I segreti USA in Sicilia

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velivolo fantasmaDi Salvo Barbagallo

Quanti “segreti” custodiscono gli Stati Uniti d’America in Sicilia? Dall’operazione “Husky” del 1943, che si concluse con la “conquista” dell’Isola, dando una spallata decisiva al corso della seconda guerra mondiale, alla “stabile presenza militare” che iniziò nei primi Anni Cinquanta, tante e tante cose sono rimaste celate ai Siciliani e (forse, molto forse) a chi i Siciliani ha governato. Dai rapporti, rimasti occultati, con la mafia che consentirono alle forze armate americane di Patton di conquistare (con pochi danni) la Sicilia occidentale, alle diverse basi militari (dal 1952) sparse nel territorio isolano, le cui finalità operative sono ignote probabilmente agli stessi responsabili dei dicasteri della Difesa italiani. Il perché e il per come siano stanziati stabilmente contingenti militari USA (una sorta di occupazione, anche se sotto l’egida dell’alleanza) nelle sedi governative regionali (a quel che si può sapere) non si è mai discusso. Il “top secret ricade sotto l’etichetta “sicurezza nazionale”, ed oltre, nell’informazione, non si va. Quel che accade in Sicilia, da questo punto di vista, i Siciliani non lo sanno e, quasi sicuramente, non lo sapranno mai. La vicenda degli impianti del “MUOS” ne è una concreta riprova.

Da Sigonella, ad Augusta, da Portopalo a Trapani: gli americani è come se fossero a casa loro, ma non condividono facilmente la conoscenza delle loro reali attività con i titolari dei luoghi dove risiedono. I Siciliani sono tenuti all’oscuro, i mass media, tranne qualche caso sporadico, di questo “tipo” d’argomento non si curano, non rientra nell’ambito dell’informazione pubblica. Di tanto in tanto qualche notizia riesce a filtrare, ed è il caso del quotidiano “Il Giornale” che ieri (martedì 31 marzo) che tira fuori un bel titolo “Quei voli fantasma tra Pantelleria e Tunisi”, con un articolo di Mario Valenza.

Scusate la nostra ignoranza (e, ovviamente, quella dei Siciliani: ma, a Pantelleria cosa accade? Ecco cosa scrive Valenza: “L’isola di Pantelleria è stata scelta dalle forze armate statunitensi e da quelle della Tunisia per sperimentare un nuovo sistema aereo per operare con scopi d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento nelle regioni di confine con l’Algeria dove sono in corso violenti combattimenti tra i militari tunisini e le milizie ribelle islamico-radicali.”.

Ancora più interessante il seguito del reportage: Lo Stato Maggiore dell’Aeronautica ha confermato l’uso dello scalo di Pantelleria per gli atterraggi e i decolli di un aereo bimotore leggero Super King Air Beech 300, di proprietà di un’azienda statunitense contractor del Pentagono. “Per quanto ci è possibile sapere come Aeronautica militare italiana, quello rischierato a Pantelleria è un veicolo americano che Sta eseguendo voli sperimentali sulla Tunisia sulla base di accordi bilaterali che riguardano esclusivamente Stati Uniti e il governo di Tunisi“, ha dichiarato il Capo dell’Ufficio pubblica informazione dello Stato maggiore dell’Aeronautica, colonnello Urbano Floreani. “L’Aeronautica italiana non rientra in queste attività e non vengono rilasciate da noi autorizzazioni di sorta”.

Ci chiediamo: cosa significa questa dichiarazione del colonnello Floreani?

C’è dell’altro, secondo le dichiarazioni raccolte da Valenza: “La scelta di rischierare il velivolo a Pantelleria da parte degli Stati Uniti è scaturita dalla sua vicinanza con la base di Sigonella, dove è presente una stazione aeronavale della Us Navy che consente il supporto logistico al velivolo e il ricoveraggio al suo equipaggio, alla contestuale vicinanza dell’isola alla Tunisia che consente di accorciare i tragitti e alle caratteristiche specifiche dello scalo aereo (le piste di Pantelleria sono di dimensioni ridotte), con la possibilità cioè di eseguire atterraggi e decolli in più simili a quelli che eventualmente potrebbero essere fatti in Tunisia”.

Insomma, la Sicilia e le sue isole sono una sorta di poligono dove possono essere effettuati esperimenti di qualsiasi natura, un territorio dove tranquillamente “testare” velivoli, armi, strategie e quant’altro può tornare utile agli USA e alle industrie belliche militari statunitensi? E il (cosiddetto) Governo della Regione Siciliana cosa fa? Lascia correre oppure non è informato di come la Sicilia viene sfruttata militarmente?

Questi interrogativi, così come questo “tipo” d’informazione (ne siamo consapevoli) sono destinati a cadere nel vuoto del silenzio più totale: ai mass media locali (?) e a quelli nazionali non interessano, non fanno “audience”. A chi importa “conoscere”, con tanti problemi di sopravvivenza che ha in questo momento il Paese? Certamente ai Siciliani: ma chi informa (e tutela) i Siciliani?

vel1All’apparenza il “velivolo fantasma” che sta operando a Pantelleria è un semplice bimotore che, evidentemente, è dotato di attrezzature particolari. L’aereo in questione sarebbe il  Super King Air Beech 300 decollato dallo scalo di Pantelleria alle ore 10 di giovedì 26 marzo che, dopo essersi diretto a ovest, è entrato nello spazio aereo della Tunisia e sorvolato la provincia di Kasserine al confine con l’Algeria e la regione montagnosa del Chaambi. Le evoluzioni aeree sono proseguite sino alle ore 15.45, quando il Super King ha invertito la rotta rientrando a Pantelleria. Il velivolo, secondo quando accertato a Tunisi, avrebbe svolto analoghe missioni sul Chaambi (con piani di volo e orari simili) anche nei giorni 21, 22 e 23 marzo. Il Super King Air 300 è un bimotore leggero prodotto dall’azienda statunitense Beechcraft: ha una lunghezza di 14 metri e un’apertura alare di 17. Il velivolo può trasportare sino a 15 passeggeri, ha un’autonomia di volo di 3.340 km e può raggiungere una velocità massima di 545 Km/h all’altitudine di 7.600 metri. In produzione dalla fine degli anni ’80, il modello B300 è stato acquistato principalmente per svolgere operazioni d’intelligence e sorveglianza nel settore marittimo da Stati Uniti d’America, Algeria, Australia, Canada, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, Iraq, Norvegia, Svezia, Svizzera e Taiwan.

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