Passano dalla Sicilia i terroristi dell’Isis verso l’Europa?

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Mideast Syria Islamic StateDi salvo Barbagallo

 

I Servizi segreti avrebbero segnalato il pericolo: presunti terroristi dell’Isis potrebbero essere giunti (e altri potrebbero arrivarne) in Italia e quindi in Europa infiltrandosi fra le migliaia di migranti che giungono in Sicilia sui barconi della disperazione. La Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta, affidata al pool di magistrati antiterrorismo.

Diffusa dai mass media, la notizia ovviamente preoccupa, ma è come scoprire l’acqua calda: la Sicilia è, purtroppo, da sempre la “porta d’ingresso” dell’Europa per qualsiasi cosa: dal traffico di droga, di armi, al traffico migranti: le inchieste sono necessarie e utili nella misura in cui si riesce a risalire ai responsabili che dell’illecito hanno fatto una professione più che remunerativa.

L’allarme sulle “infiltrazioni” terroristiche, a quanto pare, non è generico: ci sarebbero già diversi sospettati che vengono ricercati dalle forze dell’ordine. I mezzi di prevenzione probabilmente dovevano essere messi in atto da tempo, ma per quanto si possa prevenire i sistemi per sfuggire ai controlli sono tanti e chi ne ha consapevolezza li applica.

Del “rischio” infiltrazioni” di terroristi ne aveva parlato mesi addietro il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Anche in questo caso il “probabilmente” serve poco, in quanto il termine “rischio” è limitativo per come agisce il terrorismo internazionale, e controllare l’enorme massa di migranti (oltre duecentomila nel corso di quest’anno) è praticamente impossibile se non vengono utilizzati adeguati strumenti in grado di assicurare la massima sicurezza.

Una realtà difficile da contestare è che è estremamente difficile controbattere i subdoli sistemi del terrorismo: quanto accaduto recentemente a Sydney lo dimostra.

La segnalazione dei presunti terroristi transitati dalla Sicilia ne indica la provenienza: si tratterebbe di libici e siriani che potrebbero essere collegati (o esponenti) dell’Isis.

Proprio alcuni giorni addietro pubblicavamo un articolo sui pericoli imminenti, a seguito di un serivizio pubblicato dal quotidiano Il Giornale che lanciava un grido d’allarme sull’Isis, nella speranza che qualcuno lo raccogliesse: “Ora è ufficiale: il Califfato è ad un passo dall’Italia. E pregiudica, qualsiasi nostra presenza economica e politica in Libia. Anzi l’ex colonia, cruciale per i nostri interessi strategici ed energetici, è ormai pronta a trasformarsi in una Somalia mediterranea”. Quanto è grave questo problema del “Califfato” e della Libia, a un tiro di schioppo dalle coste siciliane? Il Governo italiano tace, ha messo la “sordina” su questa delicata situazione che dovrebbe essere abbinata a quella del perenne flusso di migranti che entrano in Europa servendosi della porta di servizio della Sicilia. Anche gli americani, affermava Il Giornale, “sembrano comunque aver tutto l’interesse a minimizzare la presenza di uno Stato Islamico arrivato in Libia grazie alla destituzione del Colonnello Gheddafi”. E il quotidiano continuava: “Una situazione ben nota ai nostri servizi, al nostro ministero degli Esteri e al premier Matteo Renzi, informato sugli avvenimenti libici qualche giorno prima della visita a Roma del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sissi dello scorso 24 novembre“.

Ora il “pericolo infiltrazioni terroristiche” incomincia a porsi in primo piano, ma sempre con discrezione. Il guaio è che il “pericolo” sussiste da anni e anni e se fino ad oggi non è accaduto (in Italia) qualcosa di veramente grave dobbiamo esserne felici. Ma il merito di ciò a chi lo dobbiamo attribuire?

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