Elisabetta Ciancia. In pieno neorealismo

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“Un’infanzia” di Elisabetta Ciancia (edizioni Cairo), è un romanzo pervaso da magico candore. Una realtà dura, in pieno neorealismo, vista e raccontata con gli occhi disincantati di una bambina. Inge ha i suoi sogni da difendere, la sua infanzia da vivere nella spensieratezza, ma che gli adulti e gli avvenimenti della guerra cercano di strapparle in fretta. È una continua lotta la sua, una strenua difesa dagli estranei che invadono il suo cerchio magico; dalla mamma, unico suo punto di riferimento, una mamma che agli occhi della bambina rimane bellissima, nonostante i veti che le impone, le stranezze in cui la donna è costretta a rifugiarsi, le frasi incomprensibili, gli orrori della guerra, le orribili auto nere dei tedeschi, i continui spostamenti, i partigiani, le vittime di una guerra lacerante. L’autrice alterna con mirabile sapienza, per tutta la durata del romanzo, l’inferno della lotta per sopravvivere e il paradiso dell’innocenza dove trovare rifugio nei momenti peggiori. Un libro delicato e forte come una fiaba.

Elisabetta Ciancia, traduttrice letteraria “di lungo corso” con una particolare vocazione per la letteratura viennese e praghese della Finis Austriae (Joseph Roth e Alexsander Lernet-Holenia, Leo Perutz e Johannes Urzidil), ha tradotto, tra gli altri, Rudolf Borchardt, Jeremias Gotthelf, Friedrich Hebbel, Gregor von Rezzori, Thomas Bernhard, Michael Ende. Figlia di padre italiano e di madre tedesca, ha attraversato da bambina tutte le lacerazioni della guerra e del dopoguerra, dal Nord al Sud della penisola. Le indelebili impressioni di quell’epoca sono al centro di questo romanzo.

Salvo Zappulla

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