente. Fu gestita come una spedizione punitiva invocata dal papa in persona, con tutte le crudeltà del caso. Tanto bastava ai sudditi del cattolicissimo regno di Francia: caspita il papa in persona aveva affidato loro l’incarico di punire quel demoniaco paese in cui per musulmani, cristiani, ebrei tolleranza, rispetto, fratellanza erano pilastri di vita.
E’ il caso di dirlo: sono ormai quasi sedici secoli che Roma (post-imperiale) si attiva contro la Sicilia; magari sarebbe ora che cominciassero a scusarsi e a risarcire i danni un poco tutti!
Furono 16 anni di vampiresco fiscalismo, ruberie, usurpazioni, arbitri, intimidazioni, violenze, scelleratezze. I provenzali pensavano forse che Dio era con loro perché il papato era loro complice: ma in quel lunedì di Pasqua assaggiarono gli “acciai” che fino ad allora avevano sfoggiato.
La rivolta covava e si organizzava da tempo, invisibile e impalpabile da animi violenti e rozzi, tanto più che la classe dirigente di allora (la nobiltà siciliana, non imposta da Roma o da oscure lobbies) lavorò di finezza: ed esplose.
In certo senso Dante visse la drammaticità di quegli anni. Era diciassettenne nel 1282; era fiorentino; (alla maggiore età) fu dichiaratamente guelfo: eppure condannò la dominazione angioina nella bella Trinacria.
Sostenevano Carlo I d’Angiò (già conte di Provenza) il papato, i guelfi fiorentini e ovviamente Filippo III di Francia; contro l’arroganza e le mire dominatrici francesi era Pietro III d’Aragona (cui i Siciliani, “in stile baronale””, avevano offerto la corona), sostenuto da Edoardo di Inghilterra (forse l’unica volta in cui l’Inghilterra fu a favore dei “desiderata” di Sicilia), Rodolfo d’Asburgo (famiglia mai “inimica” della Sicilia), i ghibellini di Genova con Venezia e Pisa (certamente in funzione anti-fiorentina) e altri.
Gli usurpatori (come li consideravano i nobili siciliani) furono cacciati.
E si chiuse il periodo più buio per la Sicilia: fino al 1860 quando un’altra stirpe di origine francese decise di liberare (o meglio conquistare e annettere) la Sicilia e il meridione con il tacito appoggio del Regno Unito, solerte antagonista di tutti gli altri regni europei.
E scesero tanti lutti e tenebre in Sicilia.
Passate due guerre mondiali , che ci vedono impiegati come carne da cannone, viene brutalmente spenta la fiammella di orgoglio e speranza che si era accesa con Antonio Canepa: complici contro la Sicilia, tanto per cambiare, tutti i poteri occidentali co-interessati e solidali , di tipo democratico o monarchico che fossero.
Ma in ogni caso, come si suole dire, si viveva e c’era spazio per le speranze.
Vivesse oggi Dante paragonerebbe quasi tutto (o tutto) il terzo millennio alla “mala segnoria” del tredicesimo secolo. forse non solo per la sola Sicilia, ma anche per l’Italia e magari addirittura per tutto l’occidente.
La “mala segnoria” (forse iniziata in segrete botteghe, per oscuri motivi) è così devastante che anche “la speme, ultima dea, fugge Sicilia”, novello sepolcro.
Ci sarà prima del compimento del sedicesimo anno una classe dirigente (novella nobiltà d’animi e d’intenti) che ridarà luce e splendore alla nostra generosa madre, sempre più derisa e tradita da tanti indegni figli?
Speriamo proprio. E speriamo altresì che emergano sufficienti intelletti liberi e di buona volontà per “esiliare” i “signori” della più generale “mala segnoria” imposta per rubare a questo mondo il calore dell’umanità, la luce della verità, ogni fede e ogni speranza.

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.