25 anni fa chiudeva il Checkpoint Charlie

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muro6Di Salvo Barbagallo

Per molti – soprattutto giovani – il “Checkpoint Charlie” non ricorderà nulla, non significherà proprio niente: chi ha vissuto gli anni della “guerra fredda” fra USA e URSS, chi rammenta ancora che la città di Berlino era divisa da un muro, per costoro “Checkpoint Charlie” era il simbolo  di una divisione innaturale del mondo, dove le due superpotenze si fronteggiavano. “Checkpoint Charlie” era il principale “passaggio” fra la Berlino ovest e la Berlino est, ovviamente controllato da militari armati: è qui che avveniva il transito di stranieri e diplomatici della Repubblica federale, che volevano entrare nella DDR. Venticinque anni fa, il 22 giugno 1990, un anno dopo la caduta del “muro”, Checkpoint Charlie” veniva definitivamente chiuso. Oggi questo tratto di strada è un via vai di turisti alla ricerca delle tracce della Guerra Fredda, della cortina di ferro e dei racconti delle cinquemila fughe dei tedeschi orientali.

Per giungere al “Checkpoint Charlie” (allora, come ora) basta percorrere la notissima Friedrichstrasse: al passaggio un grande cartello, in più lingue, le cui parole sono divenute anche un simbolo: “You are leaving the american sector”, state lasciando il settore americano. Un avvertimento che in quell’epoca triste assumeva un valore sinistro. Fu qui che nell’ottobre del 1961, anno della costruzione del muro, si fronteggiarono i carri armati americani di Kennedy e quelli sovietici di Krusciov, in un momento di tensione che avrebbe potuto preludere a un nuovo conflitto mondiale. E nell’agosto del 1962, i berlinesi e il mondo intero si resero conto della ferocia di quella divisione in settori, quando Peter Fechter, un muratore di 18 anni, colpito da proiettili alle spalle e al ventre mentre tentava di fuggire con un collega, venne lasciato morire dissanguato a terra.

Ora Berlino non è più una capitale divisa, la Germania della Merkel detta legge in Europa e ciò che resta del famigerato Muro è meta dei turisti. Nonostante gli anni trascorsi, ancora oggi “Checkpoint Charlie” è un simbolo delle divisioni politiche e del significato stesso del concetto di “confine”: fino alla caduta del muro – avvenuta il 9 novembre 1989 – esso ha rappresentato il punto di passaggio tra due realtà, l’Ovest e l’Est, il Capitalismo e il Comunismo, la libertà e la mancanza di libertà. L’originaria guardiola di legno dalla quale erano obbligati a passare i visitatori diretti al Settore Russo (Berlino est) non c’è più, è stata abbattuta. La ricostruzione attuale (realizzata il 13 agosto del 2000) comprende una guardiola americana e una copia della segnaletica di confine. Le strutture originali sono invece conservate all’Allierten Museum, nel quartiere di Dahlem, dove sono anche esposte le pietre che segnavano la linea di confine e la fotografia di Frank Thiel che mostra un soldato americano e uno sovietico. Altri oggetti d’epoca sono raccolti poco lontano, presso il Café Adler (aquila), un tempo punto d’incontro per giornalisti, spie e informatori.

Adesso  c’è nuovamente tensione: a fronteggiare gli Stati Uniti d’America non si trova l’Unione Sovietica ma la Russia di Putin. Come dire, che la storia, il passato non riescono a insegnare nulla agli uomini…

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