Sicilia multietnica, inconscio pericolo Jihad?

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Di Salvo Barbagallo

Nella comunità siciliana non si riscontra alcun allarmismo per la “minaccia Isis”, e forse la “minaccia” è considerata un “non” problema. Nell’isola, porta del Mediterraneo per il continente europeo, la convivenza multietnica esiste da sempre. Ai tempi di Federico II cristiani, ebrei, musulmani vivevano in pace e le rispettive religioni non costituivano ragioni di conflittualità fra le diverse comunità. Anche se i tempi, e soprattutto le condizioni politiche, sono mutati, la situazione  in un certo senso non si presenta cambiata: migliaia di migranti sbarcati  in Sicilia hanno trovato una loro collocazione, lavorano (ovviamente in nero, sfruttati) e hanno trovato una sorta di “integrazione” che sembra soddisfare tutti.

La Sicilia (in special modo, la Sicilia occidentale) in moltissimi suoi aspetti è stata (ed è ancora) “filo araba”: ha accolto (e accoglie) Emiri e imam, moschee e acquirenti d’alberghi, così come ha aperto le braccia a cinesi e russi, anche se la fanno da padroni. Negli ultimi anni, a quanto pare, molti siciliani si sono convertiti alla fede di Maometto, ma ciò non ha creato scandalo o ghettizzazione. Per gli attentati di Parigi c’è stato raccapriccio in Sicilia, ma la reazione non è stata di allarme: non si è registrata alcuna preoccupazione che simili episodi potessero verificarsi anche nell’Isola. In allerta continua stanno, però, le forze dell’ordine, i reparti antiterrorismo e la magistratura che seguono con attenzione gli sviluppi di una situazione di presunto pericolo il cui finale è imprevedibile. A Palermo, Agrigento e Trapani la polizia ha eseguito recentemente una quarantina di perquisizioni nell’ambito dell’attività antiterrorismo. Nel capoluogo regionale la Digos ha arrestato Giacomo Piran,  43 anni, palermitano, da tempo convertito all’Islam: nella sua abitazione sono state trovate munizioni da guerra e manuali di addestramento bellico: munizioni calibro 7.62 di quelle in dotazione alla Nato, un “manuale del combattente”, istruzioni per il funzionamento di un fucile, materiale informatico che lo collegherebbero ad ambienti del terrorismo islamico. Su Giacomo Piran si erano già concentrate le indagini del pool antiterrorismo della Procura di Palermo: sarebbero emersi suoi contatti con alcuni personaggi, transitati dalla Sicilia verso i Paesi arabi, che potrebbero essere stati assoldati di gruppi terroristici.

L’antica e radicata “simpatia” per il mondo arabo può trasformarsi in qualcosa di diverso, tanto diverso da aprire nuovi scenari? Difficile dirlo, difficile da prevederlo, ma c’è chi ricorda come negli Anni Settanta le “simpatie” verso Gheddafi si stavano trasformando in forti alleanze, e c’erano già Siciliani che erano convinti che con l’aiuto del leader libico avrebbero potuto tramutare il sogno di una “Sicilia indipendente” in concreta realtà.

In fondo (non tanto) la Sicilia – grazie a chi ha governato il Paese  e questa regione – si è sempre sentita più legata all’altra sponda del Mediterraneo che non a quella che porta al Continente nazionale ed europeo. Ma questo i politici nostrani non lo ammetteranno mai.

Così è, se vi pare…e anche se non vi pare.

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