Dal laboratorio alla realtà

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crocetta-no-muosDi Guido Di Stefano

 

   Per laboratorio intendiamo quel “luogo di ricerca e sperimentazione” dove si cerca di rendere concrete le grandi e piccole teorie scientifiche e dove si lavora per rendere “utilizzabili” congegni e macchinari che altrimenti resterebbero sempre relegati nel mondo della fantasia.

   Gente capace e competente presta per lo più con passione, con remunerazioni che non sempre premiano il merito e mai castigano clientelismo e nepotismo

   E gli addetti “seri” sanno perfettamente che non tutto quello che “funziona perfettamente” in laboratorio darà gli stessi impeccabili risultati nella realtà. Non “possono” però dirlo liberamente ed ogni volta che si renda necessario, perché il silenzio è “d’obbligo”:  soprattutto per il “collegamento” alla realtà da intendersi la nostra vita quotidiana, l’ambiente, il mondo e (perché no) la valutazione e comparazione costi-benefici (generali e non di sola categoria) che ne conseguono.

   Ricordiamo un vecchio insegnamento dei tempi in cui gli “yes-men” erano guardati con fastidio e disprezzo. Si diceva apertamente allora che ogni “soluzione” positiva di laboratorio non era “ipso facto” trasferibile all’esterno. Il laboratorio (si diceva allora e si dice ancora da parte degli onesti intellettualmente) è un microcosmo in cui si opera su singoli piccoli modelli, per cui è facile garantire risultati e sicurezza (con le dovute cautele); il mondo esterno è un macrocosmo in cui operano realizzazioni “grandi”  e (a volte) in numero spropositato, per cui i risultati scadono nell’incertezza e nell’insicurezza (o meglio nel rischio).

   L’assioma è valido nei campi tecnico-scientifici e pure umano-sociali. Ignorarlo denota stupidaggine, negligenza, malafede, malvagità, demoniacità: scegliete voi con calma.

   Citiamo qualche esempio, scusandoci per eventuali imprecisioni e svarioni.

   In passato non lontano, nella corsa ad energie alternative “autorigeneranti-inesauribili” (neanche fossimo degli dei superiori)  si parlò di creare sulla terra dei piccoli soli al plasma (che doveva essere confinato tramite ultra-potenti campi magnetici). In laboratorio il micro-sole fu realizzato e (diciamo che) funzionò. Solo che la proiezione all’esterno (data per imminente) fu “silenziata”. Forse dopo i proclami ci si accorse che non esistevano i materiali, le tecnologie, le risorse, il “know-how” completo per bene operare in assoluta sicurezza , in  economicità e nel pieno rispetto ambientale tanto sbandierato.

   Negli anni sessanta del secolo scorso si blaterava sulle auto elettriche con accumulatori al piombo.  I saggi convennero che  un singolo modello andava benissimo, ma stopparono la follia rilevando che:  non era detto che al mondo ci fosse zolfo sufficiente per la mega-produzione dell’ acido solforico  necessario per “miliardi” di automobili; e  poi si si spostava il problema ecologico ai luoghi di “maggiore” produzione di energia elettrica per le cariche e ricariche degli accumulatori ed ai luoghi di smaltimento delle decine e decine di miliardi di accumulatori esauriti.

    E sì, le persone dall’intelletto libero inquadrano e verificano problemi e soluzioni all’esterno dei laboratori e/o degli studi professionali.

    Veniamo ora alla novella del M.U.O.S.

     Il signor presidente della Regione si vanta dell’attuale successo del Comune di Niscemi, che poteva ricorrere al T.A.R. senza chiedergli il “permesso” (che lui avrebbe dato secondo certe dichiarazioni) e lo ha fatto. E si trincera anche dietro il “dito” del parere dell’ Istituto superiore di Sanità, parere tra l’altro non reso all’unanimità, per  avere (dopo un tira e molla) autorizzato istituzionalmente l’esecuzione dei lavori.

    Contestiamo noi (e doveva prima contestarlo lui): i benemeriti valutatori (fatti salvi alcuni) hanno almeno idealmente trasferito i carteggi sul territorio interessato? almeno idealmente hanno comparato i sistemi di sicurezza e tutela in progetto a Niscemi con quelli in essere sui suoli di lingua inglese? e nel dubbio (lo dice la non unanimità) non hanno ritenuto opportuno visitare gli impianti esistenti, per approfondirne comparazione, condizioni ambientali, sistemi di sicurezza, livelli di pericolo, livelli sul rischio? Esaminare solamente  “le carte”  significa restare in laboratorio: e la popolazione niscemese non è una cavia di laboratorio; uscire, visitare i luoghi, trasferire le carte sui luoghi, effettuare misurazioni dirette sull’esistente e comparare vuol dire uscire dal laboratorio per il bene del mondo e dell’umanità.

    Ma chissà se le colpe sono tutte sue. Noi siamo convinti della possibilità (come orientamento dell’intelletto libero) anzi del dovere (l’uomo è unitario e non solo tecnico o solo politico) all’ interscambio di  metodologie e  scelte tra il settore tecnico-scientifico e quello socio-politico, anche se (almeno qui da noi) un sistema che operi su basi nuove è pura utopia.

   Lo diciamo con rammarico perché almeno scienza e tecnica, pur con i limiti della fallacità umana, escludono in linea di principio (e sembra anche in pratica) che un fallimento di laboratorio venga proiettato all’esterno verso ampi orizzonti.

    Cosa riservano invece a noi società e politica?

    Nel nostro piccolo la poco felice gestione (dicono i paesani ed altri) di un comune  (comune = laboratorio)  viene premiata con la nostra carica suprema; l’incapacità e/o la pigrizia dei “burosauri” (addetti ai mini-laboratori) viene anch’essa premiata e additata ad esempio. Questa proiezione voluta (da chi?) verso più ampi orizzonti di singoli e multipli infelici “esperimenti di laboratorio” è chiaro indice di stupidaggine, negligenza, malafede, malvagità, demoniacità  a vostra scelta.

   In U.E. e N.A.T.O. è ancora più tragica la situazione: dopo l’esplosione (con morti ancora in arrivo) del primo laboratorio, cioè la  “nostra” primavera araba, i guerrafondai riuniti (nel frattempo ne è cambiato uno oltre le Alpi) hanno pensato bene di ricrearne un altro in Medio oriente (esploso questa volta con troppi effetti collaterali non contemplati dalle loro settoriali vedute) e per non annoiarsi hanno stuzzicato (o dobbiamo dire “titillato”?) Putin.

   Ora qualche politico italico, silente finora davanti alla spudoratezza dei guerrafondai occidentali, ha scoperto che l’Africa è molto vicina all’Italia (e magari ha scoperto che i guerrafondai sono molto più lontani), come ha scritto ripetutamente qualche testata (La Voce dell’Isola, in particolare).

    Ma perché non studiano con serietà storia, scienze naturali ed umanistiche, geografia, economia …? O per lo meno perché non cercano veri e liberi consulenti che “osano” guardare oltre l’orizzonte  e non solo per terra?

    Quale maligna divinità adorano e seguono i  contemporanei signori del caos (in tutti i suoi aspetti) e della   morte, atteso che non sono classificati  come folli?

    A voi le ardue risposte!

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