L’Italia vista dall’Ilva

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Il caso Ilva  riflette interamente lo stato dell’arte italiano di oggi e di ieri.

Un’impresa che nasce privata ad inizio secolo, che si sviluppa grazie ai piani strategici statalisti, che diventa pubblica per poi ritornare in mano ai privati. Un’impresa che in nome di un interesse strategico nazionale ha permesso, tanto ai privati quanto ai funzionari pubblici e politici, di piegare il bene collettivo ai propri interessi personali. La storia di sempre!

Nella caotica situazione Ilva sono presenti tutti gli ingredienti per un cocktail esplosivo: l’inquinamento ambientale (la salute), la magistratura, lo Stato, la Regione e gli enti locali, il mondo dell’imprenditoria, i media, i sindacati e naturalmente i lavoratori ed il loro bisogno di lavorare.

La siderurgia italiana, Ilva/Italsider, si sviluppa seguendo la fallimentare politica industriale statalista delle cattedrali nel deserto, ovvero grandi stabilimenti produttivi in luoghi con un elevato tasso di disoccupazione. Una politica industriale statale, di tipo assistenziale, che per anni ha svolto la sola funzione di contenitore di voti e conclusasi nella svendita delle privatizzazioni.

Un’impresa che tanto sotto la direzione pubblica quanto quella privata ha inquinato l’ambiente nel quale vive, con tanto di morti “sospette” alle spalle.

Un ambiente gestito, sicuramente, in maniera superficiale vedasi lo sviluppo urbano giunto in prossimità dello stabilimento, oppure uno stabilimento che ai tempi è stato costruito in prossimità di un’area altamente popolata. Interessi pubblici e privati si mischiano divenendo interessi propri!

A tutto questo va aggiunta la magistratura che, a garanzia dell’ambiente e quindi della salute collettiva, si spera, pone sotto sequestro lo stabilimento dopo un braccio di ferro che con l’impresa  va avanti da anni.

A complicare il tutto si aggiunge la risposta della proprietà: 5.000 lavoratori a casa più i migliaia dell’indotto a breve, ed è subito emergenza nazionale.

In questa matassa generalizzata non possono mancare i media e i sindacati, i 2 grandi protagonisti dei tempi moderni, entrambi concentrati a focalizzare l’attenzione sui posti di lavoro persi, sui rischi occupazionali, sul primato dell’Ilva  a livello europeo (un settore, quello siderurgico, che storicamente non ci ha mai visto brillare, almeno fin quando gli altri non hanno iniziato a dismettere gli impianti).

Gli unici soggetti protagonisti, probabilmente senza colpe, sono i Lavoratori.

Donne e Uomini costretti a protestare dal bisogno, dalla fame. Manifestare per tornare a lavorare in quello stesso stabilimento che per anni ha contribuito e contribuirà a far ammalare tanta povera gente. È come essere tra l’incudine e il martello, hai perso comunque!

Naturalmente in tutto questo non bisogna stupirsi se il “politicante”, e quindi la “politicanza”, pensi alle primarie; non c’è da stupirsi se il presidente Napolitano non rilasci nessuna dichiarazione indirizzata alle persone in protesta, in quanto a suo dire “è una situazione troppo complicata per mandare messaggi”.

Sono passati meno di 12 mesi da quando la “politicanza” ha deciso di metterci le mani e non la faccia.

D’altronde cosa potrebbero dire oggi che non avrebbero dovuto dire prima, in questi ultimi 50 anni!

Michele Cannavò

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