Parigi, per i massacratori di Charlie Hebdo partita chiusa

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blitz-franciaDi Salvo Barbagallo

 

Grazie alla diretta televisiva della Reuters ripresa dal quotidiano La Repubblica, chi ha voluto seguire le ultime fasi della “caccia” ai due terroristi che, con ferocia, hanno massacrato a colpi di kalashnikov poliziotti, giornalisti e dipendenti del settimanale satirico francese (12 vittime) Charlie Hebdo, lo ha potuto fare: la partita si è chiusa con la loro morte.

Inevitabile. Immagini fisse e in movimento con teleobbiettivo, la telecamera, ovviamente a notevole distanza dall’edificio dove si erano rintanati i due spietati assassini, i fratelli Cherif e Said Kouachi, con un ostaggio (salvato nel corso del blitz delle forze speciali), ha potuto riprendere le lunghe ore di attesa prima che la vicenda si concludesse.

Una giornata nebbiosa, fredda e carica di tensione quella vissuta dalla cittadina di Dammartin en Goele, a una quarantina di chilometri a nord-est della capitale francese. Le immagini hanno potuto mostrare solo quanto avveniva lontano un centinaio di metri dall’ultimo palcoscenico che i due criminali hanno calcato sotto i riflettori di tutto il mondo: i locali dell’agenzia Creation Tendance Decouverte, una piccola tipografia, in Rue Clement. E’ qui che sono rimasti asseragliati Cherif e Said Kouachi dopo la fuga  nella notte precedente a bordo di un’auto rubata.

Una storia che ha impressionato non solo i francesi, ma tutta quella parte dell’Umanità che ancora oggi crede in certi valori. Valori quali la “Libertà”, la “Democrazia”, la “Fratellanza”, simboli (e non solo simboli retorici) che la Francia (e sicuramente non solo la Francia) ha sempre fatto suoi.

Una storia che correva parallela con l’altro episodio che nelle stesse ore si verificava dalla parte opposta di Parigi, alla Porte de Vincennes, dove un altro terrorista, il trentaduenne Amedy Coulibaly, si barricava nel supermercato kosher con cinque ostaggi. Il giovane ore prima aveva ucciso una poliziotta.

I fratelli Cherif e Said Kouachi erano in collegamento con Amedy Coulibaly, uscito di prigione appena due mesi addietro. Era stato arrestato e condannato nel 2010, per aver fatto parte di un gruppo che aveva elaborato un piano per far evadere Smait Ali Belkacem, l’autore dell’attentato del 1995 alla stazione RER di Saint-Michel a Parigi. Nella stessa inchiesta, riferiscono i media francesi, era stato interrogato anche Cherif Kouachi, uno dei due assalitori di Charlie Hebdo, che era però stato scagionato.

Ora le analisi su come è stata gestita politicamente e operativamente quest’orribile vicenda, ma al di là di ipotizzati, presunti, complotti (animati principalmente di chi approfitta di circostanze simili per porsi all’attenzione), restano sul tappeto i fatti. Fatti nudi e crudi che non possono essere messi in discussione, e che presentano una realtà che diventa, ogni giorno che passa, sempre più drammatica e che pone sul tappeto problematiche difficili da risolvere. Non si tratta, infatti, del “divario” enorme che esiste fra le genti di diversa connotazione nel concepire l’esistenza umana, ma di due modi inconciliabili di “vivere” e di concepire la “convivenza” su questa terra. Chi nega che oggi è in atto uno “scontro” fra mondi in opposizione è paragonabile allo struzzo che pone la testa sotto la sabbia per non vedere.

I protagonisti dei tragici avvenimenti di Parigi sono terroristi di marca islamica: stessa cellula jihadista. Che siano stati addestrati nello Yemen o in Siria, poca importanza ha. La loro formazione militare, il possesso stesso di armi da guerra, i kalashnikov, non possono essere considerate “prove indiziarie” per cani sciolti o lupi solitari che dir si voglia, che hanno perduto il bene dell’intelletto. Non c’è follia nelle azioni terroristiche, c’è solo determinazione nell’eliminare tutto ciò che reputano “avversario”.

Per quanto accaduto a Parigi non è soltanto la Francia che deve continuare lo stato di allerta, ma l’Europa intera, a partire da quella “periferia”, da quella “sua” punta avanzata nel Mediterraneo che porta il nome di “Sicilia”, nella quale (un giorno dietro l’altro) approdano migliaia e migliaia di migranti, tutti sicuramente in cerca di un nuovo futuro, ma fra i quali possono con estrema facilità infiltrarsi individui che il loro futuro hanno già deciso, quello della guerra all’Occidente. E in Sicilia i problemi della sicurezza sono tanti e la situazione appare sottovalutata. Da tutti.

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