Nostalgia (o tentazione?) della strategia della tensione

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ROS-CarabinieriDi Salvo Barbagallo

Corsi o ricorsi? Nostalgia (o tentazione…) della strategia della tensione? Nostalgia di anni dimenticati (e messi in archivio da tempo) che tanto dolore e tante vittime hanno provocato? Sono queste le prime domande che vengono spontanee dopo avere appreso del blitz dei carabinieri del Ros all’Aquila, Montesilvano, Chieti, Ascoli Piceno, Milano, Torino, Gorizia, Padova, Udine, La Spezia, Venezia, Napoli, Roma, Varese, Como, Modena, Palermo e Pavia che ha portato dietro le sbarre 14 presunti terroristi (o aspiranti tali) di matrice neofascista. Subito si parla di “eversione nera” e sembra che il tempo sia immediatamente tornato indietro, per un orologio impazzito, che mostra scenari sconvolgenti.

Quattordici persone arrestate, quarantaquattro indagate: i provvedimenti sono scaturiti da un’attività investigativa (guidata dal procuratore dell’Aquila Fausto Cardella e dal pubblico ministero Antonietta Picardi) che è stata avviata, nel 2013, dai carabinieri del Ros nei confronti di un’associazione clandestina denominata “Avanguardia Ordinovista” che, “richiamandosi agli ideali del disciolto movimento politico neofascista “Ordine Nuovo” e ponendosi in continuità con l’eversione nera degli anni ’70, progettava azioni violente nei confronti di obiettivi istituzionali, al fine di sovvertire l’ordine democratico dello Stato“.

I reati contestati  al gruppo sono di “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi nonché tentata rapina”. Secondo i pubblici ministeri gli arrestati si proponevano il “compimento di atti di violenza (tramite attentati a Equitalia, magistrati e forze dell’ordine) al solo fine di destabilizzare l’ordine pubblico e la tranquillità dello Stato”.

L’operazione dei Ros è stata chiamata “Aquila nera”: le indagini sono partite attorno al gruppo guidato da Stefano Manni, 48 anni, originario di Ascoli Piceno ma residente a Montesilvano, il quale vanta un legame di parentela con Gianni Nardi, terrorista neofascista che negli Anni Settanta insieme a Stefano Delle Chiaie, Giancarlo Esposti e Salvatore Vivirito, era uno dei maggiori esponenti di Ordine Nuovo.

E’ un segnale allarmante, c’è da riflettere: se dopo decenni e decenni si è costretti a prendere atto che esiste ancora una “eversione nera” (lo stesso discorso varrebbe se si scoprisse l’esistenza di una “eversione rossa”), si dovrebbe ammettere che nulla è cambiato, o che ci sono “entità” sconosciute per le quali nulla si deve cambiare.

Mentre la sicurezza nazionale (e internazionale) continua a restare in allarme per i pericoli del terrorismo jihadista, ecco che si scopre l’esistenza di un altro (vecchio o nuovo?) pericolo: un terrorismo nostrano che (in questo caso) si rifà all’ideologia fascista. Sul fanatismo c’è sempre chi gioca nell’ombra: l’operazione dei Ros ha messo in luce un caso isolato, oppure si tratta della punta di un iceberg? Indubbiamente gli inquirenti avranno materiale a sufficienza (c’è da augurarsi, almeno) per dare risposta all’interrogativo, sta di fatto che nei momenti (più o meno) critici del Paese ecco che riaffiorano fantasmi del passato che potrebbero andare di pari passo con le tenebre che avanzano dalle sponde del Mediterraneo. Non c’è da stare allegri nelle ipotesi di trame oscure che possono mettere a rischio la stabilità di una democrazia sofferta, come è quella che attualmente vive l’Italia.

Così è, se vi pare…

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