Due o tre cose che so di lei…

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DUEKDi Salvo Barbagallo

“Due o tre cose che so di lei” (“2 ou 3 choses que je sais d’elle”) è un film del 1967 diretto da Jean-Luc Godard: mai titolo è stato utilizzato e parafrasato come questo di Godard, tanto che  è diventato un autentico modo di dire.

La “lei”, per noi in questo articolo, è l’Italia e in realtà sono ben più di “due o tre cose” che sul suo conto sappiamo, e di certo non le conosciamo solo noi. Il “conoscere – è questo il guaio – non cambia lo stato delle cose, semmai inviperisce maggiormente perché mette in luce in maniera prepotente l’impotenza dell’individuo-cittadino-italiano vedendo ciò che accade ogni giorno sotto i suoi occhi. L’individuo-cittadino-italiano, infatti, non ha voce in capitolo, non ha alcun strumento adeguato per reagire alle nefandezze della classe politica che lo governa. E l’Italia, poi, non è Paese da “rivoluzione”, figurarsi! Oggi si paga maggiormente l’immenso potere di delega che è stato dato in passato ai politici e l’uso che è stato fatto di questo potere, a conti fatti, non ha avuto alcuna ricaduta positiva sulla collettività nazionale.

Lo “spettacolo” di parlamentari che si prendono a pugni in un Parlamento trasformato in ring, ha fatto il giro del mondo, ma al premier Matteo Renzi questo aspetto della vicenda interessa poco, tira dritto per la sua (?) strada, con atteggiamenti che lo hanno fatto definire “bullo di Firenze”. Anche questa definizione, per noi, è fuor di luogo e inopportuna e va a danno di tutti, in special modo per quell’Italia che perde immagine e contenuti ad ogni spallata interna ed esterna. Come si possono ipotizzare “riforme” sostenibili e, soprattutto, condivisibili in questo clima da rissa quotidiana? L’interrogativo se lo pone l’individuo-cittadino-italiano, ma nulla può fare per rimediare: non ha più alcuna “guida” che lo possa indirizzare sulla strada giusta. Il premier Renzi di ciò si rende conto? Boh!

Il momento critico che l’Italia, l’intera Europa (perché no, l’intero Occidente) stanno attraversando non viene esaminato con la necessaria rispondenza d’intenti. E’ poca cosa avere evidenziato in tempi non sospetti dalle colonne di questo giornale  il “pericolo Isis” alle porte di casa nostra. Ora, che la polveriera “Libia” sta per esplodere, ora che l’Ambasciata italiana a Tripoli invita i connazionali a lasciare quei territori dove stanno avvenendo cose atroci, non tranquillizzano le affermazioni del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che afferma che “L’Italia è pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale” e che “se non si trova una mediazione” in Libia “bisogna pensare con le Nazioni unite a fare qualcosa in più”. Gentiloni si è accorto solo adesso che “la situazione si sta deteriorando”?

E, poi, preoccupa anche il silenzio del ministro dell’Interno Angelino Alfano sul problema migranti, adesso oltremodo pressante, visti gli sviluppi in Libia. Come denuncia il quotidiano “Huffington Post” già in migliaia “sono pronti a partire e rischiano di riversarsi in mare nelle prossime ore: è iniziata la fuga dei migranti dalla Libia. L’assenza di un governo saldo a Tripoli, l’avanzata dell’Isis e il migliorare delle condizioni meteo rischiano infatti di innescare un esodo dalle coste del Paese nordafricano, che inevitabilmente finirebbe per riversarsi sull’Italia”. Leggasi: Sicilia! Non sappiamo se è stato tracciato un piano “preventivo” per far fronte all’emergenza annunciata.

“Due o tre cose che so di lei”: accadranno fatti che scuoteranno le (poche) certezze rimaste agli italiani. Fatti prevedibili (e forse previsti), e l’individuo-cittadino-italiano vedrà ripetere il gioco (prevedibilissimo) del rimpallo delle responsabilità. Volerà (forse) qualche altro pugno in Parlamento e ogni cosa tornerà a navigare (dopo le squallide risse) nel mare calma piatta. Se dopo arriverà la tempesta, si vedrà…

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