In Sicilia girano le pale per l’incremento degli impianti eolici

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di Corrado Rubino

Recentemente in Sicilia registriamo il tentativo di mettere in atto un nuovo scempio paesaggistico e ambientale. Si tratta di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica che ricadrebbe, per la precisione, nel territorio dei Comuni di Menfi e Montevago, in provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani. Un’opera faraonica, dall’impatto ambientale tremendo, in una zona vocata per il turismo e per l’agricoltura di qualità.

Lo vogliamo dire che gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica (pale eoliche) stanno deturpando tutta le Sicilia? Il rimedio è peggio della malattia.

Ambientalisti!!! Dove siete??? Vi sta bene che le “fonti alternative rinnovabili” stanno facendo più danni al paesaggio siciliano di quanto non ne facciano le centrali termoelettriche di Milazzo, Termini Imerese ed altre, e le raffinerie di Priolo, Gela ed altre? (che comunque restano e resteranno sempre lì). Gli eco mostri almeno hanno il vantaggio che sono concentrati in un’area circoscritta.

I mostri eolici invece sono disseminati dappertutto nel paesaggio siciliano. Se ad esempio vi trovaste a percorrere la statale Catania-Caltagirone (SS417), direzione Caltagirone, all’altezza di Palagonia, guardando a destra, vedreste il castello di Serravalle affiancato da quelle orribili pale eoliche (quale orribile visione). E così in tanti altri siti paesaggistici e naturalistici (come il lago Dirillo).

A fronte del programma italiano contenuto nel Libro Verde del CIPE che prevedeva l’installazione di 3000  MegaWatt, sono  già stati istallati 2700  MegaWatt, principalmente sui crinali appenninici. 3000 MegaWatt significano 3000 aerogeneratori da 1 MegaWatt e alti circa 100 m da collocare a distanza reciproca di circa 200 m l’uno dall’altro. Se li collocassimo tutti in una sola fila, essa sarebbe lunga 600 km. Come si può facilmente immaginare l’impatto  paesaggistico non  può  che essere rilevante riguardando estensioni dell’ordine delle centinaia di km. A fronte di questo impatto si riesce a soddisfare lo 0,5 % del fabbisogno energetico nazionale. Scusate il paragone, ma è come se una persona si prostituisse tutto l’anno per risolvere i suoi problemi alimentari solo per due giorni all’anno.

Gli aerogeneratori durante il loro funzionamento generano due tipi di rumore. Il primo generato dalla rotazione degli ingranaggi del moltiplicatore di giri. Il secondo generato dall’impatto dell’aria durante la rotazione delle pale: è causato in parte dall’estremità di queste che, fendendo l’aria a velocità inferiori a quella del suono, emettono rumore ad alta frequenza, ed in parte al passaggio periodico della pala a poca distanza dalla torre metallica (rumore cadenzato). Nei casi peggiori il livello acustico del rumore per una centrale di 10 aerogeneratori scende al di sotto del livello di quiete acustico solo ad una distanza di 1500‐2000 metri. A queste conclusioni sono giunti ad esempio l’Accademia della Medicina Francese ed uno studio dell’Associazione inglese per lo Studio del rumore. Negli ultimi anni dati sempre in aumento, provenienti da ricerche scientifiche e mediche, hanno indicato come il rumore prodotto dalle turbine eoliche abbia un effetto deleterio sulla salute umana. Il termine ”sindrome da turbina eolica” è stato coniato proprio per includere la lista dei sintomi specifici presenti quando si vive in prossimità delle turbine. Questi includono: sensazione di instabilità, vertigine, ronzio auricolare, pressione auricolare, nausea, visione offuscata, tachicardia, emicrania, ansietà, problemi di memoria, disturbi del sonno e insonnia, episodi di panico.

In Italia genera sempre più fermento nell’opinione pubblica l’impatto ambientale delle turbine eoliche tanto che, quasi sempre, è proprio questo il fattore ostacolante l’installazione di nuovi impianti. Naturalmente gli effetti dell’impatto ambientale di un parco eolico vengono valutati in relazione a differenti aspetti e da qui l’impatto visivo sul paesaggio. Così l’attenzione sulla cosiddetta “alterazione del valore panoramico” tanto presa in considerazione dalle associazioni ambientaliste, miracolosamente convertite, sulla scia delle indicazioni previste dal protocollo di Kyoto, mette in risalto una palese contraddizione. E le incompatibilità con il progetto produttivo per realizzare parchi eolici appare evidente. Una contraddizione a cui nessuno sembra dare risposte precise… e nell’attesa le cosche ci sguazzano nell’affaire delle pale d’oro a sovvenzione regionale.

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