Omicidio Ilardo detto “oriente”, chiarite dinamiche e motivazioni

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ilardoGli agenti della squadra mobile di Catania hanno eseguito una misura di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale del Riesame di Catania, divenuta esecutiva a seguito della sentenza pronunciata dalla Corte Suprema di Cassazione dello scorso 18 marzo, nei confronti di Vincenzo Santapaola pregiudicato, già detenuto per altra causa nel carcere di Novara in regime 41 bis. Ritenuto responsabile, in concorso con Giuseppe Madonia, Maurizio Zuccaro e Orazio Benedetto Cocimano di omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione, per motivi abietti al fine di agevolare Cosa nostra.

La misura restrittiva consegue all’appello proposto dalla D.D.A. di Catania avverso il rigetto del G.I.P. alla richiesta di applicazione di misura cautelare a carico di Vincenzo Santapaola, accolta invece nei confronti di Giuseppe Madonia, Maurizio Zuccaro e Orazio Benedetto Cocimano per i quali il giudice ha emesso un ordinanza di custodia cautelare il successivo 12 giugno, in quanto ritenuti responsabili dell’omicidio di Luigi Ilardo, commesso il 10 maggio 1996.

Il provvedimento, richiesto dalla DDA e fondato sul lavoro della Squadra Mobile di Catania, si basa sulle dichiarazioni di diversi collaboratori e in particolare dalla confessione di La Causa Santo che partecipò alla fase organizzativa. Giuseppe Madonia è ritenuto mandante, Maurizio Zuccaro, organizzatore, e Orazio Benedetto Cocimano esecutore materiale dell’omicidio, insieme a Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida detto Piero, deceduti.

Il collaboratore di giustizia Eugenio Salvatore Sturiale, all’epoca dei fatti uomo dei Santapaola assistette casualmente ad alcuni appostamenti, che ebbero luogo nei pressi della sua abitazione, e poi anche alla materiale commissione dell’omicidio. Sturiale, infatti, avrebbe descritto in maniera precisa e circostanziata le fasi dell’omicidio indicando anche gli autori materiali.

Sturiale ha specificato di avere notato il giorno precedente Santo La Causa insieme a Cocimano e Signorino appostati nei pressi dell’abitazione della vittima. La ricostruzione della dinamica dell’omicidio di Luigi Ilardo è stata confermata dalle dichiarazioni al riguardo rese anche da La Causa, divenuto anch’egli collaboratore di giustizia.

Sono state acquisite le dichiarazioni di altri collaboranti catanesi, tra cui Natale Di Raimondo e Giacomo Cosenza, all’epoca uomo di fiducia di Ilardo, dei nisseni (Calogero Pulci, Ciro vara e Carmelo Barbieri) e dei palermitani, tra cui Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè.

È possibile affermare che il progetto di uccidere Ilardo è maturato all’interno di Cosa Nostra, in quanto tra gli elementi apicali del clan si era ingenerata la convinzione che Ilardo svolgesse attività di confidente, in particolare, come si apprenderà in seguito, del colonnello Riccio, (sentito a quanto pare per questo caso a Catania) prima quale appartenente alla DIA e poi durante il periodo di aggregazione ai ROS. Ma anche in relazione ai numerosi arresti di latitanti sia in provincia di Catania, Caltanissetta e Agrigento (sul punto emblematiche le dichiarazioni di Antonino Giuffrè); pertanto secondo l’accusa, l’ordine di commettere l’omicidio partì da Giuseppe Madonia il quale prese contatto con i vertici della famiglia Santapaola.

Inizialmente non si fece trapelare che Ilardo fosse un confidente, ma gli uomini di Cosa Nostra, cercarono di mettere in giro notizie non vere, per esempio il coinvolgimento di Ilardo nell’omicidio dell’avvocato Famà, e che si era appropriato di somme provenienti dall’estorsione alle acciaierie Megara non consegnandole all’associazione Santapaola (lo si desume da quanto dichiarato da Calogero Pulci, da Antonino Giuffrè, da Santo La Causa e da Ciro Vara).

Il reale movente dell’omicidio di Ilardo ( nome in codice “Oriente”) è stato appreso da tutti i collaboratori che hanno reso dichiarazioni nel presente procedimento (tranne Antonino Giuffrè) solo dopo l’uccisione dello stesso, e solo dopo l’avvenuta diffusione mediatica della notizia, che Ilardo collaborava con le Forze dell’Ordine.

La fase esecutiva di uccidere Ilardo, subì un’improvvisa accelerazione nella prima decade di maggio, tanto che non si attese nemmeno il consenso di Provenzano, in coincidenza con la manifestata disponibilità di Ilardo ad iniziare a collaborare con le procure di Caltanissetta e Palermo, datata 2 maggio 1996 dove Ilardo avrebbe parlato alla presenza di Riccio con i Pm Giovanni Tinebra, Giancarlo Caselli e Teresa Principato.

Accelerazione, che non avrebbe convinto alcuni magistrati che ad oggi lavorano senza sosta al caso, per questo motivo ci sarebbe un fascicolo ancora contro ignoti, che sarebbe stato affidato ai Pm Pasquale Pacifico, uomo di punta della Procura di Catania che negli ultimi mesi ha coordinato delle importanti operazioni antimafia, e il Pm Rocco Liguori, sotto il coordinamento del procuratore Giovanni Salvi.

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