Mafia “patrimonio” esclusivo della Sicilia?

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Il procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola
Il procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola

Di Salvo Barbagallo

 

Ci sono notizie che spesso sfuggono all’attenzione, sia perché hanno scarsa divulgazione, sia perché non tutti (per partito preso, vista la fonte) le considerano interessanti. Eppure, fra le tantissime informazioni che sommergono quotidianamente i lettori di giornali o i teleutenti, alcune possono essere utili per comprendere il momento storico che il Paese attraversa. Soprattutto importanti – a nostro avviso – quelle  informazioni che riportano il pensiero di autorevoli personaggi, o opinioni che vengono espresse in prima persona. Riprendiamo due articoli pubblicati domenica scorsa da due quotidiani online di primo piano, “La Repubblica”  e “Il Giornale”, due giornali su posizioni politiche diverse.

Lorenzo D’Albergo su “Repubblica” informa che il procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola, parlando agli studenti dell’istituto tecnico Giovanni XXIII di Roma in occasione della giornata dedicata alla cultura della legalità e alla lotta alla corruzione organizzata, ha sostenuto che “…quando si parla di mafia a Roma, si fa un errore. C’è un’improprietà di linguaggio. La mafia è tutt’altro (…) Sarebbe pericoloso definire qualunque cosa mafia, si toglie il significato, la potenzialità pericolosa al fenomeno mafioso vero e proprio, che poggia su altre basi. Quella siciliana sul collegamento fra le persone, sulla gerarchia, sulla consuetudine antica. La ‘ndrangheta, invece, si costruisce sull’alleanza delle famiglie e così via. La mafia romana è un’altra cosa. È una combriccola di delinquenti di matrice a volte politica, a volte semplicemente delinquenziale…”. Come ha fatto notare lo stesso autore del servizio giornalistico, le affermazioni del procuratore generale della Corte dei Conti sono state “smentite” dalla condanna ai membri del clan di Ostia (i Fasciani, che dovranno complessivamente scontare oltre 200 anni di carcere): nella sentenza è stata riconosciuta l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo mafioso nella capitale.

Per dirla in maniera semplice: la “mafia” era, è a tutt’oggi e sarà sempre solo e soltanto “siciliana”. Quel che accade fuori dall’Isola è semplice “delinquenza”! Chissà cosa ne pensa in merito il nuovo Capo dello Stato, il Siciliano Sergio Mattarella!

Il quotidiano “Il Giornale” in primo piano e a tutta pagina titola “La Repubblica dei tradimenti”. Nell’articolo il giornalista Adalberto Signore, già nelle prime righe, serenamente ricorda: “Renzi ha tradito Berlusconi che è stato tradito da Alfano che lo aveva già tradito prima per Letta e poi per Renzi che aveva tradito Letta dopo aver tradito Prodi…”. Come dare torto ad Adalberto Signore? Si può solo rispondere che questa è una “cultura” di marca “italiana” che va profondamente radicandosi nel mondo della politica di oggi e, forse, anche di domani, che sicuramente non potrà dare certezze e stabilità di governo e tranquillità al Paese.

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