Catania incontra l’Europa. Primo appuntamento il 28 ottobre

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Attori o spettatori? Il ruolo della società civile, impresa, amministrazione, università e politica nella governance europea

 

The National European flags in 2007Il progetto “Catania incontra l’Europa” è la costruzione di un itinerario frutto della sensibilità progettuale di tre realtà associative, che, nell’esaminare la realtà e costruire risposte alla crisi, puntano sulla centralità dell’uomo e intendono promuovere il ruolo attivo della società civile e la valorizzazione della condizione politica della stessa nella governance multilevel europea: Alveare. Progetto per una democrazia responsabile, Acli e Homoweb.

Incontrare l’Europa significa anzitutto rinnovare la consapevolezza che la strada attraverso la quale la nostra storia comune è giunta a disegnare intelligenti, faticosi e articolati percorsi di integrazione continentale, sin dall’indomani di quell’ultimo giorno della storia cui l’umanità europea è sopravvissuta attraversando gli eventi del Secolo breve, è in primo luogo memoria drammatica di una generazione, quella dei nostri Padri, che ha giurato di essere disposta a pagare ogni prezzo per costruire un futuro senza guerra, fondato sulle radici comuni dell’Europa, e, in oltre, dell’umanità intera.

In tale direzione, dunque, andare incontro all’Europa significa (ri)portare i cittadini su quella strada e letteralmente ricordare, quando pure legittimamente si desideri metterla in discussione, le ragioni costitutive più recenti dell’Europa, insieme promuovendo l’educazione all’esercizio del naturale, formativo ascolto delle esperienze di vita di padri e nonni, che (quel)la storia conoscono meglio di ogni freddo terminale informatico perché li ha letteralmente marchiati a sangue nelle membra e nella psiche.

Non c’è dubbio che tanti nostri concittadini europei hanno revocato in dubbio il senso dell’Europa e con esso la propria appartenenza individuale e collettiva anziché percorrere strade di migliore coinvolgimento delle società civili delle rispettive appartenenze nazionali per ritrovare insieme la via maestra dell’Europa, forse anche per una sorta di troppo umana tendenza all’oblio dei drammi collettivi e per le (in)evitabili incertezze delle dinamiche storiche che hanno (tras)formato l’identità europea dai giorni della costituzione di una Comunità a Maastricht e ai giorni della grande crisi attuale.

Al di là dell’esistenza o meno di un suo riconoscimento formale, la cittadinanza europea è comunque una identità antropologica non revocabile, insieme e come lo è la nostra scelta per la Politica, per la co-esistenza, per l’universo della giuridicità piuttosto che del mero arbitrio e della ferinità; d’altra parte non vi è dubbio che come ogni identità complessa la nostra appartenenza non è priva di criticità, che nello specifico affondano le proprie più o meno inconsapevoli ragioni nei deragliamenti dai binari di una integrazione politica europea – dei quali, quella economica intendeva essere comunque, strutturalmente, l’antecedente funzionale.

In tale direzione, non vi è dubbio che a causa di quei deragliamenti l’errore oggi più in uso sia spostare il giudizio sulla opportunità o meno di una Unione europea (o per meglio intendere, dei popoli europei), dimentichi di quanto costituisce radice e storia comuni.
La via intergovernativa del rigore imposta dalle cancellerie al pari della via burocratica e la cosiddetta “politica dello Stato debitore”, che il Consiglio europeo porta avanti ormai da oltre un lustro su pressione del governo tedesco, sono figlie, in questo senso, di quel modello politico che, nella postmoderna “debolezza” della sovranità, ha dismesso il paradigma sociale e democratico della statualità europea, cedendo al modello neoliberista, declinato sulla base della sempre più indiscussa e consolidata prevalenza di forze finanziarie delocalizzate sottratte ad ogni imperio degli Stati.

Tocca pertanto anzitutto alle società civili europee, e poi alle imprese, alla cultura, alle amministrazioni e alla Politica multilevel interrogarsi e dialogare allo scopo di “rivoluzionare” l’Unione di oggi e costruire l’Europa di domani, conferendo alla costruzione del suo modello integrativo un solido fondamento politico.

Se davvero, come afferma Habermas, la tecnocrazia europea è oggi arrendevole al modello neoliberista, che privo di radici democratiche non avrebbe la motivazione per accordare un peso sufficiente alle richieste degli elettori in materia di giusta distribuzione del reddito e della proprietà, di sicurezza del tenore di vita, di servizi pubblici e beni collettivi – quando queste confliggono con le esigenze di competitività e crescita economica del sistema -, allora, a maggiore ragione, l’unica strada per riportare l’Europa sui binari di una Politica informata alla ricerca del bene comune è che ogni uomo-cittadino dismetta le vesti dello spettatore e (ri)cominci a “calcare il palco” della Polis divenendo attore protagonista del cambiamento e strutturando una domanda di democrazia capace, secondo la più elementare regola del mercato, di innescare un inevitabile processo di crescita nell’offerta di democrazia…

 

Attori o spettatori?
Il ruolo della società civile, impresa, amministrazione, università e politica nella governance europea
Catania, 28 ottobre 2014, h. 18.30
Sala Loyola, via Musumeci, 106, c
Interverranno:
On. Michela Giuffrida
On. Giovanni La Via
On. Salvo Pogliese

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