"Vipera" il romanzo di un personaggio nobile, di una donna che si concede per denaro

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Vipera 1C’è un certo proliferare nella letteratura contemporanea di gialli, thriller, omicidi efferati da svelare, marescialli e ispettori di polizia alle prese con casi particolarmente rognosi. Un povero cristo di personaggio letterario non fa in tempo a commettere il suo bel  delitto che subito si ritrova sguinzagliati sulle proprie tracce fior di investigatori pronti a rivoltarlo come un guanto. Una società letteraria invasa da Forze dell’Ordine desiderose di metterti le manette non appena attraversi con il rosso, pronte a puntarti una pistola alla tempia non appena pesti la coda al gatto.  Evidentemente il mercato tira, la gente si appassiona alle storie  cruente e le case editrici rimpinguano il fondo cassa. Fa parte del gioco. Tuttavia non c’è dubbio che una certa inflazione del genere esista. Gialli, giallini, gialletti sbiaditi e scoloriti  liberi di circolare senza guinzaglio. Ma anche storie di grande spessore, scritte con maestria, appassionanti e accattivanti, che tengono incollati alle pagine.  Cos’ è allora che riesce a fare la differenza? A far sì che in questo marasma in cui districarsi alcuni scrittori e i loro  personaggi riescano a emergere, affermarsi e diventare familiari  al grande pubblico? Mi riferisco al Montalbano di Camilleri, ai protagonisti splendidi della divina Angela Capobianchi, al simpaticissimo  maresciallo Bonanno  di  Mistretta, le pennellate d’autore di  Patrizia Debicke; le storie dure e pregevolissime del duo Costantini & Falcone, il maresciallo Valdes di Paolo Roversi. Questi sono, tra gli autori che ho letto di recente, quelli  che mi hanno colpito favorevolmente. E ci mettiamo, tra i grandi, anche la nostra Cinzia Giorgio de “L’enigma Botticelli” (crepi l’avarizia).   Ma vorrei soffermarmi, in questo articolo, sul commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni di cui ho riportato davvero un’ottima impressione. Ho appena finito di leggere l’ultimo romanzo di Maurizio: Vipera. È ancora lì, fumante, sul comodino, creatura viva, palpitante, che chiede quasi di non essere condannata all’oblio. A ragione direi, visto che è un signor romanzo, uno di quelli che rimane scolpito nella memoria del lettore. Così come il buon Camilleri riesce a far emergere una Sicilia sanguigna e ruspante nelle sue storie, Maurizio porta alla luce i tesori della Napoli più autentica, una Napoli degli anni 30, in piena epoca fascista. E sono tesori di inestimabile umanità, fusi e forgiati col dolore della povertà più cruda, il colera, l’ignoranza, le superstizioni. Il commissario  Ricciardi si fa carico di tanta sofferenza, ne ha l’olfatto impregnato e il cuore spezzato. Per questo piace, per questo la gente si immedesima nelle sue storie. Vipera, la protagonista principale su cui ruota tutta la trama, è la puttana più bella del casino, muore all’inizio ma la sua figura aleggia per tutta la durata del romanzo, come una diva destinata a rimanere immortale.

ViperaCome una Marilyn Monroe  scomparsa troppo presto e ancora rimpianta. Vipera è una donna che si concede per denaro, una donna da poco, la donna di tutti, eppure è un personaggio nobile direi, che suscita tenerezza, per nulla volgare. Tutt’altro. Malinconica piuttosto, profondamente umana e vulnerabile, grazie alla delicatezza con la quale l’autore riesce a tratteggiarla.  Vipera una volta si chiamava Maria Rosaria Cennamo, era di famiglia umile, era innocente,  sognava il grande amore come tutte le adolescenti. Bellezza e miseria le sono state fatali, un cocktail micidiale per chi non è in grado di  difendersi. Ed è finita in un bordello. Ed è finita ammazzata. Ricciardi, con le sue particolari visioni e la sua logica pragmatica, riuscirà a scoprire l’assassino. È proprio questo che vorrei sottolineare: la bravura di Maurizio nel creare l’ atmosfera che caratterizza i suoi scritti, una capacità tutta sua, impregnata di sangue e passione, di odori e sapori genuini. Il profumo dolciastro della casa di tolleranza, il fritto di cipolle si sprigiona  dalle pagine per andare a deliziare il palato del lettore. Credo che questo autore  sia avviato definitivamente a consacrarsi come uno dei migliori del genere, per le tematiche sociali che affronta, la freschezza e la complessità delle sue trame, complesse e allo stesso tempo estremamente fruibili, i personaggi per nulla stereotipati, lo scavo introspettivo di cui sono dotati, i valori che emergono, la fluidità della scrittura. Così come ogni artista che si rispetti non si accontenta di lavorare sul terreno arato ma cerca territori nuovi da esplorare, De Giovanni riplasma le infinite possibilità musicali del linguaggio, utilizzando una scrittura struggente, a tratti caustica, molto evocativa.  Tutto questo si chiama stile linguistico, potenza narrativa, capacità di affabulazione.

Salvo Zappulla

“Vipera” di Maurizio De Giovanni, Edizioni Einaudi, 360 pp, 18 €

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