Uniti nella diversità o discriminati nell’unione?

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patrimonio-minerario-siciliaDi Guido Di Stefano

 

 Altre genti hanno avuto (o si sono costruite) la “fortuna”  di vivere in contesti dove l’unità vera, egalitaria, legalitaria, sociale ed economica è valutata per la sua essenza: è la forza, è la ricchezza, è la vita della nazione e (in genere) un freno alle derive. Che siano  riunite in Stati Federali o meno poco importa: i risultati fanno testo.

   Parliamo ad esempio delle realtà: U.S.A. (Stati Uniti), Svizzera, Germania, Austria. Regno Unito, C.S.I. (Russia), India, Belgio, Australia, ecc. Potremmo aggiungere decine di nomi ma non vogliamo tediarvi.

    E’ certo che in quei contesti né politici né “media” si dilettano a puntare l’indice accusatore contro questa o quella porzione del territorio; e, che ci piacciano o no, i vertici statali (e molti “media”) in effetti non indugiano nell’italica moda di irridere con sprezzo non solo gli avversari ma addirittura gruppi di cittadini o intere regioni.

   Ovviamente abbiamo citato solo alcuni degli Stati dove da sempre si vuole perfezionare la “sostanza” della solidale e paritaria unione di “entità” diverse mediante l’applicazione di “forme”  ben definite e non cancellabili con un semplice tratto di penna: pari dignità e massimo rispetto per tutti i componenti la nazione.

   Siamo forse all’opposto nelle nostre italiche terre.

   Già all’inizio, con le realtà locali tanto distanti, per volontà di pochi fu imposta l’unità della più rigida e spietata centralità, con premi e privilegi in alto e castighi e oneri in basso. E i successivi aggiustamenti e ritocchi non hanno migliorato più di tanto la situazione: basta ricordarsi che i decentramenti sono “debolucci” e che da qualche decennio (unici in occidente) ci “fregiamo” di un parlamento di “nominati” e “non eletti”.

   Fin dal primo momento le lande meridionali furono dannate all’ignominia. Non è passato anno, mese, giorno in cui qualche indice accusatore è stato puntato contro il meridione in genere e la Sicilia in particolare. Ogni motivo è stato ed è buono per le accuse: ricordatevi che lo fu anche la “dieta”, che poi rivalutata fu ribattezzata come “dieta mediterranea”  (per casuale coincidenza quando erano pressoché spariti molti (ma molti)  nostri pastifici.

   Abbiamo pagato e continuiamo a pagare.

   La storiografia ufficiale, con grande pudore e timidezza, non racconta i costi da noi, “reprobi e parassiti”, pagati. Già subito dopo l’unione liberatoria (o  annessione di conquista?) le opime casse bancarie di Palermo e Napoli diedero nuova linfa alle asfittiche casse del regno di Sardegna. Quindi iniziarono altri effetti collaterali: morti e profughi a milioni come scrivono storici e ricercatori “non ufficiali”, perché era molto pernicioso non capire i dialetti del nord (preferiti dai militari negli interrogatori) ed era da folli manifestare il minimo dissenso. Bastava molto poco per essere etichettati come restauratori, facinorosi, briganti  e subirne il fio.

    La storiografia ufficiale non parla neppure degli enormi vantaggi economici-politici-militari che derivarono al nuovo stato dalle miniere di zolfo siciliane: per semplice memoria scriviamo che allora gli eserciti consumavano  solo (non c’era altro esplosivo) “polvere nera”  (zolfo, salnitro, carbone).

    Non si parla neppure dei  ricorrenti (nel regno)  “consolidamenti”  del debito pubblico, mediante i quali sono state sottratte altre risorse ai benestanti del sud.  Essendo in argomento ricordiamo che si parlò di consolidamento un poco prima di “mani pulite”: dissero alcune voci che il “progetto” fu accantonato quando i vertici furono informati che i tempi erano cambiati per cui il nord deteneva molto più “debito pubblico” del sud (si parlò del rapporto 19 a 1).

    Ed i morti da noi subiti perché, nell’unità,  altri  ci hanno trascinati in guerre non volute? Ed il contributo umano e tributario che abbiamo dato per la ricostruzione post-bellica?

    Ci hanno “concesso” uno Statuto per tenerci buoni: ma da Roma arrivano troppi ordini.

     E gli indici accusatori ci additano sempre: quello che al nord è quasi una ragazzata qui è indicato come un grave crimine; quello che al nord è un semplice reato qui è descritto come una cospirazione. Potremmo continuare all’infinito ma ci fermiamo, ringraziando sarcasticamente (per non maledirli) tutti quelli che cercano visibilità e carriera infangandoci e opprimendoci con tanta gratuita malvagità.

    Certo non siamo dei santi, ma non siamo quei demoni che con l’indice additano tanti per superficialità o forse per tornacontismo.

    Insomma chiediamo ora noi: “Se siamo la palla al piede dell’Italia, se siamo parassiti, se siamo mafiosi perché non vi liberate di noi e ci lasciate liberi di costituirci in nazione indipendente? Avete forse paura che da soli possiamo velocemente superarvi? O pensate all’I.V.A. e le altre imposte che non riscuoterete più? Oppure (tragica realtà) la Sicilia resta per Roma (e per Bruxelles e per Washington) una insostituibile fonte di potere e reddito per posizione, risorse energetiche e minerarie, per  uomini (o consumatori).

     Ed urliamo.  E’ intollerabile che troppi “italiani” perseverino nel volerci discriminare a tutti i costi, trincerandosi dietro il dito dell’unità  ed assecondando troppe derive dalla costituzione e dalle leggi! Non calpestate ulteriormente la nostra dignità!”

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