Terrorismo: la Democrazia non si arrende, riflette…

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mosul-jihadisti-chiesa-675Di Salvo Barbagallo

“La democrazia non si arrende”, si grida da più parti, in compenso sembra non si voglia fare nulla di fronte agli attacchi degli jihadisti fanatici ed esaltati che hanno il disprezzo della vita altrui. La “lezione” di Parigi e, ora, quella di Tunisi dovrebbero far ricordare o, quantomeno, far capire che c’è una guerra in corso che nessuno, in Occidente, ha cercato o voluto, tranne che ci siano “cose” talmente nascoste e innominabili che non si vogliono far venire a galla. La Tunisia, si dice pure, era (ed è) troppo a portata di mano delle forze (autonome o regolamentate) del cosiddetto Califfato, quindi un attacco terroristico come quello di mercoledì era più che prevedibile. E, infatti, era previsto dall’intelligence tunisina. Il terrorismo – è quanto si dimentica con estrema facilità – è una delle armi più insidiose e subdole che si mette in campo per creare paura, soprattutto là dove c’è debolezza congenita, soprattutto là dove si discute, si discute e si continua a discutere, rimandando all’infinito ogni possibile decisione. La “debolezza” che mostrano i Paesi europei è (forse) l’elemento principale sul quale punta l’Isis. Certo, c’è la dimostrazione che si riesce a reagire in tempi stretti e con determinazione, ma solo quando un “evento” è accaduto. Evento, ovviamente, che si può prevedere ma non “prevenire” e rendere innocuo prima che si verifichi.

Lucia Annunziata su “Huffington Post” sostiene che sullo sfondo dell’attacco terroristico in Tunisia si apre lo scenario di un’accelerazione di un intervento in Libia. È una conclusione intuitiva, un passo logico inevitabile – la vicinanza dei due paesi e l’allargarsi della operatività dell’Isis anche in quello che era il gioiello della corona della democrazia nata dalle primavere Arabe porta inevitabilmente all’urgenza di una iniziativa europea e nostra nel lacerato paese che fu di Gheddafi. Il fatto che nell’attentato siano cadute le prime vittime italiane dell’Isis è la più tragica delle dimostrazioni di quanto siamo già dentro questo conflitto.”.

Non siamo in grado di valutare in termini concreti l’efficacia di un intervento internazionale in Libia (dove l’Italia sarebbe protagonista avanzata) che abbia come risultato finale la “sconfitta” del terrorismo jihadista, o la sconfitta dello stesso Califfato: l’eliminazione di Gheddafi e di Saddam costituiscono dei precedenti sui quali occorrerebbe riflettere. E forse sono le perenni “riflessioni” che pongono i nostri governanti (e quelli degli altri Paesi UE) a temporeggiare in attesa di qualche “proposta” che possa considerarsi veramente soddisfacente a livello di “soluzione” di un problema che presenta numerose e variegate sfaccettature e incognite. Un “problema” che – lo sanno tutti – può risolversi solo dall’interno del mondo arabo, difficilmente dall’esterno. Altrettanto ovvia la risposta che non può esserci dialogo con i nuovi barbari, e che è solo mostrando i muscoli che si possono aprire eventuali trattative che nulla possono avere a che fare con i termini “dialogo”, “pace”, “civile convivenza”.

La reazione dei tunisini all’assalto terroristico è stata esemplare: “No alla violenza”, “Difendiamo la democrazia”. C’è da chiedersi (amaramente) se la “democrazia” sarà in grado di difendere coloro che lottano per “difenderla”…

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